L’impulso si è fermato
(di Carlo Di Stanislao) – Il suo cuore ha continuato a battere per quasi un secolo e senza bisogno di quello stimolatore che aveva inventato e che fu impianto, in un cuore umano, più di mezzo secolo fa. L’ingegnere americano Wilson Greatbatch, l’inventore del “pacemaker”, è morto ieri a Buffalo, USA, all’età di 92 anni, dopo aver registrato, nella sua lunga vita, più di 150 brevetti. Aveva iniziato a interessarsi all’elettronica in gioventù, mentre lavorava in una radio amatoriale. La passione per le “onde corte” continuò anche negli anni dell’università e durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre era radio-operatore in Marina. Dopo essersi laureato in ingegneria, iniziò a studiare le correlazioni tra cuore e sistema elettrico e a lavorare a dei nuovi transistor che rivelassero accelerazioni del ritmo cardiaco. Ed ecco come nacque il pacemaker: un giorno installò un resistore con una resistenza sbagliata, per accorgersi che le pulsazioni create erano identiche al normale battito del cuore. Acutamente si rese conto che questo nuovo circuito si sarebbe potuto utilizzare per controllare il battito cardiaco nell’uomo e da qui l’idea del pacemaker: un dispositivo che permette di stimolare elettricamente il cuore e normalizzarne il ritmo, costituito da uno o due elettrodi, il cui materiale ha una elevata conducibilità elettrica ed è stabile nel tempo, rivestito da una sostanza isolante e biocompatibile e da un connettore, con circuiti e batteria racchiusi in una cassa ermetica realizzata in titanio. Come dicevamo, dopo alcune sperimentazioni sugli animali e le prime diffidenze del mondo della medicina, nel 1960 il pacemaker venne finalmente impiantato in un uomo: il 77enne Henry Hennafeld, che sopravvisse i successivi 18 mesi, senza alcun problema. Wilson depositò il brevetto il 22 luglio del 1960 e oggi circa un milione di persone in tutto il mondo vivono grazie ad un pacemaker nel cuore, in tutte quelle circostanze in cui, il nodo seno-atriale, costituito da cellule specializzate per compiere la funzione di segnapassi al ritmo cardiaco, non svolge il suo compito a dovere, oppure l’impulso non si diffonde bene. In condizioni normali la frequenza cardiaca è di 60-80 battiti al minuto e il cuore pompa circa 5 litri di sangue al minuto. Se si verifica un eccessivo rallentamento del battito cardiaco, condizione definita bradicardia, rendendo inadeguata la quantità di sangue e di ossigeno pompata dal cuore, ci si può sentire facilmente stanchi o deboli, avere le vertigini o svenire. Anche le normali attività quotidiane possono risultare faticose. La causa del rallentamento può essere all’origine, nel nodo seno-atriale che invia stimoli a una frequenza troppo bassa, sotto i 60 battiti al minuto. In questo caso si ha una malattia del nodo del seno. Altre volte i problemi si possono verificare anche lungo il percorso di conduzione dello stimolo elettrico tra gli atri e i ventricoli: i segnali elettrici possono subire ritardi in una stazione intermedia, posizionata tra l’atrio e il ventricolo (nodo atrioventricolare) o non riuscire a raggiungere tutti insieme i ventricoli. Questa condizione è definita blocco cardiaco o blocco atrio-ventricolare (BAV), che può avere vari gradi di gravità. Nelle forme più grave la soluzione è il pacemaker. Instancabile e appassionato, Greatbatch ha anche fondato una sua società: la Greatbatch Ltd – un tempo Wilson Greatbatch Ltd – per produrre batterie per pacemaker, un business che lo ha reso milionario. Fra i molti premi ricevuti, il più importante nel ’96, a 76 anni: il Lemelson-MIT Prize, proprio per il pacemaker. Naturalmente in questi anni la scoperta di Greatbatch è stata via via migliorata e proprio tre giorni fa, a Pisa, è stato impiantato, su un paziente di 32 anni affetto da blocco atrio-ventricolare, il primo sistema Accent Mri, con elettrocatetere, che permette ai pazienti che debbono portare questi dispositivi salvavita, di sottoporsi a una risonanza magnetica (Mri) ad alta risoluzione di tutto il corpo, e accedere cosi’ nella massima sicurezza, ad esami ritenuti oggi essenziali per determinate rilevanze cliniche (come cancro o ictus) e trattamenti curativi. Il dispositivo ha inoltre diverse funzioni avanzate, per misurare la reazione del cuore alla stimolazione battito-per-battito, per ridurre le stimolazioni ventricolari non necessarie e dispone di una comunicazione wireless, con un programma che consente ai medici i più diversi controlli di follow-up. Del tutto diverso dal primo pacemaker di Greatbatch, ma con batterie prodotte, come sempre, dalla sua industria.
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