“Monnezza”: per WWF no fuoco, ma riciclaggio


L’Aquila – RIFIUTI, UN AFFARE TROPPO GROSSO PERCHE’ QUALCUNO RISOLVA DAVVERO IL PROBLEMA – L’Abruzzo non sarà ricco, ma di “monnezza” ne produce tonnellate al giorno e da decenni nessuno ha mai davvero affrontato il problema dei rifiuti. Ora la Regione, per bocca di Chiodi, torna all’antico: bruciare i rifiuti. Termovalorizzatore, si chiamano, ma sempre fuoco è. Esattamente come 30 anni fa: a L’Aquila c’era un bruciatore di rifiuti a Bazzano. E non solo a L’Aquila. Solo che sono passati molti anni, e oggi, assicurano docenti, specialisti, tecnici e sicuramente anche chi i termovalorizzatori li costruisce (costano montagne di quattrini, un affarone il pattume), gli impianti sono evoluti, tecnologicamente avanzati, “sicuri” per quanto può esserlo un macchinario che in sostanza brucia “monnezza”. Tutti pensano agli impianti, se ne parla ovunque, si ricorda che in altri paesi ne esistono, anzi portiamo lì i nostri rifiuti, paghiamo per conferirli, gli altri riescono a farne energia che poi rivendono all’Italia. A caro prezzo, perchè noi di energia ne vogliamo tanta, anche se tutti si rifiutano di accettare impianti. Di qualsiasi tipo. La monnezza no, se la tenga chi la produce… Fino ad oggi, in Abruzzo, si sono spesi quattrini in misura enorme, parecchi sono finiti sotto inchiesta, l’affare pattume attira e seduce, ma soluzioni non se ne vedono.
Chi sa come avranno fatto per esempio in Inghilterra, che è un arcipelago, e quindi la monnezza ha dovuto sistemarla nel migliore dei modi già da tanto tempo. Forse bisognerebbe andare a vedere.
Ai propositi di Chiodi (termovalorizzatori) ha risposto, immancabile, il WWF, dicendo che tali impianti “fanno male alla salute”, specie quella dei bambini. E’ sicuro, è scritto, è confermato, per gli ambientalisti. Bisogna pensare a ridurre il pattume (accordi anche con le aziende per produrre meno contenitori), a riciclare e a differenziare. L’Abruzzo è al 30% della differenziata, e solo fra pochi mesi avrebbe l’obbligo di raggiungere il 65%. Non ci riuscirà mai, ovviamente: basta vedere come si svolge il servizio, nei centri grandi e piccoli, e si capisce che un risultato autentico non lo raggiungeremo in tempi ragionevoli. La gente non usa i contenitori di diversi colori distribuiti dai comuni, non espone i rifiuti la mattina alle 7 secondo i giorni della settimana, caso per caso. Confusione, fastidi, complicazioni. La gente riempie un sacco grosso, poi lo carica in auto e va a gettarlo in campagna o nelle tante discariche che si trovano ovunque. Abusive, s’intende. In alcuni casi, come a L’Aquila, il sindaco Tempesta si giocò tutto su un impianto di trattamento che non è stato mai fatto: le incompiute aquilane sono celeberissime. Praticamente, tutto è incompiuto. E i rifiuti si trasferiscono altrove, pagando costi salati. Così altrove, più o meno. Tutto ciò che è avvenuto, tirando le somme, è l’ennesima diatriba su termovalorizzatori sì e no. Argomento in cui la politica inzuppa il biscotto. Ogni tanto l’incubo del “rischio Napoli” qua e là, tanto per tenere sveglia la gente. A Brescia da 30 anni con i rifiuti fanno i soldi, danno acqua calda gratis a tutti e ogni cosa fila liscia. Sembra un altro mondo. Chi sa se qualcuno dei nostri cervelloni è mai andato lassù a tentare di capire come hanno fatto. Forse sarebbe troppo semplice e per niente caro imitarli. E allora lasciamo perdere: se le cose non costano molto, moltissimo, non c’interessano: preferiamo le emergenze e i salvatori della patria. Pardon, della monnezza.


10 Luglio 2011

Categoria : Cronaca
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