L’eredità del G8 per l’Abruzzo
L’Aquila – (Prof. Flavio Colacito, Psicopedagogista) – È calato il sipario sul summit dell’Aquila, si sono spenti i riflettori, si è tornati alla dura e cruda realtà della vita, quella da terremotati con i piccoli e grandi problemi di tutti i giorni. In questa situazione, ora più che mai, è necessario porre attenzione su tutto quello che sta accompagnando il tentativo di un lento ritorno ad una pur semplice forma di normalità, a quanto aiuti mettere in risalto il dramma della devastazione all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale, concretamente e visivamente: è necessario constatare direttamente per avere un’idea di cosa sia stato il terremoto del 6 aprile. In parte quanto detto ha potuto avere un riscontro nei tre giorni dedicati al G8, con i “grandi” della terra, un’occasione unica per L’Aquila e l’Abruzzo intero che, seppure per poco tempo, è stata la capitale del mondo. Chi opera nel sociale e chi svolge attività giornalistica di sensibilizzazione e informazione, deve sempre misurarsi con la realtà delle cose, analizzando obiettivamente i pro e i contro di ogni situazione. Se mi avessero detto qualche tempo fa che un giorno sarebbe arrivato il Presidente degli Stati Uniti a L’Aquila, avrei pensato ad un pesce d’aprile, se mi avessero ipotizzato un evento internazionale come il G8 con tutti i capi di stato più importanti nella mia città, avrei sorriso. Mai avrei pensato di poter vedere il piccolo scalo di Preturo diventare un vero aeroporto da semplice aeroclub quale era, con tanto di opere viarie limitrofe. Invece Barak Obama, il primo Presidente di colore nella storia degli Usa, è arrivato ed ha potuto osservare personalmente le macerie del centro, l’orrore della devastazione, i segni della città ferita, con lui tutto il mondo. Chi avrebbe mai immaginato che sempre un giorno la Germania si sarebbe accollata l’onere di rimediare alle macchie dei crimini di guerra commessi ad Onna? Nessuno. Eppure ciò è avvenuto, Angela Merker ha visitato il piccolo centro ed ha manifestato l’intenzione di ricostruirlo come contributo di solidarietà del governo tedesco, e lo stesso dicasi per altri esponenti internazionali che hanno offerto denaro prezioso per la ricostruzione del patrimonio artistico cittadino danneggiato per circa 3 miliardi di euro. Il summit dell’Aquila non può essere banalizzato, né tanto meno prestarsi ad oziosi commenti vuoti. Esso ha molto in comune con il destino della città, perché sia l’uno che l’altra perseguono lo stesso obiettivo: la rinascita. Se per il primo si è parlato di squilibri economici tra le parti ricche del mondo e quelle povere rappresentate dai paesi in via di sviluppo, Africa in testa,del problema della fame e del fabbisogno alimentare, dell’acqua quale risorsa primaria e bene comune, della riduzione degli armamenti nucleari, per L’Aquila si è posto l’accento indirettamente sul problema delle risorse economiche da impiegare nella ricostruzione sicura ed antisismica, della necessità di tutelare arte, cultura, tradizioni legate al territorio. Il G8 non è stato un evento per L’Aquila, per il terremoto che l’ha maciullata, bensì per la nascita di nuove intese ed accordi internazionali funzionali a nuovi e proficui rapporti di collaborazione tra i paesi, per migliorare la qualità della vita di milioni di persone vittime di malattie e sofferenze. L’Aquila deve essere orgogliosa di aver ospitato un simile appuntamento avendo vinto una scommessa sulla sua riuscita: ottima e senza scontri violenti per la prima volta nella storia. Bisogna cogliere lo spirito simbolico che unisce la città martoriata e la scelta, felice, di aver voluto portare proprio qui il G8, allargato anche in questo caso per la prima volta concretamente ai paesi poveri del terzo mondo, dove carestie ed elevata mortalità infantile causano dolore e lutti, epidemie, guerre, disordini sociali. È stato bello vedere la simpatia di Obama, la sua tendenza alla spontaneità lontana da ogni protocollo presidenziale e diplomatico, aperto e informale, soprattutto con il Presidente della Provincia Stefania Pezzopane che ben ha saputo inserirsi in questo contesto, portando un sorriso a livello internazionale, senza dimenticare le preoccupazioni sul futuro della città, sicuramente un’apprezzabile prova di governance per un rappresentante della collettività aquilana e territoriale. Il fatto che si sia parlato dell’Aquila nel mondo non è cosa da poco, in quanto la visibilità della città e delle emergenze che la riguardano sono ora sotto gli occhi di tutti. Una cosa è la condivisone o meno delle idee sul G8 in quanto tale, ben altro è fare finta che non abbia portato benefici mediatici e intereressi sui problemi della città da parte dei vari paesi stranieri. In questi giorni si sono scritte importanti pagine di storia inimmaginabili per il nostro territorio, ora servono 300 milioni di euro per ricostruire 45 importanti monumenti cittadini e parte di questi soldi saranno finanziati dall’America, dalla Francia, dal Canada, dalla Germania, ed altri importanti paesi europei come la Spagna, interessata al castello dell’Aquila. Rimane il problema degli sfollati, ben 51.837, di cui 21.822 in 5.188 tende allestite dalla Protezione civile nei vari campi. A settembre arriveranno i primi alloggi, ma il 31,3% degli alloggi classificati ad oggi è “D”, “E”, ed “F”, il tutto su un totale di 61.782 edifici ispezionati. A questo punto forse bisognerebbe ricorrere alla requisizione di tutti gli appartamenti agibili sfitti in possesso dei costruttori locali, che sono numerosi, invitandoli a metterli a disposizione della collettività intenzionata a farne richiesta: sarebbe un segno di civiltà, visto che non si può pretendere umanamente di stare in tenda così a lungo (già quasi 4 mesi..), in più si darebbe un aiuto concreto al mercato immobiliare.
(Nella foto: Gli amici abruzzesi di Obama Barack in piazza Duomo a L’Aquila)
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