Silenzi e strepiti in un maggio fresco
(di G.Col.) – Un maggio fresco, qualche volta freddo di notte, e tanti strepiti. Ma anche silenzi. Gli strepiti vengono dalle solite autorità che straparlano di ricostruzione, di ritardi, di colpe sempre da scaricare su altri. La gente vede invece che non è cambiato nulla: macerie, case rotte, date incerte sul rientro negli appartamenti, ingegneri mai contenti, imprese affannate, aziende che licenziano o chiudono, politici generosi in autoelogi e promesse. Oppure severi e cipigliosi, mai con se stessi. Girando nei paesi attorno a L’Aquila, spesso sembra di rivivere l’aprile 2009, quando tutto era distrutto. E’ ancora tutto distrutto, appena qualche piccolo cantiere di case private dalle quali i comignoli fumano.
I silenzi? Anch’essi sono tanti. Le persone scelgono di restare mute, non protestano più. I sindaci dei paesini hanno perso fiducia. I comitati sono ovattati e quasi dispersi. 25 mesi dopo non c’è più fiato per gridare, le carriole non cigolano più. L’erba cresce in strade e piazze, i monconi di muri si sbriciolano. Da tanti clamori a tanto silenzio. Ci si comincia ad arrendere? Se fosse così, la fine sarebbe segnata. Non deve essere così.
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