Il processo dei pagliacci
L’avvocato ha concluso la sua arringa affermando che “…se non e’ possibile prevedere un terremoto, non si può prevedere neppure lo stesso rischio e quindi che cosa stanno facendo in questa aula gli imputati della commissione grandi rischi?”
Interessante e profondo il dubbio che mi ha sollevato questa affermazione e immagino che l’abbia sollevato anche a tutti i presenti nell’aula del tribunale dove si dibatteva il rinvio al processo della Commissione Grandi Rischi portata in giudizio da alcuni familiari delle vittime del sisma del 2009.
Ho pensato e sto ancora pensando a tale impostazione logica da parte della difesa. Una prima riflessione mi porta a pensare che se si dovesse prevedere un rischio saremmo fuori dai confini della scienza così come lo siamo oggi quando parliamo di prevedere i terremoti. Noi invece per rispetto agli imputati e considerando che se fossero ritenuti responsabili sarebbero accusati non di un furto di un prosciutto ma della morte di 309 persone non vogliamo entrare nel territorio degli sciamani. E’ vero, forse avrebbe fato comodo a tanti di noi essere allarmati da una voce non scientifica o meglio non ancora scientifica data dall’aumento del radom. Ma ciò non è avvenuto forse perché troppo razionali e perché uomini che si fidano troppo del prossimo specialmente quando dovrebbero rappresentare le istituzioni di una nazione e quindi dovrebbero essere presumibilmente seri.
Per esprimere meglio il mio pensiero sull’argomento devo contestualizzare e ricordare che eravamo in un territorio sul quale si liberava energia da 5 mesi. Nell’ultimo mese quasi una o due scosse al giorno percettibili dalla popolazione. Con tensione crescente dopo la scossa con magnitudo superiore a 4 di fine marzo.
La popolazione considerava valido solo uno strumento, la cultura e il passaparola della strada. Ecco perché, nonostante il silenzio delle istituzioni locali, molti per propria retroguardia culturale dormivano nei parcheggi e molte vecchiette alle 20.30 del 5 aprile stavano sulle panchine di via Fontesecco con la coperta sulle gambe. Un’altra percentuale della popolazione, invece, non era in contatto con le chiacchiere della strada e percepiva a malapena gli istinti culturali della città. Ma erano mesi, ormai, che questi stimoli al nostro sistema nervoso venivano attivati ed eravamo messi alla prova. Ogni giorno per una o due volte.
Ecco allora che quando si è saputo dell’interesse della CGR sulla questione aquilana sembrava avessimo risolto il problema. Come quando hai mal di denti da diversi giorni e vai all’appuntamento con il dentista. Basta entrare nella sala d’attesa e il mal di denti scompare. Poi inizia la cura vera.
Per noi che fino al 5 aprile non conoscevamo il soggetto CGR, si trattava di una riunione di scienziati che pensavamo avessero in mano la situazione o almeno quella era la percezione. Ma il dolore dopo il loro incontro non ci è passato come quando ci era passato nella sala d’attesa del dentista. Il dolore è seguitato nonostante ci avessero detto che non avevamo il mal di denti.
Dal 30 marzo al 5 aprile la preoccupazione era tanta. Non ci avevano detto niente e il dente batteva ancora colpendo il nervo.
Eppure quello che io chiedo di sapere dalla legge non è tanto il fatto che la rassicurazione, avvenuta con la complicità degli enti locali, fosse lecita o meno. E non mi si venga a dire che se rassicurazione c’è stata, la stessa è dovuta al tramite o al ricevente che ha decodificato un messaggio con codici sbagliati. Ci troviamo di fronte ai modelli base di comunicazione di Shannon-Weaver e quindi dei processi di trasmissione delle informazione (che si dovevano applicare all’interno di un collegio così importante e non alle esternazioni successive) oltre che ai concetti di pragmatica cognitiva per i quali si dovrebbe stare attenti allo scopo per cui dei messaggi (vocali o comportamentali) sono emessi da una fonte ed agli stati mentali delle persone destinatarie. E poi anche non conoscendo i concetti base della comunicazione, è dalla scuola elementare che ci insegnano ad essere educati quando si va ospiti da qualcuno e che un buon comunicatore se il ricevente non capisce un qualcosa che si vuole far percepire non deve dire “hai capito male” bensì “mi sono espresso male”. E’ pure una questione di buone maniere.
Piuttosto, dalla legge vorrei sapere perché dei soggetti di così alta levatura e conoscenza non hanno considerato (considerato non significa previsto) all’interno del collegio e comunicato alla popolazione, attraverso il dipartimento preposto per legge, il rischio insistente su questo territorio a cui 80.000 persone erano e sono sottoposte da sempre ogni giorno (ma ancora di più durante uno sciame di 5 mesi con scosse crescenti) avendo loro la conoscenza delle caratteristiche di questo territorio (studi sismici sulla valle dell’Aterno da loro stessi redatti), la conoscenza scientifica di tutti i terremoti (libri su libri sull’argomento da loro stessi redatti), la conoscenza storica di questo territorio (si presume che dei professori chiamati ad esprimere un parere su una situazione critica di un territorio, prima di proferire parola abbiano avuto l’umiltà di informarsi e leggere la storia di un certo territorio), la conoscenza di altri terremoti avvenuti nei dintorni (il terremoto umbro di pochi anni fa avvenne dopo uno sciame simile al nostro), l’idoneità dei nostri edifici a sostenere scosse come quelle già avvenute e superiori (alcuni dei presenti alla riunione erano soggetti coinvolti nel processo di redazione e destinatari del Rapporto Barberi e degli Studi Abruzzo Engineering), l’amplificazione dell’energia sismica del terreno sottostante il centro storico (se avessi saputo questo dato mi sarei spostato con la mia famiglia in altra casa per un po’ di tempo o almeno fintanto che terminava lo sciame giornaliero) e la mancanza di un vero piano di protezione civile comunale (tuttora ancora non l’abbiamo e non capisco come mai la magistratura non si attivi in tal senso e come mai il prefetto che per legge deve provvedere con un commissariamento ad acta non si è attivata).
Quindi, nessun giustizialismo sulla non conoscenza della data del terremoto ma giustizialismo verso la sciatteria e l’arroganza di personaggi che nonostante quello che hanno contribuito a determinare (scienza infusa e pragmatismo senza analisi dei fatti specifici) non hanno ritenuto minimamente di doversi dimettere dai loro incarichi per rispetto, più che altro, a quella piccola parte di se stessi che può definirsi ancora umana. Come fanno a seguitare a lavorare, ridere e scherzare, dialogare con i loro ragazzi e bambini, senza un’analisi diretta con la propria coscienza che giornalmente ricorda loro gli attimi interminabili in cui bambini pieni di sogni venivano soffocati dalla terra dei palazzi collassati per un terremoto violentissimo sperando che tutto quello che stavano percependo fosse un sogno e non la realtà indotta da scienziati venuti a raccontare ai loro genitori che tutto era nella norma? E’ inutile pensare di non essere morti insieme a quelle 309 persone dell’Aquila. Siete morti anche voi non per le macerie sulla testa ma per sciatteria, superficialità ed arroganza.
E poi per terminare, che brutte, quelle risate dei difensori durante il processo. Che brutte quelle risate e quello sbeffeggiare i racconti e le arringhe di propri colleghi. Personaggi neanche più degni dei film di natale per la loro poca eleganza e sgradevolezza. Ridete pagliacci. Ridete. Ma arriverà il giorno in cui vi dovrete confrontare, da soli, con la vostra coscienza senza la stampella di avvocati da cine panettone.
Non c'è ancora nessun commento.