Terremoto e bufale sismiche
L’Aquila – SONO LE AREE DI ACCOGLIENZA E SEDE INGV – (Foto: Boschi firma nel novembre 2010 le carte per la sede aquilana INGV, e accanto il sismologo De Luca, per il quale le scosse potranno ancora esserci) - Il terremoto lo avevano dimenticato, tra torrenti di parole, impegni e promesse. Di cui restano solo ruderi e scartoffie ingiallite. Infatti, sono passati due anni e c’è stato il tempo sufficiente a ingiallire tutto e a sgretolare ancora un po’ ruderi e monconi di palazzi, nonchè puntellature, che oggi qualcuno ritiene eccessive e comunque ridondanti. Ma il terremoto non ha dimenticato, e sabato sera si è fatto risentire, scossa 3,2 , paura e soprassalti di ansia. Un terremoto strano, senza scosse precedenti, come è sempre avvenuto. Nato sotto i piedi degli aquilani, lungo la stessa spaccatura profonda 9-10 km che generò il sisma del 6 aprile 2009 . Che prima o poi, come ha detto il sismologo De Luca, doveva pur farsi risentire.
Il terremoto non è finito, quindi: era fin troppo facile immaginare che fosse così e che se ne parlerà ancora a lungo. Una consapevolezza che tutti dovrebbero avere a fior di pelle, se non altro ricordando ciò che sempre ha detto il sismologo Boschi: “A L’Aquila il terremoto c’è sempre stato e sempre ci sarà : Rassegnatevi, piuttosto pensate a costruire bene”.
Qui si è costruito male – in molti casi – e in zone che non dovevano essere edificabili, come dicono, ma solo oggi perchè prima non erano mai state elaborate, le microzonazioni. Qui si è sempre dormito sull’auspicio, piuttosto incosciente, chi di diceva: “Speriamo che non accada”. Invece è accaduto.
E adesso cosa si sta facendo? Un pasticcio infinito, un vergognoso guazzabuglio di ritardi, interessi, contrasti, confusioni, incertezze e ignoranze. Sì, ci sono anche quelle, accanto alle solite incompiute che non cessano di appartenere come un tragico DNA all’aquilanità intesa nel suo complesso.
Le ultime due incompiute riguardano il terremoto.
Sono la sede dell’INGV, istituto nazionale di geofisica, che doveva essere aperta al centro dell’Aquila, come fu annunciato più volte, e le aree di raccolta della popolazione in caso di scosse. L’altra sera, con la scossa 3,2, il problema è tornato a porsi. Se fosse stato necessario, le aree di raccolta o accoglienza non ci sarebbero state, nè qualcuno avrebbe potuto ricordarsi quelle indicate mesi fa dal Comune (una serie di spazi sempre esistiti, non occorreva farne un elenco da propinare alla gente) , o raggiungerle seguendo dei segnali o delle indicazioni chiare e precise. Semplicemente, la città più sismica d’Italia non aveva, non ha mai avuto, e continua a non avere delle vere aree di accoglienza organizzate, attrezzate e raggiungibili. Il sindaco e il suo assessore “competente” (nel senso che a lui compete occuparsene) avevano promesso, si erano impegnati, ma non s’è visto nulla. Si è sentito, in compenso, il terremoto.
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