Occupazione Valle e cultura in mezzo alla strada


(di Carlo Di Stanislao) – “Come l’acqua e l’aria, ora ci riprendiamo anche la cultura”: è lo slogan del collettivo autorganizzato che ha promosso una tre giorni di mobilitazione per difendere il teatro Valle, nel cuore della capitale, a due passi da piazza Navona, occupato da un centinaio lavoratori dello spettacolo, tra i quali Elio Germano, che temono la chiusura o la sua trasformazione in un bistrot. Il Valle, il più antico teatro “al chiuso” della capitale, dove nel ’21 il pubblico urlava “manicomio manicomio” contro i Sei personaggi pirandelliani al loro esordio, è divenuto il luogo-simbolo di chi protesta verso la disattenzione alla cultura sistematicamente espressa da questo governo (e dai suoi addentellati locali), con lavoratori di 20-30-40 anni, la maggior parte precari, “intermittenti” del cinema, del teatro, della danza, tecnici, sceneggiatori, attori, che hanno chiamato all’appello gli altri lavoratori della conoscenza (dei musei e dell’università), non solo per non far chiudere il teatro, ma anche per reclamare “quote per gli under 30, luoghi fisici per fare sperimentare i giovani, trasparenza nella distribuzione dei finanziamenti”. Ancora ieri il ministro Brunetta, ospite di Lilli Gruber su La7, ha parlato di sprechi inutili sulla cultura, che, secondo lui, è in moltissimi casi, vuota, auto referenziata e priva di reali attrattive. Gli si risponde anche dal Valle occupato, attraverso una già programmata tre giorni no stop, in cui si alterneranno assemblee e spettacoli serali aperti a tutti. Ad appoggiare l’iniziativa oltre cento celebrità: Fabrizio Gifuni, Maddalena Crippa, Mario Martone, i Motus, Moni Ovadia, Sonia Bergamasco, Maya Sansa, Toni Servillo Anna Bonaiuto, Iaia Forte, Tiziano Scarpa, Franca Valeri e Andrea Camilleri, gli ultimi due che saranno anche “in scena”. Il Valle è chiuso da maggio, con un futuro incerto dopo che il Mibac (Ministero dei Beli Culturali) ha cancellato l’Eti che lo gestiva ed è diventato l’ennesimo scandalo nazionale. Un primo risultato però gli occupanti lo hanno portato a casa: oggi ci sarà il passaggio formale della sala dal Mibac al Comune di Roma e l’affidamento per un anno al Teatro di Roma (come voleva Umberto Croppi ex-assessore). Questo ennesimo episodio ci dice che davvero questo nostro è più che mai il governo dell’incultura, che non solo chiude teatri ed enti lirici, ma che costringe anche le intelligenze ad andarsene, i cervelli preferire alla decapitazione lo starsene appartati, le risorse destinate al sapere impegnate in inutili giochi di potere. Il governo Berlusconi (complice Tremonti) ha erogato qualche soldo per lo spettacolo, fatto a prezzo di un aumento della benzina, minimo ma identico per tutte le classi di reddito e così lanciato un messaggio chiaro: se volete più fondi per la cultura, pagherete più tasse, pagherete tutti. Nessuna menzogna di ministro o complicità di intellettuali inclini a genuflessioni, furberie e compromessi può nascondere che la scuola è in stato comatoso, che università e ricerca sono drammaticamente sottofinanziate, come anche musica, teatro, cinema, tutela del patrimonio e del paesaggio. In barba alla tradizione italiana e alle garanzie della Costituzione, chi ci governa vede le spese in cultura come un fastidioso optional, l`ultimo della lista, che, comunque, annovera agli ultimi posti anche lavoro e sicurezza ambientale. Per esempio, dopo la frana di Giampilieri che nell`ottobre 2009 uccise almeno 37 persone, Bertolaso dichiarò cinicamente che è impossibile trovare due miliardi per mettere in sicurezza le franose sponde dello Stretto, per giunta soggette a sismi di massima violenza (l`ultimo, nel 1908, seguito da tsunami:120.000 morti). Si trovano, invece, i sette o dieci miliardi per costruire su quelle frane il Ponte. Si sono trovati anche cinque miliardi da dare a Gheddafi baciandogli la mano, per poi, alcuni mesi dopo, dichiarargli guerra in modo inedito: non sparare contro di lui neppure un colpo. Il nuovo ministro Galan ha inaugurato la sua stagione con segnali misti. Da un lato, ha dichiarato (Il Sole, 25 marzo) che non sarà “il sottosegretario di Tremonti”, che occorrono nuove risorse e che è urgente “chiudere per sempre il capitolo della sfiducia, della depressione e della rabbia sterile che oggi avvilisce ingiustamente” le Soprintendenze e chi ci lavora (Il Sole, 30 marzo). Dall`altro, si è concesso più di una battuta (ad esempio sui Bronzi di Riace che non debbono “per forza rimanere in Calabria”o sulla Festa del Cinema di Roma che non deve essere per forza “sostenuta”) che hanno prontamente scatenato chiacchiere e polemiche d`ogni segno. Tutti sanno che investire in cultura è un bene e che, soprattutto in fasi di crisi (come hanno fatto la Merkel e Sarkozy), è questo uno degli investimenti irrinunciabili. Come ha scritto, giocando sul paradosso, Donatella Failla, se Ludwig di Baviera non avesse prosciugato le casse dello stato per costruire castelli da sogno, oggi la Baviera non sarebbe che un Land alpino di allevatori di vacche, lattai, bottai, birrai e salsicciai – non già uno dei siti europei più visitati del pianeta. Insomma, il caso Ludwig di Baviera dimostra, al di là di ogni ragionevole dubbio, che uno stato che spende per la cultura, per i grandi monumenti e per la musica, fa l’investimento più sicuro che si possa immaginare per il futuro del paese. Come è palese, le angosce del nostro governo si concentrano sui nostri averi e denari personali – sì, proprio i nostri risparmi, le nostre pensioni e, naturalmente, anche sui fondi per la cultura – musei, biblioteche, scuole, università – che sono parimenti nostri, costituzionalmente nostri, poiché riguardano la nostra più profonda identità culturale, il diritto nostro e dei nostri figli all’istruzione e al sapere ed ignorano che sono in molti ormai a chiedersi se non dovrebbero invece provare rimorso per i denari pubblici spesi e sperperati malamente, dispersi in stupidaggini ripugnanti, dilapidati in prebende destinate a incompetenze d’alto rango e, perfino, distratti, sottratti – insomma, rubati a man salva sotto il nostro naso. E’ di queste ore la notizia dell’arresto del faccendiere Luigi Bisignani, iscritto alla Loggia P2, condannato a tre anni e 4 mesi nel processo Enimont e coinvolto nell’ inchiesta Why Not del pm Luigi De Magistris, arrestato in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare su richiesta della Procura di Napoli nell’ambito dell’inchiesta sulla P4. A quanto si è appreso l’ipotesi di reato è di favoreggiamento in relazione alla rivelazione di notizie coperte da segreto, con i magistrati convinti i magistrati potrebbe essere una vera e propria associazione per delinquere finalizzata alla gestione di notizie riservate, appalti e nomine, in un misto, secondo l’accusa, di dossier e ricatti, anche attraverso interferenze su organi costituzionali. Arrestato anche parlamentare Pdl e magistrato Alfonso Papa. Ieri il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha annunciato i punti generali della prossima riforma fiscale che prevede una riduzione delle aliquote Irpef (le imposte sui redditi delle persone fisiche) dalle cinque attuali (al 23, 27, 38, 41, 43% della base imponibile) a tre soltanto (20-30-40%). Il finanziamento dell’operazione passerebbe da un aumento dell’Iva e da un allargamento della base imponibile tramite una riduzione delle 471 voci di esenzione oggi possibili per le persone fisiche. Previsti anche interventi in favore della lotta al sommerso (l’economia irregolare vale circa 255-275 miliardi di euro contro i 30-40 miliardi della manovra richiesta dall’Europa all’Italia entro il 2014), senza naturalmente una parola su come destinare le eventuali “risorse ritrovate”. Un sondaggio commissionato da Repubblica.it a Ipr, fra l’11 e il 12 giugno e pubblicato oggi sul sito del quotidiano, ci dice che la fiducia dei cittadini italiani nei confronti del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è al minimo storico e, in caso di elezioni, una ipotetica coalizione di centrosinistra a marca Pd-Idv-Sel, supererebbe l’alleanza Pdl-Lega. I voti recenti ci confermano in questa impressione ma, ci trattiene, l’idea che, forse, anche qui le “risorse” alla cultura degli italiani siano molto ridotte. Questa mia remora suffragata dai risultati di un altro sondaggio, sempre reso pubblico oggi, commissionato dal quotidiano online Affaritaliani.it a Nicola Piepoli e realizzato nel pomeriggio del 13 giugno, dopo la chiusura dei seggi per i referendum, che ci dice, invece, che la fiducia in Silvio Berlusconi è invece salita di 2 punti in una settimana, riportandosi sopra il 50%, nonostante le intenzioni di voto premino il centrosinistra. Da oggi il Valle è in assemblea permanente. Stasera, tra gli altri, spettacoli di Fabrizio Gifuni, Banda Malancia, Pietro Sermonti, Lucilla Galeazzi. Domani sera sul palco la coppia Germano/Camilleri e per la terza serata d’occupazione previsti Franca Valeri, Giovanna Marini e Sabina Guzzanti. Ma, non accadrà come nel “Sei personaggi” che, alla fine, ciascuno resta al punto in cui era e la questione non si muova di un solo passo?


16 Giugno 2011

Categoria : Cultura
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