L’ufficio delle Entrate di Teramo recupera 13 milioni di Euro dal settore bancario
Teramo – Circa 13 milioni di euro tra maggiori imposte, sanzioni ed interessi, riscossi dal settore bancario. A tanto ammonta l’importo riscosso dall’ufficio di Teramo dell’Agenzia delle Entrate con l’iscrizione a ruolo effettuata a titolo definitivo a seguito della pronuncia favorevole all’erario emessa, nel corso del 2008, dai giudici della Corte di Cassazione a termine di un lungo contenzioso tributario.
La Suprema Corte, nel cassare senza rinvio la sentenza favorevole al contribuente emessa della Sezione quarta della Commissione Tributaria Regionale, ha riconosciuto piena e definitiva validità all’avviso di accertamento emesso dal soppresso ufficio Imposte Dirette di Teramo, relativo al periodo d’imposta 1995.
Le contestazioni a carico della banca prendevano avvio da alcuni rilievi della Guardia di Finanza emersi in occasione di una verifica fiscale. Successivamente, con atto motivato, l’ex ufficio delle Imposte Dirette di Teramo procedeva a notificare un avviso di accertamento con il quale imputava alla banca due operazioni non corrette rilevanti sotto il profilo fiscale. In particolare: 1) relativa al recupero a tassazione di circa quattordici miliardi di vecchie lire di interessi maturati su titoli del debito pubblico portoghese; 2) relativa al recupero di una perdita di cinque miliardi di lire indebitamente dedotta con riferimento a un’operazione di outright valutario.
Con il primo rilievo, che ha avuto origine da un’operazione di pronti contro termine, l’ufficio teramano aveva contestato alla banca italiana di aver ricoperto il ruolo di “sponda” per consentire a un istituto bancario londinese di incassare interessi su titoli del debito pubblico portoghese al lordo anziché al netto della ritenuta d’acconto. Tale circostanza ha consentito la tassazione degli interessi non per l’intero ammontare maturato in capo alla banca, ma unicamente in proporzione ai giorni (10) di possesso.
Al riguardo, la Suprema Corte, nel respingere la tesi della banca, ha ribadito il principio secondo il quale la rilevanza reddituale degli interessi derivanti da operazioni di pronti contro termine deve essere riferita a tutto “l’ammontare maturato nel periodo di durata del contratto”, e non al differenziale tra il corrispettivo a pronti e quello a termine con il periodo di durata del contratto, vincolante soltanto ai fini delle pattuizioni intercorse tra le parti contraenti.
Anche con riferimento al secondo rilievo, i Giudici della Suprema Corte hanno affermato la legittimità dell’operato dell’ufficio fiscale relativo alla perdita su outright valutario, indebitamente dedotta. Per questa seconda fattispecie, infatti, la banca avrebbe dovuto imputare la perdita nell’anno di formazione e non, come ha fatto, imputandola arbitrariamente in un periodo d’imposta successivo, in violazione del principio di competenza. Dunque è corretto che il Fisco abbia recuperato a tassazione componenti negativi dedotti in violazione delle relative norme, “perché la libertà d’impresa trova un limite nella legge”, come hanno ribadito gli stessi Giudici dalla Corte di Cassazione.
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