Il TSA per vittime Marcinelle


Cepagatti – Sono le otto e dieci del mattino dell’8 agosto 1956. Una colonna di fumo nero fuoriesce dalla miniera di carbone di Marcinelle, in Belgio. A 975 metri di profondità si scatena l’inimmaginabile. Dei minatori scesi nel pozzo per il primo turno ne muoiono 262, di cui 136 italiani e di questi oltre la metà erano abruzzesi, soprattutto della provincia di Pescara.
In memoria di tutte le vittime di questa immane tragedia Drammateatro ed il Teatro Stabile d’Abruzzo presentano stasera alle ore 21, ad ingresso libero, a Cepagatti, in Piazza Roma, Musineri, monologo della miniera da “Disamori vecchi e nuovi” di Bruno Brancher, drammaturgia e regia Claudio Di Scanno, con Susanna Costaglione e Marco di Blasio e le immagini tratte da “dèjà s’envole la fleur maigre” di Paul Meyer.
Lo spettacolo fortemente voluto dall’Amministrazione provinciale di Pescara, dall’ Assessore alla cultura Fabrizio Rapposelli, vanta anche due premi prestigiosi: il Premio Franco Enriquez 2006 per la migliore interpretazione femminile e il premio per il migliore spettacolo 2008 alla Settimana Internazionale del Monodramma di Umag (Croazia) .
“A soffermarsi sulle immagini fotografiche e sui documenti filmati dell’epoca- racconta il regista Claudio Di Scanno- sono tante le cose che colpiscono, alcune in particolare hanno attivato un’associazione particolarmente stimolante: la folla tragica davanti ai cancelli della miniera di Bois du Cazier, la folla delle mogli, dei figli, delle madri, degli amici dei minatori ancora intrappolati nella fossa. Una folla “resistente” che vive nell’attesa, nel tempo sospeso, e che in qualche modo dilata il tempo della speranza, malgrado la oramai immutabile evidenza, perché “nessuno si permetta di dire che sono tutti morti””.
La vicenda è raccontata da un personaggio femminile quanto mai atipico, Nenè, La Flamand, delizioso personaggio da favola tragica che pare uscita da un film di Fellini (una specie di Giulietta degli Spiriti) o da qualche pezzo di letteratura picaresca. Così chiamavano Nenè “la flamande”, per via dei suoi capelli rossi e per l’animo impetuoso, che nel bar fuori dalla miniera svolgeva la doppia professione di “serva e amante”. Nenè ci racconta di Bigio, il milanese che voleva arricchirsi lavorando a cottimo in miniera; del Greco, finito in galera per questioni di gelosia, e di Nestore. O di Settimio, morto di silicosi con un chicco di uva tra i denti.
Lo spettacolo è realizzato nell’ambito di “Progetto Abruzzo” che vede il TSA promotore ed incubatore delle più vitali iniziative culturali del nostro territorio; sul palcoscenico un perfetto esempio dell’ attività dell’ente teatrale regionale in collaborazione con le amministrazioni provinciali.


23 Agosto 2011

Categoria : Cultura
del.icio.us    Facebook    Google Bookmark    Linkedin    Segnalo    Sphinn    Technorati    Wikio    Twitter    MySpace    Live    Stampa Articolo    Invia Articolo   




Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento

Utente

Articoli Correlati