Ingegneri, anni persi nell’Erebo


(di G.Col.) – Quando una città finisce in briciole, da che mondo è mondo, viene ricostruita. Facile previsione. Ci azzeccherebbe persino un chiaroveggente, un mago da tv di quart’ordine. Il discorso vale per L’Aquila, dove da ricostruire è l’intero centro, più annessi e connessi. Solo adesso, 27 mesi dopo il disastro, si mette in piedi un accordo con gli ingegneri. E una volta ancora (che sfinimento) si annuncia al mondo che “ora la ricostruzione può partire”.
Forse siamo noi a non riuscire a star più dietro ai tempi e alle persone. Potrebbe darsi: anche i tenaci, alla fine, si logorano. Forse però sono le persone, la gente, il mondo, a non poter più essere seguito conservando un rigore logico. Forse è inevitabile che prevalgano follia, squilibrio, sconnessioni a tutti i livelli. Ma una domanda ci deve essere consentita. Se un accordo è possibile ora, perchè ci è voluto tanto per raggiungerlo? Sicuramente doveva essere possibile anche prima, anzi, più agevolmente, quando gli studi tecnici non avevano le centinaia di incarichi professionali che oggi li oberano. E li cercavano. Un dolce peso, che farà molti ricchi e molti agiati. Ecco, questo tipo di interrogativi ci turba, mentre si profila netta la sensazione dell’incombenza di un Erebo nel quale finirà tutto, e piomberanno tutti. Oppure faremo in tempo a salvarci, chi sa quale prezzo. Già, perchè in fondo, è sempre e solo questione di prezzo. Pecunia non olet, neppure quando germoglia sulle macerie con bamboline spettinate, pettini sdentati, specchi che riflettono orbite vuote. Teschi di vite perdute.



15 Luglio 2011

Gianfranco Colacito  -  Direttore InAbruzzo.com - giancolacito@yahoo.it

Categoria : Editoriale
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