La Croce del Perdono e il Giglio
L’Aquila – (di Gianfranco Giustizieri, vice presidente Associazione internazionale di cultura Laudomia Bonanni) – L’undicesima “Croce del Perdono” che verrà indossata da S. Em.za il cardinale Angelo Comastri durante le funzioni per l’edizione 2011 della Perdonanza Celestiniana è ormai realizzata. Presentazione oggi alle ore 17, presso la sala “Talenti” Galleria Pegaso di Scoppito.
L’artista Laura Caliendo ha saputo trasferire in un gioiello di raffinata eleganza e di somma creatività i dolori e le speranze della città di Celestino.
La Croce pettorale del Giubileo aquilano unifica alcuni messaggi universali che sono l’essenza dell’umanità e di ogni chiesa: la liberazione dalla sofferenza ed il cammino oltre il dolore e la morte.
La luce policromatica dell’oro, dell’onice, della pietra vesuviana, colpisce il cuore e dona emozioni, la mente raccoglie le sensazioni e le dipana in pensieri.
Sono due i segni che si fondono in un unico simbolo: la croce priva del corpo di Cristo ed il giglio posizionato al centro dei bracci.
La simbologia della chiesa e l’iconografia pittorica hanno sempre interpretato la croce senza il Cristo come annuncio di Resurrezione, segno di sacrificio e di liberazione dell’uomo.
Il giglio, simbolo di castità e di devozione, è il fiore di Maria.
Ma un ulteriore ricordo perviene fino a noi dalla testimonianze architettoniche, religiose e letterarie. Il giglio aquilano, posto come capochiave di catene per ancorare i vetusti edifici dalle mura pericolanti, testimonia ancora la gratitudine degli antichi proprietari per essere scampati dal terremoto distruttivo del 2 febbraio 1703, il giorno della Purificazione, quaranta giorni dopo la nascita di Gesù.
Il fiore del terremoto è stato ora invocato come segno di unione di un tempo passato e di un tempo presente, per non dimenticare, in una terra che porta in sé il profondo sconvolgimento del sisma 2009.
La “Croce del Perdono” raccoglie questi significati e l’incarna in un unico simbolo: la Resurrezione dopo il lutto, la speranza per nuove primavere.
Il nero dell’onice ed il verde della pietra vesuviana riannodano il nostro filo della memoria.
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