Sindaci, la politica conta?
L’Aquila – (di G.Col.) – Nel paese meno credibile del mondo evoluto, l’Italia, in dieci giorni è spuntato fuori un governo (di banchieri, dice qualcuno, comunque di esperti che speriamo siano capaci di curare il malato), e – miracolo senza precedenti – ha avuto la fiducia con maggioranze mai viste. A vederla da fuori, l’Italia sembra un altro paese, e lo è diventato (dopo anni di disavventure) in un battibaleno. Miracoli della paura di ritrovarsi poveri, di subire il default, di affondare nel fango finendo in pezzi.
Premesso questo, è razionale ritenere che cambiamenti profondi, senza precedenti, dovrebbero arrivare anche nei piani bassi della politica: alle prossime elezioni comunali che riguarderanno L’Aquila, Avezzano e un gran numero di altri comuni. Ma soprattutto la città più ferita e agonizzante, L’Aquila.
La lezione di Roma dovrebbe infatti essere assorbita come acqua da un terreno arido ed essiccato. Invece, stando alle notizie che alla fine di ogni settimana si raccolgono in giro, qui pare che tutto vada avanti come se nulla fosse accaduto. L’Italia è cambiata, l’Abruzzo se n’è accorto?
I candidati sindaci usciti allo scoperto sono tre. Massimo Cialente, per un centro sinistra assai vago e ribollente; Enrico Verini che scende in campo per il FLI; Vincenzo Vittorini che fin da luglio si è messo in gioco, alla guida di un movimento nuovo, LCV, La città che vogliamo.
Dal fronte opposto ancora niente di certo, nemmeno sul nome che potrebbe far supporre una vittoria di quella parte politica, Giorgio De Matteis. Che non è del PdL, ma del MPA. Zironzolano altre idee, tipo quella di un sindaco tecnico, ma francamente sembrano avere credito solo in chi le mette in giro. Sulle primarie come metodo di scelta dei candidati, si dice tutto e il contrario di tutto. Il fatto che alcuni nomi siano già in campo la dice lunga. Le primarie saranno, alla fine, accettate solo quando la politica avrà messo in campo i nomi che esse stessa sceglierà : come dire alla gente scegli tra coloro che io ho scelto. Una riedizione del vecchio, stantìo ma amato superpotere delle segreterie e dei big acquattati nella gestione assoluta del potere. Che piaccia o non piaccia, che sembri o non sembri, purchè sia. Tutti sanno, se mai hanno aperto un libro, che le primarie nei paesi anglosassoni sono un’altra cosa. Però confidando nell’abituale disinformazione e incultura dei cittadini, predicano di volere “autentiche primarie”. Così la bella figura da paladini della democrazia è garantita. Quanto all’incultura della gente, è il frutto studiato e progettato del potere politico: niente si insegna nelle scuole in questo campo, e poco leggono gli italiani. Restino pure incolti e distanti, è meglio per il potere. Un tempo si bruciavano i libri, oggi si lascia il popolo nella sua insipienza consolidata, così capirà sempre poco, ed è meglio così.
Chiudiamo il discorso come lo avevamo aperto. Roma butta a mare la politica, sceglie dei tecnici, corre ai ripari prima che il Titanic affondi. Da noi, come vediamo, non cambia nulla e la politica continua a tenere saldamente in mano il volante. perpetua i suoi giochini e i suoi magheggi, cucina il minestrone che contiene tutto e il contrario di tutto. O non si è accorta che in Italia il vento è cambiato, o pensa che Sansone deve morire con tutti i Filistei. Ma, finchè dura, va bene così. Cosa accadrà in primavera, lo sapremo a primavera. Ad oggi, si naviga a vista tra nebbie sempre più fitte. Il radar della razionalità è guasto e lo hanno messo in soffitta.
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