“Accademia, prima cosa salvarla”


lucci-gabriele-mar-09L’Aquila – L’Accademia dell’Immagine ha le febbre alta, anzi un’infezione il cui esito può essere infausto: se si esce dall’attuale situazione (che è gravissima), restano tutti i dubbi e i timori per il futuro. La politica ha sbagliato tutto, la gestione è risultata, negli ultimi tempi specialmente, disastrosa. I dati li hanno forniti i sindacati UGL e CGIL, tace la politica, oggi l’Editoriale di Peppe Vespa chiede a gran voce le dimissioni del sindaco e della Ximenes. Da Milano piomba Gabriele Lucci, fondatore e ideatore dell’Accademia in tempi migliori degli odierni. Lucci è presidente onorario e a lui, per il carisma che possiede e per i trascorsi di tutto rispetto a L’Aquila come “uomo del cinema”, si chiede di parare i colpi. Intanto circolano voci circa possibili dimissioni di Cialente dalla presidenza dell’istituzione. Della Ximenes non si sa nulla.
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Lucci è lucido e coerente. Luce sugli stipendi, mai stati d’oro, ma di circa 3.000 euro netti: meno di un qualsiasi dirigente o vip della cultura. Esibite le buste paga. In passato Lucci ha anche utilizzato proprie risorse per far fronte ai debiti. “Il mio passato non conta nulla?” chiede ai giornalisti. “Ho dedicato 30 anni al cinema e all’Accademia. Vorrà dire qualcosa. L’istituzione è di alto livello, e ha bisogno di risorse. Altrimenti, facciamone una cosina modesta, o chiudiamola. La politica scelga”.
Già, la politica. Una legge obbliga la Regione a “partecipare all’attività dell’Accademia”. Come? Dotandola di risorse. Invece i contributi stanziati arrivano magari dopo un anno e mezzo, perchè le banche debbono ingrassare e i burocrati non sono mostri di efficienza. Con le risorse attuali, invece, dice Lucci, non si riesce a mantenere il livello e “se militi in serie A, devi adeguarti”. Cosa vuole la città? Salvare o condannare l’Accademia alla mediocrità o alla morte? Lo dica forte e chiaro. Cosa vuole la politica? Lo faccia sapere.
Lucci ricorda la storia del cinema Massimo. Fu salvato e mantenuto in centro (60.000 spettatori l’anno attualmente), ma quando anni fa stava per morire, lasciando L’Aquila senza sale in città, vi furono solo piagnistei, nessuno mise una lira, nessuno assunse la minima iniziativa. Esattamente come era avvenuto per il Rex e per l’Imperiale. Il cinema fu salvato dall’Accademia che assorbì anche quattro lavoratori della vecchia Photogram. L’Aquila sa solo piangere e inveire contro tutti e tutto, i fatti sono in pochi a concluderli: la città di cultura sarebbe già culturalmente defunta da tempo, se la sua salvezza fosse dipesa da lei stessa e dai suoi politici e amministratori.
Ora L’Aquila e la politica debbono decidere cosa fare dell’Accademia dell’Immagine. Un’altra volta, suonano le campane e c’è il rischio che tutti siano già fuggiti, come topi dalla nave in tempesta. (G.Col.)


26 Marzo 2009

Categoria : Cultura
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