Il recupero dell’ipogeo teatino


Chieti – (Foto: immagini dell’ipogeo e l’assessore Colantoniio) – L’assessore ai Lavori Pubblici, Mario Colantonio, dopo la conferenza stampa di questa mattina in Via dei Tintori, ha emesso la seguente nota riepilogativa: “Nella notte del 18 novembre 1994, alle ore 2 circa, si è verificato il crollo parziale dei fabbricati contraddistinti dai civici n.ri 37 e 39 ricadenti nell’area terminale di via dei Tintori, area a ridosso di Via Silvino Olivieri. Dopo il crollo si sono verificati degradi strutturali ad edifici contigui, unità abitative contraddistinte con i civici n.ri 34, 35, 36, 38, 40, 45 di Via dei Tintori e al n. 28 di Via Ferdinando Galiani.
In data 19.11.1994 l’Amministrazione Comunale emetteva Ordinanza Sindacale n. 303, con la quale imponeva lo sgombero delle unità abitative ricadenti in Via dei Tintori e l’interdizione all’uso di tre vani letto sull’immobile in Via Ferdinando Galiani, stanze attigue alle unità ricadenti in Via dei Tintori. Nella stessa ordinanza si invitavano i proprietari degli immobili, sia crollati che lesionati, alla esecuzione di “opere provvisionali”, al fine della salvaguardia della pubblica e privata incolumità ed alla verifica statica delle strutture interessate al crollo, avvertendo che in caso di inadempienza, l’Amministrazione avrebbe eseguito i lavori necessari addebitandone ai privati le relative spese. Nella stessa giornata si rimuovevano le parti strutturali pericolanti, ripristinando la continuità delle reti tecnologiche e recintando l’intera area. L’Amministrazione Comunale, al fine di attivare tutti i canali finanziari, ha ritenuto necessario, sin dal 1996, programmare un intervento misto pubblico-privato mirante all’immediato recupero dell’intera zona, predisponendo un Programma Integrato d’Intervento, inviato alla Regione Abruzzo in data 19.05.1995, per concorrere alla richiesta di finanziamenti in attuazione della Legge n. 179/92″.
COS’E’ L’IPOGEO – Dal sito dello Speleo club di Chieti si legge: “Tra la fine del sec.I a.C. e l’inizio del sec.II d.C., Chieti raggiunse la sua massima espansione; il centro abitato si estendeva su una superficie che andava dalla Civitella a via Arniense. In base a valutazioni approssimative, la popolazione fu stimata tra le 30.000 e le 60.000 unità. E’ ovvio che un tale numero di abitanti avesse dei problemi per l’approvvigionamento idrico: a tale scopo, nel sottosuolo di Chieti, fu creato un sistema di cisterne ad archi intercomunicanti e collegate da un insieme di gallerie. Queste ultime, a loro volta, possedevano pozzi di areazione regolarmente dislocati lungo il percorso.
Alcuni cunicoli sono con volta a botte in opus coementicium (calcestruzzo a getto) e pareti in opus incertum, con probabile funzione di trasportare l’acqua dalle cisterne in posizione più elevata a quelle poste a livelli inferiori, passando di ambiente in ambiente fino a 9 grandi conserve idriche comprese nel complesso dello stabilimento termale romano. Altri cunicoli, con volta a cappuccina (lastre laterizie poste a contrasto senza uso di malta) e pareti in opus terraceum, permettevano di raccogliere le acque sia dalla falda idrica collinare che da stillicidi perenni lungo tutto il percorso.
Si è potuto constatare che, sopra alle volte delle conserve idriche ipogee, vi erano degli impluvium – piattaforme impermeabili pavimentate in opus spicatum (mattoni di taglio disposti a spina di pesce) affioranti dal terreno – leggermente in pendenza verso dei trombini (fori a sezione circolare) praticati a distanze regolari in corrispondenza dei culmini delle volte sottostanti. In tal modo, si raccoglievano all’interno delle cisterne le acqua piovane e la neve disciolta.
E’ interessante notare che le acque piovane,destinate al solo uso potabile, venivano filtrate mediante tappi in carbonato di calcio così da arricchirle di sali minerali, diventando in tal modo idonee alle necessità dell’organismo. Il sistema di cunicoli e cisterne romani è giunto sino ai nostri giorni in parte intatto, tanto da dare vita ad una sorta di “Chieti sotterranea”.
Partendo dalla Civitella, il primo ipogeo romano di rilevanti dimensioni è quello situato al di sotto di un edificio compreso fra largo dei Carbonari e via G. Rossetti, di m.45 x 8,50, composto da sei camere a due a due affiancate e coperte da volte a botte. Si presume, dai fori visibili sulle volte e dalla impermeabilità delle pareti e del pavimento, che questi fossero ambienti a tenuta d’acqua.
Altre due cisterne sono una in via Ravizza, e l’altra in via Spaventa. I resti della prima sono affiancati alla chiesa di Ognissanti; originariamente aveva le dimensioni di m.6 x 3,52, mura in calcestruzzo spesse 50 cm. La seconda, quasi integra, si trova di fronte all’edificio delle Poste, e consiste di un ambiente di m.12 x 4; sulla sua volta sono visibili i trombini e, sulle pareti contrapposte, i cunicoli afferenti ed efferenti”.


28 Maggio 2011

Categoria : Cultura
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