Tre Marie, libro e mostra d’arte
(di Francesco Lenoci -Docente Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano -Vicepresidente Associazione Regionale Pugliesi – Milano) - (Foto: il ristorante Tre Marie, giugno 2010) – Certe sere le parole non riescono a trasmettere ciò che si prova nella mente e nel cuore. Questa sera, 28 giugno 2011, all’Aquila, presso la Sala Conferenze “Tre Marie”, dove mi trovo per aver accolto un quanto mai gradito invito, è per me una di quelle sere. . . .
Permettetemi, allora, di raccontarvi dov’ero e cosa ho fatto questa mattina.
Da Milano, alle 6,07, ho inviato un sms a Dino Abbascià, presidente dell’Associazione Regionale Pugliesi di Milano. Gli ho chiesto di poter riproporre gli odierni eventi (presentazione del Libro e inaugurazione della Mostra d’Arte), dopo L’Aquila, a Milano.
Mi ha risposto con un altro sms alle 6,20.
“Sei autorizzato e pregato di riproporli a Milano. Porgi i saluti a tutti i presenti all’Aquila: ogni italiano ha un pezzo di cuore in quel territorio”.
È vero: alle 6,53 ho scritto su facebook “Francesco torna all’Aquila” e in tanti hanno cliccato “Mi piace”.
Alle 11,00, sul Freccia Rossa Milano-Roma, ho letto Il Sole 24-Ore. Nel Rapporto sull’Emilia Romagna c’è un’intervista a Massimo Bottura, proclamato Cuoco dell’Anno 2011 dall’Accademia Mondiale di Gastronomia.
Mi ha colpito un passaggio: “All’Osteria Francescana di Modena il miglior cuoco del mondo serve piatti della tradizione del suo territorio”.
La spiegazione fornita da Massimo Bottura è la seguente: “Occorre guardare al passato riattualizzandolo in chiave contemporanea. Il che non significa affatto seguire la moda, ma vivere il tempo presente”. (Cfr. pag. 19).
Sono sobbalzato: quel concetto non era nuovo per me. Ma dove l’avevo appreso?
È incredibile a dirsi, ma l’ho letto nel Libro di Errico Centofanti “Quel Ramo di Mandorlo”, One Group Edizioni, giugno 2011, che racconta fatti e personaggi del leggendario Ristorante Aquilano Tre Marie. . . . uno dei motivi per cui mi trovo all’Aquila!
Si tratta del principio etico e professionale che don Peppe Scipioni definisce “Semplicità”.
“Semplicità”, infatti, “vuol dire pure rifuggire dall’innovazione fine a se stessa e sapersi attenere alla tradizione, pur senza rinunciare a interpretare con garbo ogni ragionevole esigenza di attualizzazione”. (Cfr. pag.131).
La conclusione è una ed una sola: il DNA dei grandi ristoratori italiani è rimasto invariato nel tempo!
Sono arrivato all’Aquila alle 16,00. Giusto in tempo per dare un contributo al posizionamento dei faretti che illuminano la preziosa Mostra, allestita presso la Sala Conferenze “Tre Marie”, di opere d’arte provenienti dal Ristorante Tre Marie.
Sia lode e gloria a Alido Venturi per aver voluto condividere, nel capoluogo abruzzese fino al 15 luglio 2011, e nel capoluogo lombardo nel prossimo autunno, la gioia di osservare capolavori quali: “Donne in Costume” (di Carminio Visintini), “Tre Marie Profane” (di Giuseppe Scarlattei), “La Sala dei Teleri” (di Teofilo Masulli), “Donne in Costume Abruzzese” (di Carminio Visintini), “Natura Morta” (di Giuseppe Scipioni) . . . .
Per quanto concerne il Libro, Ernesto Di Renzo conclude così la sua postfazione: “La narrazione di Errico Centofanti in Quel Ramo di Mandorlo non solo beneficia di una prosa fluente, di un linguaggio ricercato e di un pensiero quanto mai raffinato, ma si avvantaggia soprattutto della capacità di chi scrive di non chiudersi mai nella viscosità di un localismo discorsivo facente da sfondo al piano dei ricordi personali. Ciò rende la lettura di queste pagine un’esperienza condivisibile ed apprezzabile anche da parte di chi (come me) quel Ramo di Mandorlo non ha mai avuto la fortuna di poterlo ammirare”.
Sottoscrivo; sia lode e gloria a Errico Centofanti per Quel Ramo di Mandorlo.
Mi permetto di aggiungere che io Quel Ramo di Mandorlo l’ho visto. . . . il 18 marzo 2009. Se ne stava freddo e morto, come il resto del Ristorante Tre Marie.
Mi venne in mente la frase di Robert De Niro in “C’era una volta in America”, quando portò la ragazza di cui era perdutamente innamorato in un ristorante stranamente deserto: “Avevi detto che ti sarebbe piaciuto un ristorante al mare. Fuori stagione sono chiusi. E io l’ho fatto aprire”.
Nel 2009, il Ristorante Tre Marie era “fuori stagione” già da qualche anno.
Ieri non mi davo pace leggendo “La storia delle Tre Marie” di Amedeo Esposito pubblicata su Il Messaggero d’Abruzzo del 18-19 dicembre 2005. Perché . . . .è una storia che mi affascina, che mi intriga.
Un’ora fa ho visto illuminarsi il volto di don Paolo Scipioni, quando Alido Venturi gli ha mostrato un Menù delle Tre Marie del 20 settembre 1958.
Sabato 25 giugno non riuscivo a darmi pace leggendo il pezzo del Corriere della Sera “New York scopre gli italiani di qualità: la consacrazione a Manhattan dei nostri ristoratori”.
Perché non mi davo pace?. . . .perché il Ristorante Tre Marie, un tempio della cultura culinaria, artistica e letteraria, non ha avuto l’intuizione di aprire a New York? . . . perché è chiuso anche all’Aquila?
Io non so rispondere. Posso solo constatare che oggi (28 giugno 2011) è ancora “fuori stagione”.
È un errore blu . . . .non mi stanco di ripeterlo dal 18 marzo 2009 . . . .è un errore blu! L’Aquila non può permettersi di trascurare le sue glorie. L’Aquila deve curare le sue glorie come un vaso di fiori alla finestra. La cura delle glorie è un grande, inestimabile valore, che va trasmesso ai bambini, ai giovani.
“Tradizione”, diceva Gustav Mahler di cui ricorre nel 2011 il Centenario, “non è culto delle ceneri, ma custodia del fuoco”.
Il 18 marzo 2009, oltre a quella di De Niro, mi è venuta in mente un’altra frase, di un poeta romantico inglese (Percy Bysshe Shelley): “If Winter comes, can Spring be far behind? (se arriva l’Inverno, può la Primavera essere molto lontana?)”.
La risposta …. logica …. è no. E, infatti, il 18 marzo 2009 nelle Tre Marie abbiamo parlato di zafferano, di mandorle …. del mandorlo.
L’ho scritto in questi ultimi giorni su tante bacheche di facebook, lo ripeto oggi: “In primavera, il mandorlo incanta lo sguardo con il suo meraviglioso fiorire, in grado di risvegliare negli uomini, dopo il grigiore dell’inverno, la gioia di essere al mondo”.
E allora voglio, desidero. . . .anelo credere che all’Aquila si possa realizzare la fiaba della contadina e del secchio col buchino raccontata da Alido Venturi nella sua postfazione al Libro. Bisogna crederci, perché non basta più enunciare la Speranza, ma occorre organizzarla.
Agli organizzatori della Speranza rivolgo i meravigliosi pensieri di un grande profeta, don Tonino Bello:
“Chi spera, non fugge: cammina . . . .corre . . . .danza.
Cambia la storia, non la subisce.
Costruisce il futuro, non lo attende soltanto.
Ha la grinta del lottatore, non la rassegnazione di chi disarma.
Ha la passione del veggente, non l’aria avvilita di chi si lascia andare.
Ricerca la solidarietà con gli altri viandanti, non la gloria del navigatore solitario”.
Concludo confidando, come sempre, sulla cortesia degli Aquilani: quando Robert De Niro verrà a visitare le Tre Marie . . . . reinvitatemi.
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