Costume – Misseri non ha ucciso, i media sì


(di Carlo Di Stanislao) – Avremmo bisogno di verità ed invece la vita ci propina dubbi ed incertezze. Dunque, secondo il gip, Micheli Misseri non ha ucciso la nipote Sara Scazzi e sebbene coinvolto nell’occultamento del cadavere e nell’inquinamento delle prove, i colpevoli vanno cercati altrove. Ennesimo colpo di scena in un garbuglio in cui l’intrusione mediatica ha creato confusione e voyerismo, secondo una tragica attitudine di questi ultimi anni. Si è partiti con il caso di Cogne, padre di tutti i processi mediatici, tra plastici, ricostruzioni e interviste, con Bruno Vespa primo “sacerdote” di questo nuovo rito, basato sul presunto diritto d’informazione, che in realtà nasconde la strisciante perversione di entrare nella vita degli altri, scrutandole dal buco della serratura. La serie di delitti irrisolti in Italia è lunga e risale al caso Montesi, del lontano 1953, con una teoria di altri nomi: lo storico caso Bebawi; il delitto della Cattolica; quello di Simonetta Cesaroni; il delitto dell’Olgiata; ma anche casi meno noti come il delitto di Veroli o il caso Scroppo, quello di Ottavia De Luise, scomparsa da Montemurro, i cui resti sono stati ritrovati all’inizio di maggio scorso, di Sandra Sandri, 11 anni, sparita da Bologna nel 197, e poi ancora Giuseppe Musina, Faruk Churbagi, Simonetta Ferrero, fino al caso, sempre più controverso, nonostante tutto, del delitto di Melania Rea, a noi così prossimo, così vicino. Ecco l’imbarazzante stima: soltanto considerando un arco di tempo pari ad un anno, la percentuale degli omicidi rimasti impuniti è dell’83 %. Un esempio è il caso di Yara: un cubo di Rubik che non si riesce ad allineare. Come nuove perizie disallineano ciò che consideravamo risolto, con Amanda Knox e Raffaele Sollecito che potrebbero essere estranei all’omicidio di Meredith Kershner, secondo altre ricerche emerse dal processo di II grado. Tornando al delitto di Sarah Scazzi, lo zio Michele è stato prosciolto dall’accusa di omicidio, mentre restano in carcere Sabrina e Cosima, la cugina e la zia. In attesa di una puntuale ed ampia revisione a “Porta a Porta”, va precisato che già nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, fatto notificare dalla Procura di Taranto il primo luglio scorso, a carico di Michele Misseri non compariva più l’accusa di omicidio. Del delitto, nonché di sequestro di persona, sono accusate la moglie e la figlia di Michele, Cosima Serrano e Sabrina Misseri, chiuse in carcere, mentre Michele Misseri, insieme alle due donne, a un fratello e a un nipote, è accusato della soppressione del cadavere. Ha detto il gip Rosata che : ”i dubbi che fosse davvero lui l’assassino li ho avuti sin dal momento in cui l’ho interrogato nell’udienza di convalida del fermo”; mentre noi, incollati per mesi ai teleschermi o con gli occhi fissi sui giornali, ci siamo nutriti di dubbi crescenti. Ha ragione Nichi Vendola quando dice, provocatoriamente, che il delitto di Sarh è anche frutto del berlusconismo, cioè di quel totalitarismo mediatico che – secondo lui e noi – ha stravolto l’antropologia dell’Italia di una volta, quella della tv di stato e del maestro Manzi, degli sceneggiati educativi e dei seri programmi politici e di storia. La tv di oggi, la tv ideata e strategicamente infiltrata dal berlusconismo, si basa sulla strumentalizzazione dei corpi, attraverso un’operazione culturale che ci ha assuefatti alla banalità del male. Perché, come ho più volte scritto, il berlusconismo non è un’anomalia, non è un’insorgenza patologica ma qualcosa che permea l’autobiografia del Paese. C’è chi scrive che la morte è da sempre uno spettacolo, dal Grand Guignol ai film horror e la televisione è solo l’ultima piattaforma di una “passione necrofila” che appartiene alla storia dell’uomo. Ma il berlusconismo si alimenta ed alimenta tale passione, attraverso gogne pubbliche, folle festanti sotto ghigliottine mediatiche o plaudenti, sedute in comode e bianche poltrone, attorno al rogo della strega di turno. Vincenzo Russo nella sua tesi Trash TV, ci ricorda che a parola ”trash”, tradotta in italiano con il termine spazzatura, è spesso associata ad alcuni prodotti mass-mediatici dei quali si vuole sottolineare il basso o nullo valore culturale, la scarsa qualità, il carattere volgare o violento. Gli esperti in materia vedono nel trash un’evoluzione negativa della televisione generalista, che tende a spettacolarizzare ogni aspetto della vita sociale. Progressivamente però il trash ha assunto il carattere di categoria estetica, di vero e proprio genere televisivo che si rifà, principalmente, alla quotidianità ed alla ”tv del dolore”, prendendo sempre più piede nei palinsesti pubblici e privati, palinsesti che non ricercano alcuno verità, ma solo l’effetto, non ricercano alcuna chiarezza ma solo la spettacolarizzazione che intontisce e rimbecillisce, mostrandandoci ciò che ciascuno, in particolari momenti, potrebbe giungere a fare. L’ultima frontiera (per ora) di questa tv è il porno fai da te, inaugurata dal caso, del 2007, del sesso praticato e filmato in classe da alcuni giovani a San Benedetto del Tronto. Ma fose è più trash ancora la tv di Emilio Fede, che comico non è ma fa ridere più del Bagaglino, ma che ha i suoi sostenitori che credono, sia il giusto contraltare di destra , al’ingerenza di sinistra rappresentate dai vari Benigni e Fo. La cosa più grave e preoccupante è che la cosiddetta tv-spazzatura ha un vantaggio non indifferente per chi la “produce”: rende molto in termini di ascolti. Infatti, nella guerra degli ascolti, di frequente, la qualità va a perire in favore dell’audience.
Il discorso è controverso, se lo analizziamo illogico, eppure tutti criticano i reality-show, ma tutti, vuoi per piacere vuoi per curiosità, li guardano. E questo accade anche per tanti altri varietà o programmi di ipotetico intrattenimento, talk show e quant’altro. Tale martellamento mediatico non ci risparmia inoltre spot che si colorano di non-senso e atteggiamenti che invitano al consumismo e ad un’idea distorta di benessere e di bellezza, che impongono, sotto forma di valori, ideali che valori non sono. La tv, piccola scatola parlante, riposta in tutte le case e spesso anche nei locali pubblici, continua, anche nel terzo millennio, ad educare i suoi spettatori e, quindi, ad occupare uno spazio nettamente significativo.
Sì, perché anche quando trasmette un messaggio, qualunque esso sia, esso sortisce grandi effetti su quanti la guardano. Ma, forse, chiedere ai media, a partire dalla tv, di operare nel senso della chiarezza è troppo. Allora riduciamo le pretese, perché se la televisione facesse dei programmi migliori, più qualitativi evitando il trash standard che la contraddistingue, la gente si abituerebbe “al bello” e non ne potrebbe più fare a meno. E questo sarebbe un indubbio vantaggio. Ma, per ora, a partire dalle reti Mediaset e con poche eccezioni anche in Rai, ciò che la tv fa e persegue e l’anestizzazione e l’abbruttimento nella confusione di estetica e valori, dello spettatore. Scrive David Crucitti nel suo ottimo blog, che, in questo anno del Signore 2011, la tv spazzatura ha di gran lunga superato l’emergenza rifiuti della Campania: nulla più è vietato, ma cosa ancor più grave, agli occhi degli spettatoti dormienti, tutto è ormai divenuto normale amministrazione di uno stile di vita folgorato dall’autodistruzione fisica, mentale, sociale e culturale. Il dominio incontrastato del trash, la disinformazione, i messaggi subliminali, la precisa volontà di non raccontare al popolo la realtà dei fatti, sta mietendo vittime in numero crescente, zombie decerebrati che vengono giornalmente narcotizzati dai reality e dai programmi che sono pilotati ad arte affinché nessuno si accorga di cosa stia realmente accadendo. Trenta ani fa, in un suo film di valore (“Sbatti il mostro in prima pagina”), Marco Bellocchio affrontò questo tema, affermando una tesi che resta centrale e valida: i media sono schiacciasassi senza pietà, non in cerca di verità, ma solo di scoop che acquetino tutti.


07 Settembre 2011

Categoria : Cronaca
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