Ricostruzione case popolari, due anni di nulla, domani nuova protesta
L’Aquila – Una tra le tante domande che pare logico e inevitabile porre, e che come tante altre non avranno risposta. Per quale motivo oscuro l’edilizia residenziale pubblica nel cratere sismico non è stata rimessa in piedi? Che risulti, gli alloggi a posto sono pochissime e la inopportuna cerimonia di riconsegna di qualche appartamento a L’Aquila, settimane fa, non ha fatto che peggiorare la situazione e stimolare il Mia Casa ed altri a porre e riporre il problema, con encomiabile caparbietà . ma senza risultati apprezzabili. Alla domanda principale (perchè, per quale motivo) se ne possono far seguire altre: i soldi ci sono oppure no? Se ci sono, di chi è la colpa delle inerzie e dei ritardi? A quali livelli burocratici o politici si è fermata, anzi non è mai partita, questa ricostruzione, che pure doverebbe seguire vie meno traverse e complicate dell’altra, della generica? Sono cose che si chiedono e chiedono gli inquilini (migliaia di persone, non poca cosa) che martedì insceneranno un’ennesima manifestazione di protesta all’Emiciclo. Il consiglio regionale alla fine riceverà una delegazione, si impegnerà , e ricomincerà l’attesa. La ricostruzione in molti casi dovrà essere radicale, in altri consisterà in interventi di messa in sicurezza. Vi sono interi quartieri che aspettano, un’infinità di famiglie, certo non delle più abbienti, sistemate alla meglio, che chiedono di poter tornare a casa.
Secondo il Mia Casa di Pio Rapagnà , che da due anni si occupa del problema, si tratta di alloggi ex-Ina Casa, ex-Incis, ex-Inpdap, ex-Gescal, ex-Enti Previdenziali e Assicurativi pubblici, ex-Iacp, Ater, Case Parcheggio e alloggi per la emergenza abitativa dei Comuni. La cosiddetta categoria del social house. Mezza città periferica e sede di residenzialità tra le meno ricche di mezzi, tra L’Aquila e i tanti altri centri danneggiati. Quasi un fenomeno sociale. Tutti, da Rapagnà in poi, chiedono date e scadenze certe, regole valide, magari un provvedimento legislativo ad hoc.
Come parlare delle fasce meno fortunate e meno “pesanti” per la politica e per la burocrazia, altrimenti le cose sarebbero andate diversamente, anzichè obbedire alle solite mefitiche regole dei tempi burocratici, dei passaggi di scartoffie, dei timbri e dei pareri. La verità dei fatti è che, evidentemente, ricostruire la città dei senza voce, di chi vive arrivando con fatica a fine mese, dei derelitti, a chi prende le grandi decisioni importa assai meno dei meandri gelatinosi, dei rapporti con le imprese e con i fortunati che avranno gli appalti e gli incarichi.
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