Mucche ottantenni, che silenzio…
Ofena – LO SCANDALO CHE NON PIACE AI GRANDI TAM TAM – Scrive Dino Rossi, leader del Cospa Abruzzo: “Continua il silenzio assordante della stampa cartacea, delle testate televisive a livello locale e nazionale sullo scandalo delle mucche di 83 anni, nonostante la notizia sia stata lanciata dall’AGI a livello nazionale.
Per fortuna ci sono i giornali on line e quasi tutti gli italiani sono forniti di un pc , quindi le notizie serie, se pure a fatica arrivano comunque nelle orecchie dei consumatori italiani e degli allevatori.
Un silenzio rimbombante invece, arriva dai politici tutti, da quelli di poco conto fino a quelli di grossi calibri, come il neo Ministro dell’agricoltura, Saverio Romano, quando la scrivente, nell’incontro della settimana scorsa, gli ha chiesto l’esito della commissione d’indagine nominata dal suo predecessore, Luca Zaia. Dopo pressioni, il Ministro ha partorito una delle solite cose all’italiana memoria: ci sarà una nuova commissione guidata dal il vice capo della Forestale dello Stato, Ing. Fausto Martinelli. Qualcuno ci dovrà spiegare adesso, ed in particolare il neo Ministro, a cosa serve un’altra commissione, quando c’è stata già una, dove sono emersi intrecci sconcertanti, falsificazioni di documenti, riciclaggio di prodotti di dubbia provenienza, appropriazione indebita di fondi comunitari, truffa ai danni della CE e danneggiamento del patrimonio zootecnico, tutto coperto da sorte di velo calato sulla vicenda che puzza lontano un miglio. Alcuni parlano copertura di segreti di istruttoria. Molti italiani non credono più al segreto istruttorio, tanto meno il Cospa Abruzzo, visto che molte indagini PRIVATE, come Avetrana ecc, i media fanno a gara per renderle pubbliche, ci sembra strano che non succede anche per un inchiesta PUBBLICA, durante la quale un funzionario della Regione Friuli, Silverio Scaringella, si è sparato dopo che è stato ascoltato dal Magistrato, dott. Federico Faccin. Abbiamo il motivo di credere che la non pubblicazione di questa vicenda, di vitale importanza, ci siano i poteri forti che tengono in pugno i canali di informazione, pardon di disinformazione, visto il nostro caso. Mentre per creare allarmismo come la mucca pazza, l’aviaria e oggi il batterio killer del Cetriolo, quello che a forza di girare va in quel posto all’ortolANO, i media ci sguazzano inconsapevoli dei risvolti economici negativi sulle imprese agricole. In più occasione lo scrivente a cercato di spronare i quotidiani locali, quelli che scrivono sui gatti morti di infarto, del cinghiale dalmata, dei lupi travolti dalle macchine e di quelli che fanno il calendario con la faccia dell’orso per raccogliere i fondi da destinare ad un meleto che non esiste, oppure di quelli che seguono i politici dell’ultim’ora anche dentro i cessi, per contare le flatulenze. Nessuno vuole parlare di queste mucche di 83 anni, nessuno vuole informare l’opinione pubblica degli attentati alla zootecnia italiana o all’agricoltura, messa da parte dalle istituzioni ma tenuta in vita a livello CE per mungere soldi destinati agli agricoltori veri. Eppure, noi allevatori tutte le mattine continuiamo ad alzarci un’ora prima degli altri a per far trovare sul tavolo degli italiani un latte sano, un sacrificio reso da altri del tutto inutile, quando si scopre che le associazione di categoria in testa, quelle che dovrebbero tutelare gli allevatori, intrecciano le carte per il loro tornaconto e dei loro compari. Per non parlare degli organi di controllo come gli IZS, in particolare quello di Teramo, nato per la tutela degli allevatori, e dei consumatori, ora trasformato in un centro di riciclaggio di latte estero, come afferma il quotidiano on line LA NUOVA di Venezia e Mestre, che si riporta uno stralcio di seguito: Per farle figurare vive le hanno tenute in vita 83 anni quando la vita media di una vacca da latte è di otto (ci sono le intercettazioni dei fax tra l’Istituto zooprofilattico di Teramo e l’Agea: «Come giustifichiamo la produzione nazionale? Alzate a 999 mesi l’età delle vacche». Per il 2008/2009 l’Agea «ha censito l’esistenza di 2.905.228 capi quando il numero complessivo è di 1.668.156» scrivono i carabinieri nel loro rapporto. Confidiamo in qualche giornalista di sani principi, alle 32 Procure interessate, al fine di darci una mano a scoprire questi strani intrecci che va a discapito di una categoria destinata a scomparire. Con l’occasione si ringraziano tette quelle persone ci stanno vicine, i direttori dei quotidiani che ci sostengono e credono nelle nostre battaglia contro i poteri forti, per la tutela delle categorie più debole del tessuto umano. Altrimenti non ci rimane sperare che tutti gli interessati facciano come il sig. Scaringella!!!!
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