Crollano le borse? Anche le angurie… – Scandalosi aumenti per la frutta
FRUTTA: AGRICOLTORI ALLA FAME, CONSUMATORI STRANGOLATI, AUMENTI SFACCIATI – Chiamatelo se volete “citrullus ianatus”, oppure cocomero dal latino cucumis, anguria dal greco agurion. E’ il re dell’estate, non fa male a nessuno, è dolce, divertente e costa poco. Evidentemente, ancora meno costa quello straniero e così crisi profonda per la produzione italiana, che in parte non rilevante riguarda anche l’Abruzzo del Sud. Insieme con le borse, crolla anche il forte mercato dei cocomeri, che in estate non è irrilevante: gli affari portano a calcoli di molti milioni di euro. Ma non per i nostri produttori.
Nella crisi generale dell’ortofrutta finisce anche il prodotto ‘simbolo’ dell’estate. Non solo albicocche e susine, cetrioli e melanzane, pesche e nettarine: il crollo verticale dei consumi ha investito in pieno anche l’anguria ‘made in Italy’, travolta dagli effetti del ‘batterio killer’ e dall’importazione selvaggia dai paesi del Mediterraneo, in particolare dalla Grecia. La conseguenza piu’ immediata e’ stata un calo complessivo delle vendite tra giugno e luglio superiore al 25 per cento, ma con punte del 70 per cento al Sud. Soprattutto in quelle regioni a forte produzione di cocomeri come la Puglia e la Calabria. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori. In questo momento l’anguria dovrebbe essere raccolta e venduta senza sosta – spiega la Cia – perche’ siamo nel pieno della campagna, e invece non si riesce a collocarla a un prezzo minimamente remunerativo per i produttori. Le aziende agricole sono alle strette: da un lato si scontrano con la flessione decisa dei consumi di frutta, un ‘regalo’ della psicosi da Escherichia coli, che solo a luglio ha portato a una contrazione dei prezzi all’origine del 31,1 per cento congiunturale (ma i cocomeri hanno perso il 46 per cento). Dall’altro, subiscono la concorrenza greca che e’ davvero difficile da sostenere. L’esempio piu’ lampante e’ proprio quello dei cocomeri, venduti all’ingrosso a meno di 10 centesimi al chilo franco-arrivo. Per poi giungere sulle tavole a 60-70 centesimi al Kg. Di conseguenza, insiste la Cia, la scelta drammatica che si pone oggi agli agricoltori italiani e’ tra vendere il prodotto assolutamente sottocosto o lasciarlo marcire nei campi, per risparmiare almeno le spese di raccolta. Una scelta non semplice, considerando i costi che ci sono dietro – ricorda la confederazione – se si considera che l’investimento ad ettaro per la produzione di angurie e’ pari a 7mila euro (tra la preparazione della terra, le piantine, i trattamenti fitosanitari, le irrigazioni continue, la manodopera) e che la resa produttiva, sempre per ettaro, e’ di 300 quintali, si capisce bene che con un guadagno di 10-15 centesimi al chilo non si coprono neppure la meta’ delle spese sostenute. Ecco perche’ bisogna correre ai ripari. L’emergenza “angurie invendute” ha gia’ causato danni per quasi 20 milioni di euro solo ai produttori agricoli e per circa 45 milioni se si considera l’indotto.
FRUTTA, AGRICOLTORI E CONSUMATORI STRANGOLATI – I prezzi pagati agli agricoltori per la frutta estiva sono crollati con un calo medio del 29 per cento, ma sugli scaffali per i consumatori continuano incredibilmente a salire con un aumento medio dell’1,6 per cento. E’ quanto emerge da una analisi del Coldiretti divulgata in occasione dell’iniziativa ‘Meglio regalare frutta e verdura che svenderla’, sulla base dei dati Ismea e Istat relativi al mese di luglio. Una mobilitazione, per denunciare “lo scandaloso aumento della forbice dei prezzi tra produzione e consumo – si legge in una nota – nell’estate della crisi che danneggia imprese agricole e cittadini”. Per la prima volta alla mobilitazione della Coldiretti hanno partecipato tutti insieme i coltivatori di pomodori, peperoni, melanzane, angurie e pesche che hanno offerto gratuitamente decine di quintali di prodotto, da piazza Santi Apostoli a Roma in tutta Italia, come sulle spiagge di Margherita di Savoia, in provincia di Foggia e Mondragone in provincia di Caserta o sulle strade di Verona dove i trattori della Coldiretti hanno consegnato la frutta locale a alcuni enti caritatevoli, mentre domani la distribuzione con motonave avverra’ nella costiera amalfitana sulle spiagge di Amalfi, Maiori e Vietri Sul Mare. Solo per fare qualche esempio, Coldiretti ricorda che nel 2011 le pesche e le nettarine vengono pagate la meta’ rispetto a dieci anni fa al produttore agricolo che per potersi permettere un caffe’ al bar ne deve vendere cinque chili. Ma mentre i prezzi della frutta riconosciuti al produttore in campagna crollano – denuncia la Coldiretti – per i consumatori sugli scaffali del supermercato aumentano. Si tratta del risultato – precisa Coldiretti – delle distorsioni e delle speculazioni che si verificano nel passaggio della frutta dal campo alla tavola. “A causa delle inefficienze e delle eccessive intermediazioni nel passaggio della frutta dall’azienda agricola al carrello della spesa”, si legge ancora nella nota, “i prezzi almeno triplicano, ma possono aumentare anche di 5 o 6 volte. Quest’estate si e’ allargata senza giustificazioni – sottolinea la Coldiretti – la forbice dei prezzi della frutta fresca tra produzione e consumo. Una situazione che danneggia gli agricoltori costretti a lavorare in perdita, ma anche i consumatori che potrebbero acquistare maggiori quantita’ e a condizioni piu’ vantaggiose”.
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