Cialente: “Siamo sospesi”

L’Aquila – Il sindaco Massimo Cialente è elegante, un po’ smunto, e tiene tra le labbra un toscano spento. Chiacchiera con un ingegnere, naturalmente – indovinate – di ricostruzione, problemi, giravolte burocratiche. E’ la mattina dell’8 novembre, assistiamo al sollevamento di un palazzo per inserire tra una platea e l’altra degli isolatori sismici. Una tecnica che dovrebbe garantire maggiore resistenza degli edifici alle sollecitazioni sismiche. E’ sperimentata, usata in tutto il mondo, dà – che si sappia – buoni risultati. Il terremoto squassa la prima platea, la fa oscillare, si sfoga in basso. L’edificio, parte superiore, grazie agli isolatori sismici, risente di gran lunga di meno delle scosse.
“Sindaco, come andiamo?”
—”E’ tutto fermo, ci vogliono tempi enormi per attivare i cantieri. Di questo passo non so come finirà. Ci vorranno mille settimane per svolgere solo parte del lavoro…”
“La storia delle tasse?”
—”Sarebbe il colpo finale, un rinvio non basta”.
“Da quanto tempo non si va avanti?”
—”Almeno dal marzo 2010, quando si fermò tutto. Siamo come sospesi”.
“E l’economia della città’?”
—”Non si è realizzato nulla di utile per rilanciare le attività produttive”.
“Colpa di qualcuno? Colpa di Chiodi?”
—”Chiodi è un amico, lo stimo e sta facendo tutto il possibile. Penso però che sia oberato da compiti e incarichi e non riesca a pensare a tutto, è impossibile…”.
“Cos’è che non funziona, a quale livello?”
—”Io sono un medico e so che per curare bene i malati, bisogna organizzarsi in ogni minimo particolare e lavorare secondo piani e un’organizzazione precisa, metodica. Ognuno deve sapere esattamente cosa fare e come farlo”.
“L’Aquila è un malato?”
—”L’Aquila è un malato gravissimo, o si cambia metodo di lavoro, o accadrà il peggio”.