Più cultura per lavorare


Avezzano – (di Lucia Proto, responsabile donne IdV Abruzzo) – Il progetto di creare un solo Ateneo Universitario Abruzzese, unificando i tre maggiori poli universitari non è esattamente idoneo allo sviluppo culturale e quindi economico della nostra Regione. Credo anzi, che i poli universitari esistenti non siano sufficienti per conoscere e sviluppare la ricerca sulle molteplici potenziali risorse dell’Abruzzo.
Creare una o due Università, significherebbe trasformare la cultura in qualcosa di lontano dal nostro vivere quotidiano, dalla concretezza degli aspetti reali del territorio, dai suoi problemi e dalla ricerca di soluzioni a questi.
La verità è un’altra, con la scusa dei tagli necessari, il governo nazionale e regionale ha messo in atto un’operazione di svendita dei beni pubblici a scopi di speculazione immobiliare: ospedali, edifici delle Asl, tribunali, scuole e università. Si vuole far apparire come operazioni volte al risparmio, delle vere e proprie operazioni speculative, nascoste addirittura dietro le forme legislative delle Riforme.
Invece di colpire i reali sprechi del sistema sanitario e universitario, si vuole distruggere completamente il servizio pubblico a favore di un sistema completamente privato che oltre ad avvantaggiare alcuni privati, servirebbe solo i più ricchi a danno dell’intera popolazione. Il sistema delle Università e della Ricerca italiano è già pesantemente sotto finanziato e continua a subire fortissimi tagli. Nel 2012 il totale delle risorse previsto per il finanziamento delle università italiane sarà in assoluto inferiore al fondo destinato a queste nel 2002. Tuttavia, ricerche internazionali più accurate, smentiscono l’esistenza di un divario produttivo tra il nostro sistema universitario e quello di Paesi come il Regno Unito, la Francia, Germania e Spagna; infatti queste hanno evidenziato che i ricercatori italiani sono a livelli di eccellenza. Il costo reale di questo sistema sotto finanziato ma funzionante viene pagato attraverso lo sfruttamento dei ricercatori e dei precari.
Sarebbe invece necessario creare in alcuni luoghi, le cui caratteristiche generali abbiano un potenziale culturale ed economico inesplicato, dei distretti universitari specialistici, che si occupino di ricercare, progettare ed aiutare l’investimento nelle peculiari risorse degli stessi. Siamo all’inizio di una crisi economica profonda, una crisi iniziata proprio a causa della globalizzazione delle produzioni, dell’allontanamento dei cittadini dalla creazione e vendita dei prodotti del proprio territorio. Credo fermamente che sia necessario, sviluppare un sistema culturale ed economico territoriale, una rete che vada dallo studio, la ricerca sino alla produzione e vendita.
Tutto il nostro territorio regionale è caratterizzato da punte di eccellenza in diversi campi, agricoltura (Teramo, Sulmona, Marsica), turismo (Costa Adriatica, Parchi Naturalistici, località sciistiche), tecnologia informatica (Marsica), chimica (Chieti), fisica (L’Aquila). Ognuno di questi territori dovrebbe avere un distretto universitario che si occupi di ricercare e formare in questi campi culturali una completa organizzazione di lavoratrici e lavoratori: ricercatori, specialisti, professionisti. In molti Paesi Europei questo già avviene, i poli universitari specialistici diventerebbero non solo un’attrattiva per la cittadinanza locale e regionale, ma anche per giovani provenienti dal resto del Paese e dall’estero.
Non si possono consegnare le università ai privati, né si possono far pagare tasse che si aggirerebbero sui diecimila euro all’anno. L’accesso all’università deve essere concesso per il merito e non per censo. Solo così si possono valorizzare veramente le capacità dei giovani della nostra Regione. E le donne, che nella nostra società sono sempre le più penalizzate, con l’attuazione di questa politica, cosa faranno? Torneranno ai lavori domestici ed ai fornelli? Il tasso di partecipazione delle donne italiane all’università è molto elevato, nell’arco di 30 anni le donne hanno prima raggiunto gli uomini e poi li hanno superati: su 94 mila laureati dell’anno 2003, oltre 55 mila sono donne. E cioè le donne italiane detengono il capitale culturale del nostro Paese ma non occupano posizioni dirigenziali, quindi attualmente il Paese cammina al 50% delle sue possibilità e cioè non riconosce e utilizza le proprie risorse economiche.
Vorrei ricordare infine, che noi italiani abbiamo inventato i computer e i cellulari che oggi nel Mondo rappresentano una delle maggiori economie, e che abbiamo svenduto la nostra conoscenza, senza così dare seguito alla nostra ricerca e produzione, e di conseguenza, senza arricchire in nostro Paese. Solo investendo sulle scuole, sulle università, sulla cultura formativa territoriale, potremo veramente uscire dalla crisi economica, scoprire le nostre risorse, valorizzarle e tornare a produrre e a lavorare nella nostra terra.


20 Settembre 2011

Categoria : Politica
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