Fossile di elefante preistorico a Pile
L’Aquila – (Foto: un mammuthus meridionalis) – Nel Quaternario, era della durata di due milioni di anni indietro da oggi, attorno all’acqua del lago che occupava l’area attualmente aquilana, si aggiravano ogni specie di animali di grandi dimensioni. Testimonianze provengono anche da altre zone, come la grotta preistorica di Calascio, presso la quale furono trovate ossa e altre prove fisiche. E adesso un’altra testimonianza. Una zanna fossile di elefante meridionale, come si chiama anche il mammut, e’ emersa in un cantiere edile presso l’area commerciale di Pile, a nord ovest dell’Aquila, durante i lavori per la realizzazione di un capannone. L’importante scoperta paleontologica e’ avvenuta in un sito non molto distante da quello in cui, nel giugno 2009, la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo recupero’ quattro molari e due zanne appartenenti ad un unico individuo. La specie e’ la stessa del piu’ noto e pressoche’ completo Mammuthus meridionalis rinvenuto negli anni ’50 a Scoppito, in una cava di argilla delle fornaci Santarelli, esemplare da allora esposto e conservato presso il bastione sud ovest nel Castello dell’Aquila. Elefanti, rinoceronti ed ippopotami popolavano le sponde e le foreste che circondavano, circa un milione di anni fa, il lago che occupava gran parte del bacino aquilano, ambienti allora ideali per questi animali. E’ pertanto naturale oggi ritrovare i loro resti nei sedimenti di quella eta’ geologica. L’ultima difesa rinvenuta si e’ conservata solo in parte ed e’ molto danneggiata dall’azione dei mezzi meccanici. I beni paleontologici da sempre sono soggetti, insieme a quelli archeologici, a specifiche leggi di tutela. Purtroppo i ritrovamenti fortuiti come quelli di Pile, e piu’ in generale del bacino aquilano, non sono sempre ben accolti. Anziche’ essere prontamente segnalati alle autorita’ o agli organi competenti, i resti fossili che vengono alla luce durante gli scavi o i movimenti di terra, sono spesso distrutti per timore che i lavori possano essere bloccati. In Abruzzo, caso quasi unico in Italia, operano presso la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo, un funzionario geologo ed un funzionario paleontologo coadiuvati da personale tecnico specializzato.
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