Battiamoci anche per una chimera
L’Aquila – (di Giulio Petrilli, responsabile giustizia PD) – Il mio ricorso al tribunale penale internazionale è un granello di sabbia nel deserto. Il mio è stato un ricorso, contro alcuni magistrati, che mi hanno condannato ingiustamente in primo grado a otto anni di carcere. Li ho denunciati all’Aja, perché in appello dopo sei anni di carcere, sono stato assolto. Secondo me, anche mandare ingiustamente delle persone in carcere, è un crimine contro l’umanità .
MON MI RISPONDERANNO MAI, SONO CONSAPEVOLE DI QUESTO.
Purtroppo, la mia constatazione è che il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja, si configura sempre più come un tribunale preposto a una giustizia di parte, quella dei vincitori. Giudica crimini contro l’umanità , solo quelli commessi da governi, stati e anche dittatori del sud del mondo.
Seleziona di volta in volta quali, a seconda delle convenienze politiche dei governi occidentali.
L’esempio di Gheddafi è emblematico: decide oggi il mandato di cattura internazionale, dopo che si è deciso di bombardare la Libia. Gheddafi per quaranta anni non commetteva crimini contro l’umanità , li commette oggi.
Così accadde con Milosevic. Non è accaduto con Ceausescu e Saddam perchè sono stati giustiziati in patria.
Con questo, non voglio esimermi dal giudicare le gravissime responsabilità delle persone sopraelencate e i crimini che spesso hanno commesso. Ma la mia riflessione è quella, che un tribunale internazionale dovrebbe partire dall’assunto che la legge è uguale per tutti.
Ma perché la bomba di Hiroshima è invece rimasta impunita?
Perché la strage di Sabra e Shatila, perpetrata in un campo palestinese in Libano, dallo Stato Israeliano, non è stata condannata?
Furono uccisi, donne, bambini, persone inermi.
Quando avvengono queste cose, è inutile sperare nei principi, regna solo la legge del più forte.
Tra dittatori e tribunale internazionale c’è la similitudine che la legge non è regolata dal diritto, ma dalla forza di chi vince.
Il garantismo, il diritto, sono un’altra cosa. Impariamo a costruire una giustizia giusta, che sappia garantire tutti, anche gli invisibili e le fasce più deboli. E’ una chimera, ma vale la pena di battersi”.
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