Skyline stravolto, ecco il palazzaccio che non c’è più


L’Aquila – (di Gianfranco Colacito) – 50 ANNI PER NON FINIRLO, CI HA PENSATO IL TERREMOTO – Lo skyline aquilano, anche fuori dal centro storico, cambia profondamente e tanti si trovano davanti agli occhi scorci e paesaggi urbani che non avevano mai visto. Un caso? Il palazzaccio, ovvero l’edificio giudiziario, in via Venti Settembre. Fu costruito negli anni Sessanta, quindi chi ha una cinquantina d’anni lo ha sempre visto lì dove si trovava fino a qualche settimana fa. Ma il terremoto lo aveva “cresimato” di brutto e tutta la parte superiore ha dovuto essere demolita: non c’è più. La porzione di cielo e di sfondo visibile è oggi molto maggiore, per chi percorre via Venti Settembre. Del resto anche nei dintorni molte cose sono cambiate: crollato il piccolo palazzo popolare accanto all’Anas, demolito quello di fronte all’edicola del tribunale. Si aprono spazi, si vuota il panorama che gli aquilani ricordano.
Il palazzaccio è stato asilo e scuola per decine di cronisti, oltre che per magistrati, avvocati, personale giudiziario, e gente che aveva conti con la giustizia. Di tutto l’Abruzzo, perchè vi si trovava la sede della Corte d’appello. L’esordio vi fu nel 1969 con il grande processo per il disastro del Vajont, 3.000 vittime. Poi una serie nutrita di processi e processoni, inclusi alcuni in materia di terrorismo. I cronisti si sono fatte le ossa dentro il triste edificio, tra cancellerie e aule giudiziarie. Un edificio enorme, esorbitante, una cascata ridondante di cemento armato (ma è crollato…) con immensi spazi vuoti e inutilizzati a piano terra, decori pesantissimi e grandi quantità di ferro, marmo, recinzioni di sicurezza, finestre piccole e sempre sporche, lavori mai finiti in un’intera ala. Da 50 anni. Pulizia mai abbondante in tutto il palazzo. Illuminazione spenta e stanca. La manutenzione era affidata al comune, figuriamoci… Ragnatele e croste di sporcizia regnavano sovrane. Qualche anno fa la senatrice Ioannucci e il consigliere De Matteis riuscirono ad ottenere i soldi per finire il palazzo (dopo mezzo secolo… un’altra faraonica incompiuta aquilana), i lavori cominciarono e si fermarono subito: acqua nel sottosuolo. Come dire sondaggi mai eseguiti, manco a parlare di quelli geologici e sismici. Era previsto finalmente un atrio con colonnato, qualcosa di adatto al grande edificio monco e incompiuto. Che oggi è stato demolito in parte, anzi “scapitozzato” come si dice per gli alberi potati. Non sarà mai finito, o almeno chi sa quando e come. L’Aquila perde anche così identità e volto, per divenire anonima, alienante, dispersiva. Baraccopoli per forza di cose e assenza di idee, progetti, propositi, scelte. Disastro nel disastro.


11 Maggio 2011

Categoria : Cronaca
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