Giornata mondiale del Rifugiato
(di Carlo Di Stanislao) – Si celebra oggi in tutto il mondo il LX Anniversario della Giornata Mondiale del Rifugiato, dal primo accordo internazionale (Convenzione di Ginevra del 1951), che impegnò gli stati firmatari a concedere protezione a chi fugge dalle persecuzioni per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche. Ieri, l’Ambasciatrice di Buona Volontà dell’UNHCR Angelina Jolie, ha raggiunto l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati António Guterres a Lampedusa, dove hanno incontrato i migranti fuggiti dai conflitti in nord Africa e arrivati sull’isola via mare ed oggi l’Unhcr ha organizzato a Roma una conferenza a alla presenza del Presidente dalla Repubblica Giorgio Napolitano. Nonostante i profondi cambiamenti che hanno ridisegnato la mappa geopolitica del mondo, la pace resta ancora un obiettivo lontano per molte regioni del pianeta. Persecuzioni, guerre, violazioni generalizzate dei diritti umani ed esilio continuano a rappresentare il destino quotidiano per 43,7 milioni di uomini, donne e bambini. Ma mentre l’Italia viene scelta come simbolo di questa giornata, si mostra anche terra non per profughi, dopo che un decreto legge lampo, ha allungato a 18 mesi i tempi di detenzione nei Cie e si è stretto un accordo con l’opposizione libica al fine di rimpatriare i profughi di guerra. Al 14 giugno scorso i migranti sbarcati in Italia erano 42.534, di cui 18.312 dalla Libia e 24.222 dalla Tunisia (secondo fonti UNHCR). “Molto si è parlato di emergenza e numeri ingestibili – dichiara il direttore del CIR (Consiglio Italiano per i Rifugiati), Christopher Hein – voglio solo ricordare due cifre per dare un’idea più equilibrata delle vere emergenze: dalla Libia sono arrivati in Italia dallo scoppio della guerra meno di 19mila persone. Nello stesso periodo la Tunisia ha accolto 288.082 libici e 190.705 migranti provenienti da altre nazioni, mentre l’Egitto 288.082 libici e 190.705 migranti”. Nell’incontro odierno a Roma, ha spiegato la portavoce dell’Unhcr Laura Boldrini, “si presenterà il rapporto annuale dei rifugiati del mondo, dove verrà fatta una ‘fotografia’ degli spostamenti di milioni di persone nel mondo. Nel pomeriggio l’Alto commissario parteciperà alla conferenza istituzionale alla presenza del Capo dello Stato per ricordare i 60 anni della convenzione di Ginevra”. “Un’iniziativa – ha continuato – che comincerà rendendo omaggio ai rifugiati degli ultimi 60 anni. Sarà presentato un video dove verranno raccontate le storie di 6 rifugiati, uno per ogni decennio. Si comincerà con una sopravvissuta alla Shoah per continuare con un ragazzo afghano arrivato in Italia nascosto sotto un tir. Inoltre viene raccontata anche la storia di un romeno fuggito dal regime di Ceausescu. E poi ancora la storia di un ragazzo del Congo e di un libico ebreo fuggito dopo la guerra dei 6 giorni”. In concomitanza con la celebrazione della giornata del rifugiato, alla quale papa Benedetto XVI da San Marino ha rivolto particolare attenzione, dichiarando: “I rifugiati devono tornare in patria liberamente e in sicurezza”, si svolgerà, sempre a Roma, la settima edizione del “Global Day For Darfour”, organizzata dalla Ong Italians for Darfur, salutata con attenzione da Gianfranco Fini, che ha dichiarato che: “È necessario garantire i flussi umanitari”. Solo a Roma i rifugiati dal Darfur sono 200, giunti da un paese dilaniato da guerre e conflitti che hanno creato una vera e proprio emergenza umanitaria a partire dal 2003. Per questo il diritto d’asilo diventa necessario alla sopravvivenza di un popolo. I rifugiati hanno preparato uno striscione da esporre dove chiedono protezione delle forze militari sudanesi che bombardano il loro popolo e dagli attacchi delle milizie filo governative che continuano a bruciare i loro villaggi. A proposito del Darfour Giorgio Napolitano ha detto che: “All’Italia, che siederà nel consiglio per i Diritti umani dell’Onu, chiediamo che mantenga la promessa di seguire con attenzione la crisi in Darfur, la più grave attualmente in corso nel mondo, e di fornire un contributo fattivo affinché Khartoum sospenda i raid e freni le violenze in atto nella regione – ha annunciato la presidente Antonella Napoli presentando l’evento sottolineando che «non si può più voltare lo sguardo e ignorare questa tragedia”. Tornando, in generale, ai dati sui rifugiati promulgati dall’ONU, dei 43,7 milioni di persone sfollate, 15,4 milioni sono rifugiati sotto la protezione dell’Unhcr o dell’agenzia per la Palestina; 27,5 milioni di persone sono fuggiti all’interno del proprio Paese e circa 850mila sono alla ricerca di asilo. Dei 15 milioni di rifugiati, continua il rapporto, neanche 200mila hanno potuto rimpatriare, mentre dei 27 milioni di persone rimaste nel proprio Paese, hanno fatto ritorno a casa quasi in tre milioni. Infine, secondo l’Unhcr, 12 milioni sarebbero le persone senza nazionalita’. ”Nel mondo di oggi ci sono preoccupanti percezioni errate sui movimenti dei rifugiati. I timori circa le inondazioni nei paesi industrializzati sono esagerate e confuse con i problemi della migrazione”, ha affermato l’Alto commissario Onu Antonio Guterres. ”Intanto – ha aggiunto – sono i paesi piu’ poveri a dover sollevare il carico maggiore”. “Vogliamo denunciare che non si può calpestare il principio di non refoulement – denuncia oggi l’Arci nazionale – e dislocare la nostra frontiera in una zona di guerra in nessun caso, tanto meno in nome di interessi di partito o di coalizione. Solo nel 2011, è certo che circa 2500 persone sono morte nel Mediterraneo mentre cercavano di raggiungere le nostre coste. Morti non per fatalità, ma per responsabilità di chi impedisce”. Savino Pezzotta, presidente del Consiglio Italiano per i Rifugiati, ha detto: “In questi ultimi giorni abbiamo assistito a diverse misure prese dal governo che ci preoccupano sia per il messaggio che lanciano, sia per le conseguenze che hanno sulle persone”. E continuato: “Il decreto del consiglio dei ministri che prolunga a 18 mesi la detenzione nei Cie non solo è inefficace, ma esplicitamente punitivo. Voglio ricordare che 18 mesi di detenzione è una pena normalmente inflitta per reati di media gravità. Non solo. L’accordo raggiunto dal governo con il Comitato nazionale di Transizione libico (Cnt) è del tutto inaccettabile perché si basa sull’idea che possano essere rinviate persone verso un’area di guerra”. Per i 40.000 migranti, tra cui tantissimi richiedenti asilo e rifugiati giunti sulle coste italiane negli ultimi mesi, ce ne sono stati almeno 400.000 che hanno scelto altre strade non europee, prime fra tutte quello verso i Paesi del Nord Africa stesso. Sinistra Ecoogia e Libertà, sul so blog, scrive che la società della paura e della precarietà ha offerto un terreno facile alla xenofobia, alla discriminazione. La commozione per i morti di un naufragio a Lampedusa, dura lo spazio di 24 ore, mentre sono viaggi di mesi, talvolta di anni, quelli che i richiedenti asilo in fuga dalla guerra e dalla fame sono costretti a percorrere, affrontando pericoli di ogni genere. C’é un nuovo patto da riscrivere, c’é una responsabilità da assumersi, per l’Europa e per l’Italia. Chi come me vive ogni giorno con i rifugiati, con coloro che non hanno scelto di cercare rifugio in Europa, ma in altri Paesi Africani per esempio, non ne può più’ di sentire baggianate sui pattugliamenti delle coste, gli accordi con i ribelli libici per fermare i flussi, i disincentivi, i CIE. Io credo che un potere che parla contro i rifugiati vincendo per questo alle elezioni e chi li respinge, con provvedimenti reiterati che non sono degni di un paese civile, debba vedere oggi, soprattutto, la celebrazione del suo fallimento in tema di politica umanitaria e di accoglienza. Sia di monito per questo governo, quando detto ieri dal Commissario Onu, che a Lampedusa ha dichiarato: “I paesi non hanno l’obbligo di accogliere permanentemente i migranti economici, che hanno comunque diritto a un trattamento umano, ma hanno l’obbligo di assistere i rifugiati, offrendo le protezioni previste. E questa gente ha il diritto di stare e avere tutele, secondo il diritto internazionale. L’Europa deve fare la sua parte, perchè in ogni caso, ricordo, 4/5 dei profughi sono nel sud del mondo. Ecco perchè siamo contrari alla politica dei respingimenti”.
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