Carispaq, il sorriso della Gioconda
L’Aquila – (di Gianfranco Colacito) – I volti femminili dipinti da Leonardo non hanno mai sorriso. Come mai? Semplice, il pittore non era capace di dipingere i denti. Così, semplicemente ma realisticamente, la gente spiega l’arcano. E’ credibile che ciò che accadeva a Roma, nell’agenzia n.1 della Carispaq in corso Vittorio Emanuele, fosse ignoto al vertice della banca a L’Aquila? Cioè, L’Aquila non sapeva nulla di ciò che Roma – la propria sede più importante – faceva? Plausibile? Possibile? Credibile? Come per il sorriso della Gioconda, la logica popolare, la vox populi, risponde: incredibile. Ai magistrati ciò dovrà essere spiegato tanto da convincerli. Un’impresa davvero ardua.
Per ora, maximulta della Banca d’Italia alla Carispaq, e tre alti funzionari indagati: gli ultimi tre direttori della sede romana, Maria Gabriella Valentini, Roberto D’Alessandro, Marco Maddalena. L’ultimo direttore attuale. E’ questa, in sintesi massima, l’opinione che hanno maturato stando ai fatti e all’inchiesta giudiziaria, dei magistrati romani, opinione pubblica e ambienti “che contano” sia a L’Aquila, che a Roma.
Di palmare, lo sconcerto delle migliaia di clienti aquilani e del resto della provincia, ma anche delle altre numerose sedi Carispaq a Pescara e in altre città abruzzesi e non abruzzesi, nell’incalzare delle notizie di cronaca sulla banca aquilana, anzi, come si autodefinisce, “la banca degl aquilani”. Un pilastro per la città , una presenza storica, un istituto aperto e radicato (specie con la direzione di Rinaldo Tordera) nel territorio. Un fondamento dell’economia e degli affari, del risparmio, delle attività produttive, artigianali, commerciali, tesoreria di enti, fonte di credito, importante durante il post-terremoto, centrale culturale, e cos’altro si vuole aggiungere. Carispaq a L’Aquila è molto di più di un nome contratto, che sta per Cassa di risparmio della Provincia dell’Aquila.
A Roma, evidentemente, la Carispaq si era fatto largo e spazio, diventando banca dei vip, collettore di flussi di denaro ingenti finiti, poi, in gran parte come tutti sanno, nelle mani di imponenti truffatori, e nel giro delle banche compiacenti al di qua e al dià dell’oceano Atlantico. Possibile che i dirigenti della banca a Roma ignorassero? Ma soprattutto, possibile che L’Aquila ignorasse ciò che accadeva a casa sua a Roma? Comunque vada a finire, e ammesso che non sia vero (ancora no, almeno) che nel mirino dei giudici ci sono diverse altre persone, il vulnus alla Carispaq c’è e rimane, e chi sa quali sconvolgimenti provocherà in avvenire. Basta pensare a cosa potrà accadere nel processo futuro, cosa potrà venir fuori da accusatori, difensori e testimoni. E naturalmente, dalle parti lese, gente alleggerita di bei soldoni. I guai sono solo all’inizio, come in ogni caso giudiziario. E la Carispaq dovrà sudare sette camicie per rifarsi una verginità al cospetto dei suoi veri clienti: gli aquilani prima di tutto. Doloroso, tutto ciò, per chi percepiva la banca come un porto sicuro, una presenza solida in città , quasi un percorso inevitabile di ogni tentativo di imprenditoria, di credito, di vicinanza economica. Tutto questo scotta e amareggia. Ma proprio per questo, esige che sia fatta luce su tutti e tutto.
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