Previsioni catastrofiche


(di Carlo Di Stanislao) – Nonostante le molte smentite un gran numero di romani oggi non sono a lavoro ed anzi hanno abbandonato la città, con un traffico in uscita, ieri sera, da week end estivo. Anche se gli stessi esperti di Bendandi hanno smentito la previsione di un sisma catastrofico a Roma e dintorni per oggi ed anzi l’Accademia Bendandiana ha parlato di una sola profezia datata 6 aprile (sic) 2531, in molti, nei giorni scorsi, hanno cominciato a sostenere che anche Giampaolo Giuliani, il sismologo abruzzese che, inascoltato, aveva messo in guardia dal terremoto dell’Aquila, avrebbe confermato il cataclisma nella Capitale. Così si è creata l’ultima leggenda metropolitana da psicosi collettiva, con abbandono in massa dell’area ipoteticamente interessata. Gli scienziati hanno bollato come una bufala questo appuntamento ad alto tasso sismico, ma sul Web è scattata, e non si ferma, la caccia alle informazioni e ferve un passa parola a dir poco preoccupato e preoccupante. Perché anche se Bendandi è definito da tutti uno pseudoscienziato, niente laurea, sismologo fai da te, c’è da dire che qualche previsione, a detta dei fan, nella sua carriera l’ha azzeccata. Paola Lagorio, fisica e presidente dell’associazione La Bendandiana, ha dichiarato più volte che la notizia sulla previsione del sisma dell’11 maggio 20011 “è destituita di ogni fondamento” e lo stesso Giuliani ha smentito la veridicità di questa previsione in un’intervista postata sul web (http://www.youtube.com/watch?v=DU1D4EZ3548&feature=related), ma nonostante questo in migliaia a Roma sono partiti verso gli agriturismi per un paio di giorni e in tanti hanno piantato la tenda in parchi pubblici. Nell’epoca dei new media, l’informazione è svincolata da qualunque vaglio scientifico ed è validata dal fatto stesso che se ne parli, soprattutto in video. Il criterio con cui si selezionano le notizie non è la loro veridicità, ma quanto siano state condivise. Ha ragione, quindi la psicologa e psicoteraupeta Maria Beatrice Toro, direttore didattico della Scuola di specializzazione in psicoterapia cognitivo interpersonale (Scint), che ci dice che oggi, una notizia che evoca un disastro, più volte ripetuta, contagia le persone più suggestionabili, l’ossessione si diffonde e, alla fine, un evento, seppur incredibile, diventa plausibile. Lo stesso accade per la supposta “fine del mondo” vaticinato da uno dei tanti calendari Maya, ipotesi formulata da Voyager e rimbalzata su internet, che è priva di fondamento, ma a cui sono in molti a credere. Ciò che i creduloni dimenticano è che finisce sì quel calendario, ma ne inizia un altro perchè i Maya avevano un idea ciclica del tempo. E sappiamo anche i nomi di questi cicli. Ad esempio troviamo il pictun, periodo di 8.000 anni, il calabtun della durata di 160.000 anni, se vogliamo parlare di giorni, il kinchiltun di 1.152.000.000 giorni ed il alautun di 23.040.000.000 giorni. Esistono, poi, delle previsioni temporali che vanno ben oltre la data fatidica; ad esempio Pacal, sovrano di Palenque (il cosidetto “astronauta”) fa predizioni (rintracciabili nel Tempio delle Iscrizioni) per quello che per noi sarà il 14 ottobre del 4772. Basterebbe questo per smontare tutto il discorso. Un elemento astronomico spesso citato dai sostenitori di queste teorie catastrofiste è il cosiddetto “allineamento galattico” o “equinozio galattico”, ossia l’allineamento del Sole, nel giorno del solstizio di dicembre, con il piano equatoriale della Via Lattea, la galassia di cui fa parte il sistema solare. Questo fenomeno è reale, ma viene collocato erroneamente nel 2012 da molti autori che annunciano la fine del mondo per quella data. Infatti i calcoli astronomici (fatti dagli astronomi seri, non da chi ha fretta di vendere libri e paccottiglia), indicano che in realtà il centro del Sole si è allineato con l’equatore galattico già nel 1998, e oltretutto lo ha fatto nell’ambito di un lentissimo allineamento più generale del suo disco, che dura circa 36 anni. Si tratta in ogni caso di allineamenti del tutto arbitrari: il piano equatoriale galattico è un costrutto immaginario (come un confine di stato o una linea di latitudine o longitudine), non una demarcazione reale. Inoltre questo allineamento del Sole con l’equatore galattico esiste soltanto dal punto di vista soggettivo della Terra: il Sole in realtà transita fisicamente per il piano di quest’equatore ogni 32 milioni di anni circa. Si tratta quindi di un moto estremamente lento, per il quale non ha assolutamente senso parlare di bruschi allineamenti che si verifichino in date precise. Che poi ci siano in atto dei particolari fenomeni naturali (riguardanti il sole, il campo magnetico, ecc.) è un’altro paio di maniche che non ha nulla a che fare con il mondo Maya. Walter Ferreri, astronomo che svolge la sua attività professionale presso l’Osservatorio Astronomico di Torino, ha pubblicato, ad aprile scorso, un bel libro intitolato “La verità sul 2012”, in cui sostiene che certamente i Maya avevano una notevole conoscenza del cielo, ma la loro scienza non permetteva certo di fare previsioni precise su molti avvenimenti astronomici futuri. Pertanto, secondo molti autorevoli studiosi, il 2012 012 sarà un anno come gli altri e che la sua elezione a “anno del giudizio” non è nient’altro che un’invenzione di alcuni autori, scaturita da una loro interpretazione acritica del calendario Maya, al quale si è voluto attribuire un significato che non trova riscontro tra esperti autentici di questo popolo. Il motivo che li ha indotti a fare queste previsioni è essenzialmente di tipo economico: un libro che tratta di future catastrofe di eventi spettacolari o eccezionali ha molto facilmente più successo di uno che si limiti a raccontare la realtà dei fatti”. Ma perché nell’ultimo decennio le notizie di disastri e finimondi hanno così tanto successo? “Cifra emotiva della post-modernità sono ansia e perplessità. Entrambe sono le caratteristiche fondamentali dell’uomo ‘tecnoliquido’”, spiega Tonino Cantelmi, psichiatra e presidente dell’Istituto di Terapia cognitivo-interpersonale. “Immersi grazie ai mezzi tecnologici in un mondo fatto di un flusso continuo di informazione non possiamo ricordare tutto. Per questo ricordiamo solo ciò che ci emoziona e ci provoca paura”. Il risultato è che qualunque previsione catastrofica affascina tantissime persone, salvo poi essere dimenticata velocemente quando non ci spaventa più. La verità è che l’uomo le catastrofi spesso le crea e certamente non riesce ancora a prevederle. Il tema dei cambiamenti climatici costituisce uno dei problemi più critici della nostra epoca. L’uomo è riuscito a “dominare” la Terra poiché non si è sviluppato adattandosi all’ambiente, ma ha adattato l’ambiente alle sue esigenze di sviluppo, con possibili e non sempre prevedibili conseguenze sull’habitat. Su queste tematiche siamo sottoposti a un continuo bombardamento dei media: quotidiani, televisione e documentari ci presentano, quasi quotidianamente, panorami da apocalisse. Si oscilla tra posizioni che sembrano ciecamente schierate su preconcetti, oppure determinate da paura o ignoranza. Da una parte il catastrofismo, quasi fossimo sull’orlo di un’estinzione di massa. Certe correnti di pensiero “demonizzano” ogni progresso scientifico e tecnologico e vedono addirittura l’uomo come il parassita della Terra, vagheggiando un utopico mondo in cui l’uomo viva in perfetta armonia con la natura. Altre posizioni sono all’opposto dominate da una sorta di noncuranza, incapace di guardare al di là del breve spazio di qualche decennio, come se qualunque intervento dell’uomo sulla natura fosse un diritto, senza alcun rispetto per quello che più volte Benedetto XVI ha chiamato “il giardino di Dio”. Elio Sindoni, che da anni si occupa seriamente del problema, dice che il traguardo da raggiungere non è privo di difficoltà: si tratta di promuovere uno sviluppo sostenibile, uno sviluppo cioè che non freni l’impresa scientifica e le sue derivazioni tecnologiche, indispensabili per sostenere sulla Terra l’esistenza di un numero sempre crescente di abitanti (ci stiamo avviando verso i sette miliardi), facendo salva la necessità di salvaguardare la natura meravigliosa che ha reso il nostro un pianeta eccezionale, forse unico, permettendo a chi verrà dopo di noi di goderne ancora i frutti. Invece di spargere artatamente terrore e fare previsioni tanto disastrose quanto inconsistenti, dovremmo prendere coscienza del fatto che occorre fare quanto è possibile per preservare le straordinarie, eccezionali prerogative del nostro pianeta, tenendo conto che quello stesso livello tecnologico per raggiungere il quale si sono creati tanti gravi problemi di inquinamento e di invivibilità nelle nostre città, sarebbe anche in grado di individuare i rimedi più efficaci per superarli. Il raggiungimento di condizioni di sviluppo sostenibile, cioè di un “patto” tra uomo e natura, non può prescindere dallo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica: considerarla soltanto una spesa come tante altre, e non un investimento per il futuro, limitando al minimo indispensabile le risorse a essa dedicate, sarebbe, questa sì, una vera catastrofe, molto facile da prevedere. E siccome, nei fatti, secondo un gruppo di scienziati del Cnr, oggi non siamo in grado di poter delineare con certezza l’evoluzione climatica dei prossimi anni perché non abbiamo condotto sufficienti indagini sperimentali; sarebbe più opportuno concentrarsi sullo sviluppo delle previsioni stagionali, uno strumento in grado di migliorare la nostra economia. Questo strumento, una volta sviluppato in modo operativo, permetterebbe interventi molto precisi su vasti settori produttivi del Paese: basti pensare al turismo, al manifatturiero o all’ambito agricolo. Una previsione stagionale permetterebbe un’adeguata amministrazione delle scorte, l’incanalamento dei flussi turistici e la gestione corretta di opportunità del territorio, quali la tipicità e la qualità dei prodotti. Altro che previsioni addirittura anticipatorie fino a quasi 1.000 anni. In conclusione, storielle sulla fine del mondo imminente sono del tutto prive di fondamento scientifico, ma hanno un grosso pregio (per chi le propina): sono ricche di spunti per la commercializzazione di opere letterarie e kit di sopravvivenza, come già avvenuto in passato per altri disastri profetizzati e puntualmente non avvenuti. Basti pensare al passaggio della Terra attraverso la coda della cometa di Halley, che terrorizzò tanta gente nel 1910 perché si era sparsa la voce che la coda contenesse cianuro, oppure al più recente millennium bug (un pericolo reale, scongiurato grazie al duro lavoro di tanti informatici, ma per il quale molta gente ha fatto previsioni catastrofiche di paralisi planetaria). Guarda caso, il buon Roberto Giacobbo, quello di Voyager, cavalca l’onda dei creduloni pubblicando il libro “2012: la fine del mondo?”. Con tanto di punto interrogativo finale per pararsi il posteriore caso mai non succedesse nulla.


11 Maggio 2011

Categoria : Cronaca
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