La questione morale in Abruzzo
L’Aquila – (di Pio Rapagnà, ex deputato) – In Abruzzo, tutte le disgrazie hanno inizio dalla “questione morale” e le stesse enormi conseguenze materiali, umane e sociali di un terremoto, non sono estranee al malgoverno ed alla corruzione politica ed amministrativa ormai radicatasi in Abruzzo e in una buona parte della sua classe dirigente.
Già il compianto Prof. Sergio Turone, giornalista, studioso e politico ha raccontato la “Politica ladra” dall’unità d’Italia fino agli anni 1992-93 di mani pulite e di tangentopoli, anche nella nostra Regione ed ha parlato di “gasparismo” di cui da allora nessuno ha mai più avuto il coraggio di “ventovare” e che in questi giorni è ritornato agli onori della cronaca a seguito della scomparsa del leader politico indiscusso, On. Remo Gaspari, che di quel sistema è stato il promotore e rappresentante, nel bene e nel male.
Per tanti anni ho lottato, anche da solo e specialmente come parlamentare abruzzese aletto nel 1992 nella Lista di Marco Pannella, per denunciare e prevenire quello che poi si è rivelato essere la “madre” di tutta la corruzione e del proliferare dei costi e degli sprechi della politica in Abruzzo e cioè, solo per fare alcuni esempi, noti e meno noti:
- la gestione “fortemente debitoria” della ex-SARA (2.348,5 miliardi di lire di debiti accertati dalla Corte dei Conti e rilevati nella relazione al Parlamento del 1978) puntualmente trasferita all’ANAS ed agli esercizi successivi delle Autostrade A/24 ed A/25;
- la situazione disastrosa ed incivile della Edilizia Ospedaliera e Carceraria con alcune strutture e servizi che cadono letteralmente a pezzi;
- l’uso degli innumerevoli finanziamenti (60.000 miliardi di lire) per la sanità pubblica e per le cliniche private e per la psichiatria (“miliardi a palate” ad Enti Pubblici e privati), portate allo sfascio, alla disintegrazione e all’indebitamento.
Per anni abbiamo aspettato l’intervento della Magistratura e finalmente abbiamo scoperto che anche in Abruzzo esisteva “il sistema” messo in piedi dalla “casta” dei politici, degli amministratori, dei costruttori e speculatori pubblici e privati.
Si è sviluppata e si consolida quotidianamente nella nostra Regione la presenza, in particolare lungo la fascia costiera e nella Marsica, di una illegalità diffusa a livello economico con un giro di affari miliardario e una illegalità amministrativa in un’area che assorbe il 70 per cento dell’attività complessiva della Regione”, mentre tanti politici “di grido” hanno fatto finta di nulla, atteggiandosi ad allegri e spensierati “gagà” della politica e della spesa pubblica. E questo in presenza di scaldali che hanno decapitato i vertici politici ed amministrativi di Comuni e Regione: il che non sembra far presagire cose non buone per il futuro dell’Abruzzo.
Questa classe politica ed i loro supporter clientelari, già a partire dal 2007, non hanno trovato il tempo, la forza ed il coraggio di recarsi a firmare per i referendum, per due volte consecutive promossi dal Comitato Città per Vivere, sui costi della politica e per lo scioglimento di buona parte degli “enti strumentali” inutili della Regione, delle Province e dei Comuni: quali riforme possono fare, concretamente, coloro che oggi, in Abruzzo, hanno preso il testimone della “politica del passato”?
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