Terremoto: ce la faremo ad avere una giustizia e delle sentenze?
L’Aquila – (G.Col.) – Domani ci sarà una manifestazione a Roma perchè la riforma del cosiddetto processo breve, voluta dalla politica per finalità non esattamente limpide secondo gli avversari del governo e di Berlusconi, incalza e minaccia. Sarà ancora una volta la protesta di disperati contro un potere che pare umiliare i loro diritti, in nome di altri interessi e obiettivi. A chi attende l’esito dei tanti processi sui crolli del terremoto non interessano i massimi sistemi e le tessiture sfornate dai palazzi, ma sentenze di giudici: quei rigorosi, infaticabili magistrati aquilani che hanno portato avanti una mole enorme di istruttorie. Tra loro il capo della Procura Rossini il quale, in predicato per un trasferimento, ha assicurato: faremo prima i processi del terremoto. Prima di ogni cambiamento negli uffici della Procura.
Invece, la politica pensa al processo breve e conta sulle sue conseguenze: smontare come castelli di carte una serie di processi rilevanti, tra i quali, si teme, anche quelli per il terremoto a L’Aquila. Chi manifesterà domani chiederà semplicemente allo Stato di dare giustizia per i 309 morti e per le sofferenze dell’area terremotata. Qualcuno ha già supplicato. Altri sentono venir meno ogni fiducia, si arrendono di fronte ad un potere che pare ormai fuori controllo. Solo politico, in un clima di feroci e scomposte contrapposizioni che avvelenano la vita italiana. Sommandosi ai problemi della crisi, della disoccupazione, del precariato, delle fughe dei cervelli, del malcostume e del puttanaio, dello sfaldarsi collettivo mai così allarmante come in questi mesi. C’è, infine, chi sente montare la rabbia e questo pare pericoloso. Per tutti. In altre manifestazioni, si protestava per diritti ordinari negati o per risorse che tardavano. Stavolta si chiede solo che il potere giudiziario possa fare il suo mestiere. Doverlo chiedere è gravissimo, ed è per questo motivo che insorgono seri motivi di preoccupazione. Dagli urli alle suppliche di persone stremate, il passo è lungo. E’ stato compiuto, e nessuno se lo sarebbe aspettato. Negare, nicchiare, tardare, occultare, favorire pescecani e affaristi: fa parte del gioco in un’Italia che non è mai stata un modello di rettitudine e correttezza democratica. ma rifiutare la giustizia è da basso impero disarticolatio dalle orde barbariche, come accadde per quello romano. Alla sua fine.
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