L’ora è grave, campane a distesa


(di G.Col.) – Anticamente le campane segnalavano le incursioni dei pirati, gli incendi, il coprifuoco, le pestilenze. Il sindaco dell’Aquila vuol farle suonare a distesa, nei prossimi giorni, e sarà per un’emergenza alla quale nessuno avrebbe creduto di arrivare. E’ stato detto, e anche dimostrato conti e carte alla mano, che L’Aquila e il cratere non sono in condizioni di rimborsare le tasse con le modalità imposte fino ad oggi. Nessuno ha mai detto che queste persone non vogliono pagare le tasse, bensì che pretendono trattamenti uguali a quelli riservati ad altri italiani. E’ fuori di ogni logica, di ogni principio di giustizia, che gli aquilani siano considerati in modo difforme e iniquo. In fondo, negli altri terremoti non sono andate distrutte intere città di grandi dimensioni. E’ davvero inspiegabile la caparbietà del silenzio governativo, del rifiuto di ascoltare persino i buoni uffici che Gianni Letta sta prodigando. Le campane a distesa sono un gesto simbolico, ma anche disperato, di chi non sa cos’altro fare che urlare e protestare. I rintocchi tra le rovine desolate del centro, tra fuochi e fiaccole, animali randagi e disperazione, saranno un fosco scenario impensabile negli anni Duemila. Si torna al medio evo, alle moltitudini tumultuose. Ma la politica se ne rende conto?



04 Novembre 2011

Gianfranco Colacito  -  Direttore InAbruzzo.com - giancolacito@yahoo.it

Categoria : Editoriale
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