Opinioni – Risse senza comando


(di Carlo Di Stanislao) – Berlusconi vorrebbe meno tasse ed i ministri, Galan in testa, più risorse. Ma c’è anche chi sostiene che gli attacchi (definiti “fuoco amico”) a Tremonti, sono strumentali e allineati ad una antica strategia che lo vede messo in difficoltà ad ogni nuova elezione. In effetti è lui il principale rivale del Cav, ma stavolta il canovaccio è un po’ cambiato. Niente minacce di dimissioni da parte del numero uno di via XX settembre e secco rifiuto del premier, bensì la “pretesa”, come ha detto Gianni Letta, di “una nota ufficiale di Berlusconi” a difesa del suo ministro dell’economia. Come nota sul Corriere un acuto osservatore come Francesco Verderame, che fosse (e resti) una vicenda seria lo dimostra il modo in cui Berlusconi ha voluto “gettar acqua sul fuoco”, come ha detto, non solo parlando di Tremonti davanti a Tremonti, ma parlando come Tremonti. “Non riesco proprio a capire”, ha esordito: “Quando succedono certe cose mi stropiccio gli occhi. Fanno danno, solo danno”. A poche settimane dalle elezioni, in effetti, un simile scontro nel governo non giova al Pdl. “E prima quella storia dei manifesti a Milano sulle Brigate Rosse nelle procure, poi quel deputato che vuole riformare il primo articolo della Costituzione… Si tratta di singoli casi, incontrollabili, tra un mare di candidati e di parlamentari. Casi che però vengono gonfiati dalla stampa e strumentalizzati”. Intanto non demorde il Giornale, araldo della famiglia Berlusconi, che e ieri vedeva in Tremonti colui che farà perdere le elezioni alla maggioranza, anzi “uno spettro che aleggia su ogni decisione” e oggi esprimere ancora forti critiche al ministro, mentre Feltri, su Libero, titola in prima pagina: “Sono tutti impazziti”. Sono d’accordo con Mario Sechi che sul Tempo afferma che, il Pdl, più che un partito si sta rivelando un asilo infantile privo di insegnanti. Ma questo non ci sorprende affatto poiché, per stessa ammissione della intellighenzia liberal-popolare che ha difeso il gruppo di Berlusconi, il Pdl non è un partito, ma un mix tra un’organizzazione di notabili (veri, finti, autopromossi o nominati) e un vivace movimento di massa con un leader carismatico e una dose imbarazzante di anarchia interna. A cosa serve un siffatto partito? A rappresentare gli interessi di un largo gruppo di uomini e donne? Ne dubitiamo. il capo ha i suoi problemi con i magistrati, si è concesso qualche distrazione impegnativa per la sua età e per soprammercato sappiamo che il partito non gli è mai piaciuto. Lo considera un peso. Scoppiato il pasticciaccio brutto del Galan anti-Tremonti, a palazzo Grazioli si sono accorti che il piatto di fegato alla veneta era indigeribile e che di difficile digestione è la colla razione, ormai ricattatorio, con la Lega. Come si disse asd Exit, su la sette, nell’ottobre 2010, in Italia, fra comitati d’affari, fantasmi di vecchie e nuove associazioni segrete, complotti e contro complotti, ci si deve chiedere chi comanda davvero.


22 Aprile 2011

Categoria : Cronaca
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