Primo incontro del Nuovo CLA
L’Aquila – (di Carlo Di Stanislao) – La letteratura col suo immenso patrimonio di storie, immagini, suoni, personaggi… a che serve? a che mi serve? Si chiedeva (ed molti con lui) Charles Du Bos: “che cos’è la letteratura, la letteratura degna del nome, la sola che ci riguardi e che abbia sempre avuto un valore per me?” . Quel “per me” non è affatto da trascurare. Anzi: la particella pronominale “mi”, cioè “a me”, regge tutta la domanda e dunque ne porta il peso. L’ultima poesia di Raymond Carver ci fa comprendere come la poesia è utile se si confronta con ciò che vogliamo veramente da questa vita: E hai ottenuto quello che/volevi da questa vita, nonostante tutto/Sì/E cos’è che volevi?/ Potermi dire amato, sentirmi/amato sulla terra“.Il rapporto tra la vita e la letteratura è sempre stato inquieto e complesso. Si potrebbe scrivere una vera e propria storia di questa relazione che è stata ora affermata e ora negata, ora desiderata e ora respinta. Per analizzare questo rapporto e rispondere alle domande sull’utile anche personale della letteratura, si è costituito il 13 scorso il Nuovo Circolo Letterario Aquilano (nCLA). “La differenza fra giornalismo e letteratura è che il giornalismo non è leggibile e la letteratura non è letta”. Questo aforisma che si è soliti attribuire all’irriverente genio di Oscar Wilde, trova spesso conferma nelle diete letterarie italiane e nella sempre più preoccupante crisi dei nostri quotidiani. Tuttavia bisogna notare che non sempre è stato così – fortunatamente, diremo – e spesso, anzi, giornalismo e letteratura si sono fusi e confusi, creando esempi eccellenti di informazione e qualità letteraria. Nel bel testo da lui curato (Dal giornalismo alla letteratura, edito da Einaudi nel 1994), Gaetano Afeltra ci fornisce vari esempi di reportages e cronache, più vicini alla letteratura in senso stretto che alla professione giornalistica. “Un florilegio estratto da quell’istituzione italiana ch’è la “terza pagina”, secondo le sue parole e una terza pagina che, dagli anni Settanta, non esiste più come sezione nel quotidiano, ma continua a conservarsi, sotto svariate forme, nel modo di intendere un tipo di giornalismo elegante, letterario e culturalmente raffinato. Ma è solo questa la differenza fra letteratura e giornalismo: una questione di stile? Giornalismo e letteratura vivono da sempre una relazione complessa, entrambi usando la stessa materia, cioè la lingua, ma con diverse finalità: la letteratura contemplando il passato ed immaginando il futuro; il giornalismo informando sulla attualità. Di questo e di altro si parlerà il 5 maggio prossimo, nel primo inconrtro del Nuovo Circolo Letterario Aquilano, in cui ci si interrogherà anche sull’assioma di C.S. Lewis, secondo il quale il linguaggio usato dai mezzi di comunicazione è una somma di codici diversi (parola, immagine, suono, disegno grafico) che insieme comunicano più che se fossero separati e si caratterizza, inoltre, per essere un tipo di linguaggio il cui autore non è, normalmente, una persona sola ma un gruppo di professionisti; insomma è un linguaggio collettivo. E si sfaterà, infine, l’idea secondo cui la letteratura interpreta, il giornalismo descrive in modo obbiettivo. Nella realtà, invece, l’attività giornalistica è spesso un’attività interpretativa, poiché la notizia non è qualcosa di tangibile che sta lì in attesa e non c’è nulla nella realtà che “obblighi” i professionisti dell’informazione a collocarlo nella prima pagina di un giornale. Sicchè, per esercitare l’attività giornalistica, si richiede una capacità di valutazione che non è alla portata di chiunque e che, in ultima istanza, è ciò che caratterizza il professionista della comunicazione. Questo fattore interpretativo spiega perché i diversi mezzi di comunicazione pongano maggior enfasi in un evento piuttosto che in un altro, o che lo stesso fatto si possa presentare, senza distorcere la verità, in modi diversi. Circa il testo letterario, ci dicono gli esperti che, orientando la nostra indagine sul testo scritto, individuiamo subito una prima fondamentale suddivisione: esso, infatti, può essere letterario oppure non letterario, cioè pragmatico o d’uso. Il testo letterario è scritto con l’intento di costituire un’opera d’arte. Una volta stabilito ciò che intende comunicare, l’autore studia attentamente l’uso della lingua e dei suoi mezzi espressivi per conseguire l’orma più efficace e più ricca di significato, stimolando la sensibilità emotiva e la capacità interpretativa del lettore. Il testo letterario scaturisce dall’interiorità dell’autore, è una “finzione” che nasce dalla sua fantasia, anche quando riguarda fatti reali, e dalla sua sensibilità, costituendo ’interpretazione particolare e soggettiva dell’animo umano e del mondo. Per comprendere pienamente un testo letterario non è sufficiente conoscere il codice linguistico in cui è scritto (livello denotativo), poiché termini e immagini si caricano di significati che vanno ben oltre il piano letterale rendendo più ricco e complesso significato del testo (livello connotativo). Il testo non letterario è detto anche pragmatico o d’uso perché è scritto per uno scopo pratico e del tutto privo d’intendimenti artistici. Si avvale di un linguaggio ordinario, preciso, spesso essenziale e univoco nel significato. L’attenzione di chi le fruisce è completamente attirata dal contenuto, evidente del testo, che non necessita d’ulteriori e sottili interpretazioni. Il mondo in oggetto è quello reale, cose e avvenimenti sono concreti. Per comprendere il testo non letterario è sufficiente la conoscenza del codice linguistico in cui è scritto (livello denotativo). Su questi ed altri temi, offrendo esempi pratici, si produrranno la professoressa Mercedes Calvisi e la giornalista Giovanna Laglia, in occasione del 1° incontro del nuovo CLA, a partire dalle 20 del prossimo 5 maggio. Per informazioni e modalità di partecipazione: carlo.distinaslao@gmail.com
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