Turismo, italiani affezionati alla loro cucina
GLI ITALIANI, si sa, sono più turisti che autentici viaggiatori, con quel tanto di nostalgica affezione a tutto ciò che è casalingo, quando sono lontani da casa per svago. C’è chi lo chiama inguaribile provincialismo. E la cosa italiana che tradiscono di meno è la cucina. Un italiano su cinque (20 per cento) quando e’ all’estero in vacanza sceglie la cucina italiana, anche se il 70 per cento preferisce provare i piatti del posto. E’ quanto emerge da un sondaggio online di www.coldiretti.it, da cui si evidenzia peraltro che solo il 6 per cento si accontenta dei prodotti globalizzati come hamburger e hot dog mentre un 4 per cento non fa differenze e mangia cio’ che capita. L’analisi evidenzia il forte attaccamento degli italiani alla propria tradizione gastronomica, che tuttavia all’estero viene spesso tradita da una diffusa “pirateria agroalimentare” che nel mondo – sottolinea la Coldiretti – utilizza impropriamente parole, colori, localita’, immagini, denominazioni e ricette che richiamano al nostro Paese per alimenti che non hanno nulla a che fare con la realta’ produttiva nazionale. Si stima che nel mondo su tre piatti presentati come italiani due contengano ingredienti che nulla hanno a che fare con la realta’ produttiva del nostro Paese. Il fatturato globale del Made in italy taroccato ammonta – sostiene la Coldiretti – a 60 miliardi di euro, pari a piu’ del doppio del valore delle esportazioni originali. I Paesi dove sono piu’ diffuse le imitazioni sono Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti dove ad esempio – denuncia la Coldiretti – appena il 2 per cento dei consumi di formaggio di tipo italiano sono soddisfatti con le importazioni di formaggi Made in Italy, mentre per il resto si tratta di imitazioni e falsificazioni ottenute sul suolo americano con latte statunitense in Wisconsin, New York e California. Ma a preoccupare sono anche le tendenze di Paesi emergenti come la Cina, dove il falso Made in Italy e’ arrivato prima di quello originale e rischia di comprometterne la crescita. Se in alcuni casi l’”inganno” e’ particolarmente evidente con l’offerta nei menu di “specialita’ italiane” come gli spaghetti alla bolognese completamente sconosciuti nella citta’ emiliana o le fettuccine Alfredo che niente hanno a che fare con quelle del noto ristorante romano, in altri e’ piu’ difficile da scovare perche’ riguarda gli ingredienti di piatti dal richiamo familiare. Le imitazioni del parmigiano reggiano e del grano padano sono con il Parmesan la punta dell’iceberg diffuso in tutto il mondo, ma c’e’ anche – sottolinea la Coldiretti – il Romano prodotto nell’Illinois con latte di mucca anziche’ di pecora, o la Fontina danese e svedese molto diverse da quella della Val d’Aosta, l’Asiago e il Gorgonzola statunitensi o il Cambozola tedesco imitazione grossolana del formaggio con la goccia. La lista e’ lunga – precisa la Coldiretti – anche per i salumi con la presenza sulle tavole del mercato globale di pancetta, coppa, prosciutto Busseto Made in California, ma anche di falsi salami Toscano, Milano e di soppressata Calabrese tutelata dall’Unione europea come prodotto a denominazione di origine”.
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