La voce di “Salviamo Paganica”
Paganica – (Ottobre 2009, il centro di Paganica) – Scrive Berardino Zugaro: “L’associazione “Salviamo Paganica” è nata dopo l’evento sismico del 6 aprile 2009 per monitorare la gestione della beneficenza e per supportare la cittadinanza nelle problematiche relative alla ricostruzione.
Ciò posto non può esimersi dall’esporre delle considerazioni rivolte all’incontro che l’Amministrazione comunale ha tenuto presso il centro civico della delegazione per spiegare le direttive del Comune di L’Aquila in merito alla ricostruzione della zona rossa di Paganica.
Quanto appreso ha lasciato intendere che l’operato del comune non sarà diretto alla gestione di un piano o programma di ricostruzione che dir si voglia, ma molto più semplicemente all’allargamento delle “aree brevi” con le stesse normative già attuate per le aie del Colle.
Questa direttiva fortemente avallata dagli ordini professionali degli ingegneri, architetti e geometri nonché dalla X Circoscrizione, nelle persone dei pochi consiglieri e presidente presenti, contrasta irreparabilmente con quanto l’associazione ha recepito nel corso di numerosi incontri avuti con la cittadinanza e con esperti in materia di urbanistica, sismologia e geologia e ricostruzione post sisma. L’allargamento delle aree brevi non tiene in nessuna considerazione elementi importantissimi e che solo in questa occasione potranno essere realizzati, quali: la sicurezza sismica, il miglioramento urbanistico, la viabilità, i sottoservizi.
Per quanto riguarda la sicurezza sismica nessuna ipotesi di ricostruzione può ignorare la prevenzione. Dovremo ricostruire i nostri centri storici tenendo al primo posto la sicurezza di chi poi ci dovrà tornare. Non possiamo continuare a sbagliare! Non possiamo commettere gli stessi errori del passato quando discutibili scelte urbanistiche hanno permesso di costruire e/o ricostruire anche con errate modalità, nei posti meno idonei. E obbligatorio tener conto della microzonazione effettuata nel nostro territorio dopo il sisma e che ha messo in rilievo criticità geologiche in numerose zone del centro storico, oltre alla evidente faglia che ha prodotto il disastroso sisma. Non è possibile intervenire nella aree interessate dalla faglia e dalle fratture parallele alla stessa con l’allargamento delle aree brevi ricostruendo gli aggregati così come erano. In quelle aree, per la sicurezza dei cittadini, sarà necessario evitare la ricostruzione degli edifici secondo le sagome e le caratteristiche preesistenti oppure ricostruire con criteri tecnici adeguati. Queste determinazioni potranno essere adottate solo da un piano organico di ricostruzione.
C’e sicuramente bisogno di un piano di rigenerazione urbana e di sicurezza sismica del centro storico che da un lato si occupi del mantenimento della struttura urbanistica, dall’altro della mitigazione del rischio e cioè con il recupero fisico, sociale e funzionale del centro storico, ci sia contemporaneamente l’incremento della sicurezza per gli abitanti e le loro attività. C’è bisogno di evitare lo spopolamento del centro per la temuta insicurezza, di attivare la produzione sociale del paesaggio urbano condiviso dai cittadini, di recuperare il patrimonio identificativo delle tradizioni, della civiltà contadina e della propria storia culturale, di risarcire le ferite delle porzioni di territorio gravemente danneggiate dal terremoto, ma nello stesso tempo di individuare scenari di trasformazione per le aree maggiormente colpite dal sisma e prive di valore storico-architettonico necessari per consentire un sistema di percorsi e di spazi utili per la sicurezza.
Per il miglioramento urbanistico si deve tener conto dello spopolamento precedente il sisma che ha procurato un notevole abbandono di gran parte del centro storico con conseguente degrado degli edifici non abitati.
Ricostruire con aggregati senza un piano organico significherà ricostruire due o tre prime case per aggregato, lasciare forse solo con una riparazione strutturale tutti gli altri immobili e riavere nuovamente un centro quasi disabitato. E’ necessario utilizzare questa unica opportunità purtroppo fornitaci dal sisma ed evitare di spendere risorse pubbliche per ricostruire senza un futuro ipotetico utilizzo (vedasi gli esempi del Belice e dell’Irpinia e Umbria i paesi di Poggioreale, Salemi, Salaparuta, Melito, nonché Nocera Umbra), ricostruiti, ma ancora quasi disabitati.
L’opportunità presentatasi dovrà essere utilizzata per migliorare la vivibilità, la socialità e dotare le abitazioni anche di quei supporti oggi indispensabili. Dovrà essere utilizzata anche per migliorare la viabilità esistente sia da un punto di vista della sicurezza (accesso e vie di fuga in caso di calamità) sia dal punto di vista urbanistico nella realizzazione di percorsi che aggreghino gli abitanti, nonché per la realizzazione di aree di sosta nelle zone immediatamente limitrofe al centro storico.
Per i sottoservizi, non menzionati dall’Amministrazione comunale e dagli ordini professionali, in quanto da loro ritenuti ampiamente idonei e funzionali, quelli esistenti , il discorso si complica. Quelli esistenti già obsoleti e carenti in tutte le zone del centro, non possono essere ritenuti idonei per soddisfare le richieste di chi abiterà il centro. Impianti fognari, illuminazione, forza motrice, acqua, reti telefoniche, riscaldamento sono per intero da progettare e realizzare in funzione di come verrà ricostruito il centro.
E tutto ciò non si può fare in maniera semplicistica con gli aggregati senza studi preliminari dell’intero centro.
L’avallo alla proposta dell’amministrazione è avvenuto da parte di alcuni tecnici che non rappresentano l’intero mondo delle professioni tecniche locali, da rappresentanti del consorzio costruttori che anch’esso non rappresenta l’intero mondo imprenditoriale edilizio locale. E’mortificante che per scelte così importanti non sono stati sentiti i cittadini che dovrebbero invece essere gli attori principali della ricostruzione.
Inoltre, secondo la normativa sono stati fissati i termini per l’esecuzione dei progetti degli aggregati da predisporre entro sei mesi.; ed ancora i tempi prescrizionali posti determineranno per i tecnici la progettazione di interventi affrettati che porteranno a cantieri e future abitazioni non sicure. Il termine prescrizionale determinerà fretta, cattive progettazioni anche perché l’amministrazione non ha fissato dei limiti massimi di incarichi progettuali da eseguire per ogni professionista.
Ed ancora, all’interno della zona rossa le macerie non sono state minimamente toccate come pure i puntellamenti di ciò che potrà essere riparato non sono stati realizzati.
I mass media pur presenti fino alla fine dell’incontro non hanno riportato le riflessioni critiche di diversi interventi: ciò che è stato diffuso non è certamente la volontà della maggior parte della popolazione: la popolazione si è mostrata favorevole alle proposte fatte da esperti sul tema della ricostruzione con presupposti, indirizzi e determinazioni completamente diversi.
La onlus con il presente intervento pone a riflessione lo stato attuale dei fatti e si rende disponibile ad iniziare un percorso di sollecitazione verso l’amministrazione affinché provveda alle necessità della ricostruzione con provvedimenti normativi che tengano conto delle reali esigenze di noi tutti”.
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