99 giorni dal sisma, lenta ripresa ma anche dubbi e mancanza di programmi


596775285bdfe7281L’Aquila – Oggi è il 99/mo giorno dal sisma del 6 aprile. In una città legata al numero 99, è un giorno significativo, benchè soltanto simbolico. Quasi tre mesi e mezzo, più di una stagione, tutto per chi ha quel giorno sentito la propria vita spezzarsi, o semplicemente diventare un’altra cosa in pochi secondi. E una città crollare. Come crollata, priva di vita nel cuore appare ancora oggi, con uno skyline trapunto da gru, impalcature, puntellature. La ripresa? Indubbiamente c’è, ma è lenta, oppure in alcuni centri neppure cominciata. Non dimentichiamo che i centri colpiti, almeno nel cosiddetto crate, sono 49: non c’è solo L’Aquila. Centomila abitanti soffrono il disastro. Migliaia di studenti si stanno chiedendo se tornare e, tornando, dove abitare. Problema: dove abiteranno gli studenti residenti altrove per frequentare qui?
Su alcuni fatti concreti non si discute: l’ospedale (pur privo di un piano di evacuazione attuabile, come si è visto) in parte funziona, le case per gli sfollati sono in costruzione, rapida e persino in anticipo. La new town che nessuno voleva sta sorgendo. Il centro della nuova città è, più o meno, presso l’Aquilone a Pile. Molti edifici sono stati messi in sicurezza. Il mozzicone di campanile di S.Bernardino è un emblema. La rovina di Collemaggio pure: nessuno l’ha adottata. Obama non è stato neppure portato a vederla: come avrebbe potuto adottare un edificio di cui non ha avuto neppure una fugace visione?
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Si lavora per le scuole e anche per riaprire negozi, locali, uffici. Metà degli edifici risultano agibili, ma il gas non c’è ancora ovunque. Nessuno ha fretta di tornarvi, tuttavia: le scosse continuano, anche rilevanti. Tende, roulottes, campers, case di legno sono in panorama ormai consueto di un’area molto vasta. Riapre la Piscina comunale, e va benissimo. Ma il Comune ha perso due mesi per le pratiche del nuovo mercato ambulante: pare che i soliti burocrati abbiano forse perso la casa, ma non l’abitudine di rendere tutto lento e complicato. Chi sa qual è il vero male di questa città: la sua sismicità o l’inguaribile inerzia del suo DNA? Il consiglio comunale continua a vanificare le iniziative, facendo disperare il sindaco e mancare il numero legale. Un primo piccolo mercato in strutture antisismiche è stato inagurato a Verdeaqua, per iniziativa di alcuni commercianti. La Provincia va meglio, mette in campo iniziative e interventi, e li compie. Alcune aziende,come Transcom, pensano bene di aumentare il numero dei disoccupati. Intanto, la Coop non riesce, da anni, ad ottenere dal Comune un assenso o un diniego definitivi e motivati. Il male e le ferite non hanno cambiato nulla. La Regione, per ora, risplende per la sua assenza e per la sua gelatinosa inefficienza: come se il terremoto non ci fosse mai stato. La Pezzopane non riesce neppure ad ottenere un tentativo di intervento per migliorare la mobilità sulle impossibili strade e autostrade dei pendolari. C’è da trasecolare.
Molte persone non hanno ricevuto i famosi 800 euro: aspettano da tre mesi. Altri sono stati già pagati: perchè? Molti albergatori non sono stati ancora rimborsati, sulla costa, dalla Protezione civile. Alcuni di loro si lamentano, ma sono consapevoli di avere parte della colpa: hanno compilato moduli e documenti in ritardo. Migliaia di aquilani vivono lungo la costa, stralunati e depressi, anche stanchi di dover viaggiare: i più anche tutti i giorni. Per avere la corrispondenza, un aquilano deve sobbarcarsi a code lunghissime presso gli uffici dislocati all’Aquilone. Un disagio in più. Ma, soprattutto, e chiudiamo, mancano i soldi per la ricostruzione “pesante”. Mancano programmi, idee, certezze, decisioni per quando Bertolaso ci lascerà, finita l’emergenza, e passerà la palla ai comuni, ai sindaci. Lo ha messo in luce oggi Giorgio De Matteis (MPA) che esorta ad un coordinamento delle iniziative essenziali per l’avvenire immediato dell’Aquila.
Inesistenti, infatti, piani di rinascita, di riorganizzazione, di ripresa: il futuro non è neppure abbozzato. Manca un coordinamento. Il timore è che manchino idee e autentiche capacità organizzative, che debbono partire dalle istituzioni, il Comune per primo. Ed è questo che fa davvero paura, insieme con i rigori dell’inverno sempre più prossimo. L’Aquila è un malato debolissimo, tuttora grave, che medici sapienti dovranno prendere per mano. Curare con scienza e coscienza, e farmaci adatti. Ma medici locali, non poteri esterni.
Per ora, sembra il ferito del film “Le nevi del Kilimangiaro”, con Gregory Peck e la splendida Susan Hayworth: sofferente, febbricitante, sotto una tenda in un caldo soffocante, ai piedi della mitica montagna africana, con un’infermiera eroica che tenta di arginare la cancrena. Nel film (esigenze di Hollywood) il ferito ce la fa. Nel libro di Hemingway, muore. Sapremo farcela senza la mano esterna e decisionista di Bertolaso? Terribile dubbio, scottante interrogativo. 45 giorni fa scrivemmo nella rubrica “La goccia cinese” una dozzina di domande, alle quali nessuno ha mai risposto. (G.Col.)

(Nelle foto: La fontana delle 99 Cannelle, simbolo del numero caro agli aquilani, monumento non danneggiato dal terremoto, e la Piscina comunale, riaperta in questi giorni)


15 Luglio 2009

Categoria : Cronaca
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