25 aprile, Pasqua cristiana e laica


Ripa Teatina – (di Mauro Petrucci, sindaco e assessore provinciale, foto) – La consuetudine vuole che le considerazioni e le riflessioni su eventi e ricorrenze vengano fatte il giorno stesso o in quelli precedenti. Io vorrei farle oggi, a riflettori ormai spenti, e per le ragioni che andrò ad esporre.
Quest’anno le celebrazioni della liberazione assumono una importanza particolare per due motivi:
- la prima perché è l’anno del 3° giubileo dell’Unità d’Italia
- la seconda perché coincidono con le celebrazioni della Pasqua cristiana.
Per quanto riguarda la prima ragione, è fondamentale sottolineare, per noi abruzzesi, che è particolarmente significativa la chiave di lettura che si può dare al movimento di liberazione solo se consideriamo la gloriosa storia della formazione della “Brigata Maiella”. Essa, infatti, fu costituita dai figli della stessa terra che avevano dato i natali ai Briganti, oppositori ad una unificazione dell’Italia, di cui non si era data loro alcuna spiegazione, quindi, non accettata ed osteggiata e che, come a voler ripagare e spiare la colpa dei loro avi, hanno ripercorso al contrario, dal sud al nord, un tragitto di liberazione e riunificazione dell’Italia, attraverso l’Emilia Romagna e fino al Veneto, divenendo la formazione più importante e gloriosa.
La seconda ragione offre, per noi cristiani, uno spunto di riflessione ancora più significativo e, pertanto, la Pasqua, ovvero la celebrazione del passaggio del popolo ebraico dalla schiavitù alla libertà (il passaggio del Mar Rosso) poi diventa nel cristianesimo la memoria della Resurrezione del Cristo, perché anche la “liberazione” nel senso più ampio della parola deve essere vissuta quotidianamente, da parte di tutti noi, in primis da chi riveste un ruolo politico e sociale:
Cristo è morto per la salvezza del suo popolo, così come hanno sacrificato la loro vita i tanti partigiani che hanno lottato per la liberazione e l’unità della Patria;
Mi chiedo: che differenza fa, per quale popolo si muore, quando si muore per la sua liberazione, per la sua dignità;
Mi chiedo ancora, però, se di quel sangue versato per la liberazione della nazione da parte di tanti giovani oggi ne siano degni i nostri politici. La nostra classe politica, troppo spesso, ci ha fatto scendere molto in basso, continuando a non comprendere che la gente è stanca di dover sommare ai molti problemi quotidiani le loro continue baruffe, le loro diatribe fatte di niente, con accuse reciproche e senza alcuna soluzione dei tanti problemi che oggi stanno affondando la nostra nazione;
Pasqua di Resurrezione è anche passaggio dalla morte alla vita, dal peccato a nuova vita;
Nel 1945 l’Italia usciva da una guerra disastrosa ed i nostri genitori si sono rimboccati le maniche e ce l’hanno fatta, hanno ricostruito, dopo tanta morte e sofferenza, le città e creato il benessere economico per loro e per i loro figli; avevano, però, dalla loro parte una classe politica seria che guardava prima di tutto al bene del Paese. La sensazione è che noi, oggi, forse non abbiamo la stessa fortuna. Le nostre città sono in piedi, ma non siamo come classe politica sempre al fianco dei cittadini in modo serio, attivo, propositivo ed amministrando e governando con umiltà e spirito di servizio come ci hanno insegnato il nostro Cristo ed i nostri partigiani.
Visto l’attuale scenario politico e vista la situazione di forte crisi politica, sociale ed economica che l’Italia sta attraversando oggi, credo che dopo 66 anni dalla Liberazione del nostro paese, la parola d’ordine forse è “ricostruire” una classe politica degna, testimone attiva dei principi sanciti dalla nostra Costituzione. Possiano farlo, dobbiamo farlo, proprio partendo dall’unità di popolo che travalica gli schieramenti politici, che travalica ogni credo religioso e che pone all’insegna del confronto “il bene comune” per un’ Italia più unita e solidale. Alla luce di queste considerazioni, la domanda finale che mi sento di porre è la seguente:
Come amministratori e politici, che abbiamo chiesto ed ottenuto dagli elettori la delega a rappresentarli, siamo nella condizione etica e morale per ricordare e celebrare il martirio di coloro che si sono sacrificati, spesso fino ad immolare la propria vita, per riconquistare l’Unità, la democrazia e la pace della nostra Italia, analogamente al buon cristiano che deve accostarsi al sacramento della comunione nel pieno della “grazia di Dio”, dopo aver confessato ed espiato i propri peccati?…. Tutto questo per affermare che il ricordo e le celebrazioni della liberazione non possono essere solo un momento formale e retorico ma devono essere una riaffermazione di “fede laica” quotidiana.


27 Aprile 2011

Categoria : Cronaca
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