Ma quale “ricostruzione sociale”?
L’Aquila – Scrive il comitato di quartiere progetto CASE Bazzano: “Apprendiamo dalla stampa due notizie, relative alla “ricostruzione sociale”: la nostra città è stata penalizzata dal fatto che, riguardo alla assegnazione degli 8,9 milioni di euro dei fondi Giovanardi, nessun progetto presentato dal Comune di L’Aquila è stato approvato, ad eccezione del recupero dell’ex O.N.P.I., che comunque era stato già oggetto di un atto di intesa ben prima della pubblicazione del decreto n.50, a firma del Commissario delegato per la Ricostruzione, con il quale si stabilivano le modalità di presentazione dei progetti da parte dei Comuni. Eppure, alcuni dei progetti riguardavano le priorità delle aree del progetto C.A.S.E. ed anche l’area di Bazzano era presente.
L’altra notizia si riferisce alla costruzione di strutture aggregative nelle aree del progetto C.A.S.E. di Roio Poggio, Cese di Preturo e Sassa Scalo, donate dalla Caritas al Comune di L’Aquila.
Per l’area di Bazzano resta il tendone del Ministero degli Interni, posizionato su un’area di parcheggio, ormai da oltre un anno. Unico centro aggregativo del popoloso quartiere, trasformato in una Tendamica dove gli abitanti si incontrano non solo per le attività religiose ma per tutti quei momenti di socializzazione, di stare insieme in un panorama in cui è assente ogni altro servizio necessario alla vita di comunità.
L’area di Bazzano ha una popolazione di 1.679 persone, per n. 495 nuclei familiari.
Gli anziani con età maggiore di 65 anni sono 254; i minori da 0 a 17 anni sono 410; i giovani da 18 a 29 anni sono 188. La rappresentazione geografica dei servizi operanti su tutto il territorio del Comune vede una distribuzione marcatamente maggiore nella zona ovest del Comune, a scapito della zona Est.
Già da soli, questi dati, avrebbero e dovrebbero obbligare a scelte diverse tutte le istituzioni interessate.
Non è più dignitoso che i cittadini debbano avere una tenda come luogo di aggregazione, riproducendo la situazione che tutti noi abbiamo vissuto nelle tendopoli; non è più accettabile che, a 29 mesi dal terremoto, vengano utilizzate enormi risorse economiche con interventi che non hanno il segno di una programmazione in base ai reali bisogni delle persone.
Non solo, se fino alla primavera scorsa determinante è stato il contributo della Caritas per sostenere le spese di mantenimento della Tendamica, all’attualità le risorse necessarie vengono dalle “tasche” dei cittadini che si “autotassano” e già siamo consapevoli che, con l’autunno alle porte, la struttura non potrà essere aperta perché la spesa necessaria alla tipologia di riscaldamento (a gasolio) è troppo onerosa.
Rappresenteremo le nostre ragioni a tutte le istituzioni competenti, affinché l’espressione ricostruzione sociale non rimanga soltanto una serie di belle parole!
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