10 anni per rifare parte del centro? E’ un sogno…
L’Aquila – 340 CONSORZI E ALTRI 1700 IN ARRIVO – LA GENTE “NON E’ ANCORA TUTTA ASSISTITA” – Il Comune fa il punto sulla ricostruzione (che comunque non è ancora partita), tira le somme, sforna numeri. Lo fa in tv, come è ormai costume dei vertici comunali. Il sindaco Cialente dice in tv: “Io non polemizzo, io grido sui problemi della mia comunità ”. E’ la sintesi del messaggio diffuso oggi. Protagonisti l’assessore Di Stefano e il sindaco. L’assessore parla di 340 consorzi per la ricostruzione, e di 1700 almeno prevedibili. Rivendica al Comune la scelta di aver chiamato la gente ad aggregarsi, che pare stia dando risultati, almeno sulla carta, perchè di fatto non c’è ancora un solo cantiere. E anche l’ottimismo della politica deve fare i conti con la realtà : “Sarei felice se almeno il 70% della ricostruzione del centro potesse avvenire entro 10 anni” confessa Di Stefano. A suo tempo Bertolaso aveva detto: “A 10 anni ci metterei la firma…”. Premonizione dell’ex capo della Protezione civile, o solo senso di concretezza? Sì, perchè usare i condizionali (“sarei contento”) vuol dire che di anni ce ne vorranno almeno il doppio. Nei piani c’è anche la rinascita del cosiddetto asse centrale (da Porta Napoli alla Fontana Luminosa), con annessi e connessi, compreso palazzo Centi. Sarebbe bello, dice Di Stefano, se vi tornasse la sede della Regione, la presidenza. E’ La Regione a dover pensare al progetto, a muoversi. Ma forse qualcuno ha dimenticato che palazzo Centi non è della Regione: lo abitava in fitto, e voleva sbarazzarsi di quell’onere pesante.
Il sindaco, smunto e scamiciato in tv, mette in luce un problema: ricostruire il centro? Penso a Norcia, Gemona, città distrutte dal sisma e ricostruite, ma oggi vuote, puri scenari di rappresentanza. Rivitalizzare, per Cialente, è riportare la vita, le attività produttive, i negozi, le banche. Altrimenti, scenari surreali, volti dalle orbite vuote, un po’ come Venezia lungo il Canal Grande. La maggior parte dei palazzi sono vuoti. Il sindaco conferma la voglia di uscire dalla SGE (poi magari ci ripenseranno, è già accaduto…), lamenta che a soffrire siano sempre i più deboli, ricorda che ci sono “gravi problemi, dopo oltre due anni, per l’assistenza alla popolazione”. La meno fortunata, naturalmente, che si sente sbattere in faccia regole e diritti, scartoffie e cavilli burocratici. Nemmeno a Bisanzio la vita del cittadino era tanto difficile, estenuante. Roba da voltastomaco. 27 mesi, e c’è ancora gente che soffre per avere un tetto e un pasto. Chiodi? Cicchetti? Il governo? Il Comune? La regione? Alla gente che ancora non sa come sarà il suo giorno dopo importa poco. La popolazione ancora non è tutta dignitosamente assistita. Ed è difficile, in queste drammartiche condizioni, solo immaginare una rinascita: pare utopia.
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