Quei giorni e L’Aquila di oggi
L’Aquila – Da Paolo Piazza riceviamo. “E’ quasi maggio, sono di ritorno da Offida (AP) dopo una trasferta di lavoro. L’autostrada per Roma offre agli occhi di chi attraversa l’Abruzzo dei paesaggi bellissimi. Decido di fermarmi per scattare qualche foto al Gran Sasso ancora innevato. Proseguo per tornare a casa, fino alle indicazioni per L’Aquila est: decido di uscire. Mancavo dal capoluogo abruzzese dal 16 aprile 2009. Seguo le indicazioni che portano al centro della città . Mentre percorro quella strada i miei ricordi vanno a quei drammatici giorni in cui la terra borbottava agli uomini la sua grandezza. Parcheggio in una via deserta, e supponendo di trovare una città deserta mi guardo bene dal nascondere il pc portatile nel bagagliaio. Non si sà mai, penso, qui non c’è nessuno… Nikon a tracolla mi avventuro tra i vicoli e gli edifici puntellati. Mentre mi avvicino al centro incontro sulla mia strada molti ragazzi e, arrivato quasi in piazza, noto due locali aperti. Proseguo fino a Piazza del Duomo, lungo la strada trovo tanti messaggi d’amore per questa città , scritti dai suoi abitanti su pezzi di polistirolo appoggiati alle saracinesche abbassate dei negozi, o su di cartoni adagiati vicino ai portoni delle case disabitate. Arrivo in una Piazza Duomo semideserta. È pensare che era il centro sociale e culturale della città , punto d’incontro degli aquilani e sede dei principali eventi cittadini. Sul lato della piazza campeggia una tenda con un’insegna “RicostruiamolAQ”, sento una voce che parla attraverso un microfono, mi avvicino. Scoop: è in corso un’assemblea presieduta dal Sindaco Massimo Cialente. I presenti sono molto pochi, quindi mi avvicino ed entro. Scatto qualche foto. Al primo click il Sindaco s’accorge della mia presenza e, forse credendo che io sia un giornalista o un fotografo, si trasforma nel gallo del pollaio. Petto in fori e pancia in dentro. Argomenta, con una scioltezza degna di Archimede Pitagorico, di un 30% meno il 10% diviso il 20% da destinare alla ricostruzione, di varie ed eventuali e della gestione della complessità . Alla sua sinistra campeggia uno striscione con sopra scritto “A settembre tutti a casa ps: parola di Silvio”. Esco, nell’attesa dell’uscita del Cialente. Sperando di non essere scambiato per un attentatore dagli uomini della scorta (probabilmente ha timore che qualche cane randagio lo morda) mi avvicino al Sindaco per fargli qualche domanda. Mi presento ed espongo il mio quesito: “Gentile Sindaco, sono un cittadino comune, e, poichè non mi fido dei media vorrei chiederle a che punto è la ricostruzione”. In risposta il Sindaco mi fornisce alcuni dati che indicano la ricostruzione completa per il 65%, e che, a differenza del Belice (notare che era il 1968), questa ricostruzione è avvenuta in tempi record. Mi saluta frettolosamente e mentre sale in un’auto (indovinate di quale colore), mi dice di andarlo a trovare nel suo ufficio in comune per parlarne più approfonditamente. Sentendomi un mezzo reporter m’incammino per tornare alla macchina. Sarà come dice il Sindaco, tuttavia il centro è tutto puntellato, solo due o tre edifici sono ristrutturati. Lungo il cammino incontro una signora e scatta in me la curiosità di sapere come realmente stanno le cose. La fermo e le chiedo se posso farle qualche domanda sulla ricostruzione esponendole la risposta del Sindaco al mio quesito. Maria Pia -così mi esorta a chiamarla dopo esserci dati a lungo del lei- mi racconta la sua verità per più di un’ora, in strada, non nel suo ufficio… Mi dice che Tremonti ha effettivamente stanziato dei fondi per il terremoto e che aveva ragione Cialente a confrontarsi con il terremoto del Belice: a differenza del sisma dell’Umbria e del Friuli, quello de L’Aquila e quello del Belice sono stati gestiti direttamente dal governo centrale, escludendo le amministrazioni locali. Per L’Aquila al fine di poter organizzare direttamente l’emergenza attraverso la Protezione Civile e sponsorizzare la ricostruzione come opera del governo in carica. Gran parte degli stanziamenti sono stati spesi per mantenere gli uomini e i mezzi della Protezione Civile per più di un anno dal 6 aprile. Altro denaro, ed è veramente tantissimo, è stato speso per mantenere gli abitanti sfollati negli hotel della costa, 58 euro al giorno per ogni aquilano. Il resto dei soldi sono bloccati, ovvero inutilizzabili perchè sono “virtuali”. Mi spiega Maria Pia che questa virtualità è causata -o meglio voluta- da due fattori: primo i soldi non ci sono, causa crisi economica, secondo anche se ci fossero, sono fondi per la ricostruzione. “Non capisco – le dico- se sono per la ricostruzione allora che problema c’è?” Maria Pia è architetto, è padrona della materia e mi spiega la differenza tra ricostruzione e ristrutturazione. Maria abitava in una casa a pochi metri da Piazza Duomo, casa che non è stata lesionata in maniera grave dal sisma e che può quindi essere ristrutturata e non ricostruita. I soldi stanziati sono destinati esclusivamente alla ricostruzione, ovvero a radere al suolo tutto e riedificare. Questo, dice Maria Pia, non è stato un errore ma una volontà dal governo, per due motivi. In primis, in questo modo si stanzia più denaro e attraverso gare d’appalto nazionali e comunitarie saranno poche aziende a gestire la ricostruzione, quindi il piatto è più grande e si mangia di più. Secondo, si può temporeggiare in quanto i tempi si dilatano enormemente. Maria Pia è una persona molto disponibile e, durante la conversazione mi chiede più volte se mi stà intrattenendo per troppo tempo. I suoi discorsi sono logici e accompagnati da un senso d’impotenza di fronte alle istituzioni e di malinconia per il ricordo de l’Aquila che era prima del sisma. Inoltre, continua Maria Pia, si poteva gestire diversamente la “diaspora” degli aquilani. Perchè portarli nei ricchi hotel della costa, mentre l’Abruzzo “povero” delle montagne avrebbe potuto ospitarli con costi minori e, soprattutto, favorendo le zone economicamente depresse? Le New Town sono state effettivamente costruite in tempi record, ma anche con costi record: 2700 euro/mq! Inoltre, prosegue Maria Pia, rappresentano un costo futuro elevatissimo per la collettività , in quanto sono delocalizzate in 19 aree molto distanti le une dalle altre, incrementando così i costi che il comune dovrà gestire (trasporti pubblici, scuole, servizi sociali, manutenzione strade…). Mentre le parlo, noto intorno a noi sempre più giovani che si radunano per far rivivere L’Aquila. Dopo il dramma del terremoto e nelle difficoltà del post sisma c’è chi torna in quelle strade, per sorridere, amare, litigare, o, semplicemente, per calpestare quella terra che li lega indissolubilmente dalla nascita”.
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