L’Aquila, PD e politica crepuscolare
L’Aquila – DIALOGO ANIMATO NEL PARTITO DI BERSANI, MA SERVIRA’? – (di Mauro Zaffiri e Giulio Petrilli, PD) – “Interessi personali o di gruppo” è questo il succo del comunicato con il quale il commissario provinciale del Pd Mariotti e i suoi due vice stigmatizzano le posizioni di chi ha sviluppato alcune critiche verso la giunta Cialente. Ponendo il problema del rinnovamento generazionale della politica, della riduzione dei costi della stessa, della presenza di più donne nella giunta, di rideterminare le presidenze di commissioni, di rivalorizzare il programma, secondo il commissario si punta ad interessi personali.
Purtroppo molto spesso invece di entrare nel merito dei problemi sollevati, si preferisce ricondurre il tutto all’elemento personale, anticamera questo di culture dietologiche e di repressione sottile del dissenso, una versione moderna dello stalinismo. Dispiace constatare che anche qualche caporedattore di quotidiano locale, vada dietro a culture romanzate e dietrologiche sulle motivazioni personali delle critiche.
Noi abbiamo posto con sincerità e disinteresse personale alcuni problemi politici e ci piacerebbe che le risposte fossero politiche. L’Aquila ha bisogno di una nuova primavera, un nuovo slancio, un nuovo centrosinistra”.
(Ndr) – Il PD (che a L’Aquila è commissariato, non dimentichiamolo, e la ciò dice lunga) ha sempre parlato di se stesso come partito del dialogo, del dibattito interno, nello spirito democratico che si accredita e si attribuisce. Spesso, evidentemente, esagerando. Anche in Abruzzo, anche a L’Aquila. Ebbene, il dialogo è in corso e lo dimostra la nota di Zaffiri e Petrilli. Quello che non pare in corso è il rinnovamento con ripresa di efficacia e di autorevolezza da parte dei democrat. Chi aveva scelto la sinistra si sente un po’ orfano: basta riflettere sul pasticcio al Comune, dove Cialente non si sa di quale partito sia espressione come sindaco, le tempeste sono più delle bonacce, il risultato è desolatamente scarso, e la bufera durata mesi – con tanto di dimissioni (finte) del sindaco nocchiero senza naviglio – è servita solo ad assegnare una poltrona e a rimescolare le deleghe. In una città terremotata la politica dovrebbe essere la salvatrice della patria e non l’ambulacro di manovre e manovrette da anni Sessanta, di assalti e assaltini alle poltroncine e ai gettoni di presenza, di risse e baruffe da lavatoio, lotte goffe come quelle degli insetti. Tutto fa pensare solo all’immagine di un crepuscolare declino delle menti e delle intelligenze. La domanda è: può declinare ciò che è eclissato da tempo? Forse no. Forse è già notte ed è andata via la luce.em>
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