Va bene, ma il centro storico?
(di G.Col.) – (Foto: lezione di fisica quantistica) – Il cittadino, dopo due anni e mezzo (il prossimo 6 ottobre), ha accumulato una riserva di scetticismo sufficiente per la vita, in merito alla ricostruzione dell’Aquila e del suo circondario. Vede il futuro come un porto delle nebbie, indistinto e impreciso, indeterminato come il pricipio di Werner Heisenberg. La realtà è sostanzialmente inconoscibile, dice tale principio di fisica quantistica. Altrettanto lo è la ricostruzione aquilana. Se conosciamo il dove, non possiamo conoscere il quando. E viceversa. Molte cose si stanno muovendo, è vero. I sorrisi appaiono – sia pure fugaci – sul volto un po’ impenetrabile di Letta, talora persino di Chiodi. Qualche volta ghigna finanche il sindaco Cialente. Si stringono mani, si enunciano previsioni (azzardate) tipo: “Entro il 2013, le case E della periferia saranno ok”. Pare di intravedere tra il lusco e il brusco una luce diafana al termine del tunnel. Dobbiamo sperare, altrimenti cosa ci resta?
C’è un dettaglio, tuttavia, che non è da poco. Nessuno parla della ricostruzione del centro storico. Delle mille, duemila, chi sa quante, case e palazzi dentro la città . Che poi è la sola vera città , perchè la periferia è orripilante e pensarla ricostruita mica conforta poi tanto… Andiamo avanti a botte di milioni di euro che servono per quel palazzo, quel complesso, quell’angolo storico, quel monumento. E’ vero che ci sono dei coraggiosi che hanno schiumato e sudato sangue per avere i loro progetti e protocolli. Ma la gente vorrebbe qualche previsione anche per la sua città , quella vera, quella raccolta e bella che era – dicono – uno dei centri storici più belli d’Italia. Ce ne sono? Possiamo aspirare a qualche puntura di ottimismo, qualche data, qualche dato? Non si vive senza speranza, senza aspettare qualcosa, senza una prospettiva, un ingannevole – magari – stralcio di futuro. Datecelo. Il principio di indeterminazione è allucinante in fisica, figuriamoci tra le macerie aquilane.
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