D’Ercole: “Non dico parolacce”
L’Aquila – Si sente bersaglio il vescovo D’Ercole, foto, forse seccato dalla divulgazione di alcune intercettazioni che lo riguardano nella vicenda dei cosiddetti fondi Giovanardi. E scende in campo con dichiarazioni e spiegazioni, accrescendo così il clamore. “Da diversi giorni prosegue la tempesta mediatica aquilana che mi vede indirettamente coinvolto pur essendo parte offesa, se i fatti saranno appurati nella loro verita’”. “Quello che avevo da dire – aggiunge D’Ercole – l’ho comunicato alla gente in Piazza Duomo e poi ai sacerdoti. Se oggi riprendo la parola e’ solo perche’ nell’odierna edizione del ‘Centro’, e nelle locandine, si attribuisce al sottoscritto una espressione volgare che mai mi sono permesso di pronunciare, avendo un rigetto fisico per tutto cio’ che sa di triviale e di volgare. Del resto viene riferita da altri e non percepita dalla mia bocca: notizia questa di non poco conto. Sin qui la mia precisazione; mi sia permesso ora aggiungere qualche ulteriore riflessione. Vorrei ringraziare i sacerdoti e la gente che continuamente mi esprime vicinanza e solidarieta’ in questo momento non facile e al quale non sono abituato, pur essendo uomo di comunicazione. Piu’ di qualcuno – prosegue D’Ercole – mi manifesta il timore che questi attacchi siano rivolti alla mia persona nel tentativo di stancarmi e di portarmi ad abbandonare il campo. Io voglio pensare che cosi’ non sia. Ad ogni modo a tutti vorrei dire che quando si nutre la consapevolezza di aver compiuto il proprio dovere, occorre essere pronti a soffrire ma non a cedere, nella certezza che tutto rientra in un piano di salvezza e che Iddio sa trarre il bene anche dal male. Chi mi conosce sa che ogni giorno lavoro, al di la’ di quello che possa apparire da notizie frammentarie e talora imprecise, non per intrallazzare affari, ma con l’unico scopo di stare accanto alla gente e di aiutare e tutelare i deboli e i poveri come san Luigi Orione mi ha insegnato. Ma per amare concretamente bisogna essere disposti anche a rischiare di persona. Se poi sia incappato in cattivi compagni di viaggio e non abbia avuto la capacita’ di riconoscerli subito, questo dispiace certamente, e costituisce un invito concreto a maggiore prudenza. Questa lezione – rileva il presule – l’ho ben appresa, e mi servira’ per l’avvenire. Infine un’altra riflessione ancor piu’ maturata nella preghiera di questi giorni. La ricostruzione piu’ necessaria non e’ quella materiale delle case e delle chiese ditrutte dal sisma, bensi’ quella umana, sociale e spirituale. So che la principale preoccupazione non dovra’ essere ricostruire le mura e gli edifici sacri, ma ricostruire la speranza, la coesione e la fiducia nelle comunita’. Del resto questo e’ il principale compito di ogni Pastore. Questa ricostruzione spirituale e’ gia’ del resto iniziata e si va intensificando in questo tempo, partendo da Gesu’ realmente presente nel mistero eucaristico e da Maria, nostra celeste madre. Ad esempio, la piccola chiesa di Cansatessa, primo dono degli alpini del Trentito alla nostra citta’ terremotata, e’ da piu’ di un anno ormai centro di adorazione eucaristica perpetua. E’ nel silenzio di questo luogo di ascolto e di meditazione che arde e si propaga la fiamma indistruttibile dell’amore divino, unica sorgente di speranza per dare vita a un mondo rinnovato. Sono certo che con il tempo incendiera’ di amore divino la citta’ e sara’ l’alba di un giorno nuovo. Per questo prego e tutto offro a Dio”.
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