Un’aquila per L’Aquila


Macerata – (di Goffredo Palmerini) – C’è stata una grande e commossa risposta di pubblico alla mostra dello scultore Giuseppe Gentili, allestita nella Galleria Mirionima dell’Accademia di Belle Arti, in piazza della Libertà, cuore del centro storico di Macerata. Si sarebbe dovuta chiudere il 7 aprile, otto giorni dopo la giornata inaugurale, ma è stata prorogata fino al 18 per l’attenzione che nelle Marche ha destato questa singolare esposizione d’una sola opera: una splendida scultura in ferro, una grande aquila ferita, ma orgogliosa e altera come la città per la quale è stata realizzata in segno d’affetto e vicinanza. Non a caso la mostra, titolata “Un’Aquila per L’Aquila”, è nata per sensibilizzare il capoluogo marchigiano all’iniziativa di solidarietà che l’Artista ha avuto nei confronti della città dell’Aquila, devastata dal terremoto del 6 aprile 2009. L’opera, dopo il tour espositivo, verrà infatti messa all’asta ed il ricavato, secondo le intenzioni dell’Artista, sarà destinato all’Istituto Cinematografico dell’Aquila “La Lanterna Magica” – che dal sisma ha subìto gravi danni alla sede e al patrimonio culturale – anche per il restauro di alcune pellicole della sua preziosa Cineteca. Proprio in rappresentanza dell’Istituto Cinematografico ero arrivato a Macerata con largo anticipo, il 31 marzo scorso, sul previsto orario della cerimonia d’apertura della mostra, chiamato a portare una testimonianza dall’Associazione Culturale “Arte per le Marche”, che dell’evento cura l’organizzazione. Quell’ora e mezza d’anticipo assecondava il desiderio d’osservare questa bella città, erta sul dorso collinare tra le valli del Chienti e del Potenza, di conoscere e d’apprezzarne l’indole.

Nata sulle rovine dell’antica Helvia Ricina, città massacrata nel 408 dai Visigoti al comando di Alarico, poi occupata da Desiderio, ultimo re dei Longobardi e successivamente restituita da Carlo Magno alla Chiesa, sotto papa Adriano I, il castrum di Macerata ha la prima citazione nel 1022. All’inizio del secolo successivo il Castello si costituisce in libero comune, sottraendosi all’autorità del vescovo di Fermo. Nei conflitti tra Chiesa e Impero si schiera contro i guelfi marchigiani, contribuendo nel 1247 alla vittoria imperiale nella battaglia di Osimo. Gli vengono quindi riconosciuti diversi privilegi sulle città vicine e, nel 1320, ottiene il titolo di Città e la sede vescovile. Conosce quindi la reggenza di varie signorie, prima di ritornare nell’orbita della Chiesa. Da quel momento quella di Macerata diventa per quasi quattro secoli una storia abbastanza tranquilla all’ombra del potere temporale pontificio, rispetto alle turbolenze che tante altre città in quel periodo patiscono. Solo nel 1798 la storia politica si riaccende a seguito dell’occupazione della città ad opera delle truppe francesi. Ma il popolo maceratese pochi mesi dopo insorge, pagando però il fio con un pesante saccheggio. Liberata dagli Austriaci nel 1799, per ordine di Napoleone viene di nuovo occupata dai Francesi e quindi amministrata da Gioacchino Murat fino a quando, nel 1815, le truppe del Regno di Napoli, al comando dello stesso Murat che in città aveva il quartier generale, non vengono affrontate dagli Austriaci tra Pollenza e Tolentino, sconfitte e cacciate. Pensa il Congresso di Vienna a restituire ancora una volta la città allo Stato Pontificio. Ben due i moti risorgimentali, nel 1831 e nel 1849, repressi. Nel 1860, dopo la battaglia di Castelfidardo nella quale i Piemontesi disperdono l’esercito pontificio, Macerata e il resto delle Marche vengono annessi al Regno d’Italia con un plebiscito.

La città, nel suo centro storico, è una piccola bomboniera compatta, raccolta all’interno d’una cinta muraria bastionata, con strade concentriche che si sviluppano su piani diversi, tra loro collegate da ripide rampe. In posizione dominante sulle due valli, mentre conquisto la quota salendo dalla valle del Chienti, della città osservo lo skyline stagliato sopra un cielo terso, quando il sole volge al tramonto, che disegna una deliziosa teoria di campanili, tetti, cupole e la torre austera. Arrivo in centro. Piazza della Libertà è contornata da belle architetture, come la rinascimentale Loggia dei Mercanti, il Palazzo Maggiore o della Prefettura, il Palazzo Municipale e, di fronte, l’Università affiancata alla chiesa barocca di San Paolo. A lato sta la cinquecentesca Torre Maggiore, progettata nel 1558 da Galasso Alghisi (Galeazzo da Carpi), autore anche della bella chiesa di Santa Maria delle Vergini, a croce greca con alta cupola, d’impronta bramantesca. Non lontano, ma decentrati fin quasi al pomerio, si trovano il Duomo, con incompiuta facciata settecentesca e un bel campanile del Quattrocento, e lo Sferisterio, opera di Ireneo Aleandri, uno dei più importanti e singolari esempi d’architettura neoclassica nel centro Italia. Di notevole rilievo anche alcuni palazzi del Settecento, progettati da insigni architetti, come il Palazzo Bonaccorsi (disegno di G.B. Contini), il Compagnoni Marefoschi (di A. Bibiena), il Santafiora (di G.B. Capitani), il neoclassico Ugolini (di G. Valadier) e il teatro Lauro Rossi (di C. Morelli). La Galleria Mirionima dell’Accademia di Belle Arti si trova proprio dirimpetto al Palazzo Maggiore. Già espone all’esterno, in bella evidenza, i poster della mostra.

Manca ancora all’ora del vernissage, previsto per le 17. Trovo Antonella Ventura, anima creativa ed infaticabile dell’Associazione culturale “Arte per le Marche”, intenta a curare gli ultimi dettagli dell’allestimento, con il prof. Antonio G. Benemia, docente dell’Accademia, impegnato alla migliore collocazione spaziale della scultura e delle luci. Incontro Maurizio Passarini, presidente dell’AMBALT (Associazione Malati Bambini Leucemici e Tumori) delle Marche, onlus promotrice dell’iniziativa che si farà peraltro carico di governare la successiva fase di promozione dell’opera e della vendita all’asta. Raffinata è la brochure di presentazione, significativi i contributi critici ed istituzionali. Vi è impressa anche una lirica di Antonella Ventura, dedicata all’Aquila, dal titolo che richiama il motto civico. “Immota manet. Segno Strada Disegno/ di un tempo/ immutato del regno/ di un sentimento/ benevolo e arcigno/ al contempo/ immune nella tela del ragno/ Acquea/ sorge da Orione/ impura/ implora ragione/ e libera Aquila/ vola soltanto/ nell’ultimo giro del canto/ che recita così, nulla si lascia e nulla si perde, tutto ritorna Immutatamente”. L’ampia sala conferenze attigua all’ambiente espositivo comincia a riempirsi di pubblico. E’ quasi l’ora quando Giuseppe Gentili, sua moglie accanto, arriva da Camerino, città dove vive e lavora egli che a Pollenza è nato 69 anni fa. Di Pollenza è presente il Sindaco, Luigi Monti, con una rappresentanza della città, a rendere omaggio all’Artista, concittadino illustre. Una delegazione di Vigili del Fuoco di Macerata presenzia all’evento, in memoria dell’opera di soccorso portata all’Aquila e alle popolazioni colpite dal sisma. Sono stati straordinari i Vigili del Fuoco, di tutta Italia. Gli Aquilani li chiamano ormai “angeli” per la loro dedizione senza misura e, sopra tutto, per l’infinita sensibilità. L’Artista li vuole con lui nella foto ricordo, accanto al mezzo antincendio e alla sua opera.

Giunge puntuale Irene Manzi, vice Sindaco di Macerata e assessore alla Cultura, a rappresentare l’intera comunità in questa iniziativa cui la Municipalità ha dato il patrocinio. Ancora una sosta per ammirare l’opera in esposizione. Quindi la cerimonia inaugurale ha inizio. Si apre con un documento filmato, tratto dalle Teche Rai, con un’intervista all’Artista di alcuni anni fa, mentre realizzava un imponente Don Chisciotte in ferro di quasi sei metri d’altezza. Una scultura fondamentale nel percorso artistico di Gentili, insieme ad altre grandi opere monumentali, quali L’Uomo di Sarajevo, Chaplin, Pane, Il Terrorismo, Energia ed altre. Nel servizio di RaiUno a lui dedicato, Gentili si rivela in tutta l’essenza umana, con quella sincerità di fondo che àncora la sua faticosa ricerca artistica e la sua produzione ai grandi valori dell’Uomo, al senso etico dell’Arte. Non se ne distacca per un momento da questi punti fermi, per Gentili sono la sola ragione della sua vita nell’arte e per l’Arte. Antonella Ventura, nell’intervento introduttivo, richiama le motivazioni profonde che hanno mosso Gentili in questo gesto d’amicizia nei confronti dell’Aquila e del suo patrimonio artistico, egli che della nobile città abruzzese è innamorato e ne apprezza la bellezza dei monumenti, la storia singolare, l’architettura urbana e il livello delle sue prestigiose istituzioni culturali, in campo cinematografico, musicale e teatrale. Infatti, i proventi derivanti dalla vendita all’asta della sua opera saranno destinati a “La Lanterna Magica”, ente di promozione culturale della settima arte e archivio storico italiano di cinematografia, presente in persona del suo vice presidente, Goffredo Palmerini. Dà quindi la parola per il saluto della Municipalità al vice Sindaco di Macerata.

Per niente formale il saluto di Irene Manzi, parole dense di sensibilità e delicatezza per L’Aquila e per i suoi abitanti, così duramente colpiti dal sisma. Una dimostrazione d’affetto davvero intensa che continuerà anche in futuro, dopo la solidale presenza della città di Macerata e dei suoi Volontari nei mesi dell’emergenza post terremoto. E il sostegno a questa forte iniziativa di solidarietà dello scultore Giuseppe Gentili va proprio nella direzione d’una continuità d’attenzione verso la città capoluogo d’Abruzzo. Luigi Monti, Sindaco di Pollenza, è onorato del gesto di solidarietà che il suo illustre concittadino dedica all’Aquila, con la realizzazione di un’opera di rara suggestione, destinata a contribuire alla rinascita del patrimonio culturale. E Pollenza ha vissuto con partecipe sofferenza il dramma degli Aquilani, approntando numerose iniziative di solidarietà. Il presidente dell’AMBALT delle Marche, Maurizio Passerini, si dice lieto di poter contribuire alle finalità dell’iniziativa partita dallo scultore marchigiano, l’associazione tutta offrendo la collaborazione necessaria sia nell’esposizione dell’opera che nella successiva vendita all’asta, per destinarne il provento secondo le intenzioni dell’Artista. “Il gesto istintivo e generoso di Giuseppe Gentili – afferma Passerini – di mettere a disposizione dell’Abruzzo martoriato la sua superba capacità artistica, ci è sembrato molto vicino al nostro mondo del volontariato, sempre vigile verso le necessità dei più deboli e di chiunque si trovi in difficoltà: ancora una volta Arte e Volontariato uniti nel condividere il messaggio di fratellanza fra gli uomini.. Ecco, quindi, nascere una collaborazione sentita nel profondo del cuore, uno slancio di sensibilità genuina, un piccolo ma sincero gesto di vicinanza”. Dà poi lettura del caloroso messaggio recapitatogli dal Sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, rammaricato di non poter partecipare all’evento per il contemporaneo svolgimento d’una delicata riunione della sua Amministrazione con tutte le altre autorità cittadine. Forte l’apprezzamento della Municipalità aquilana e la gratitudine “… per l’importante iniziativa tesa a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla drammatica situazione in cui tuttora versa il nostro patrimonio storico, artistico, culturale ed umano dopo il noto evento sismico del 6 aprile 2009”.

Il prof. Benemia, docente di Storia dell’arte moderna e di Storia sociale dell’arte all’Accademia di Belle Arti di Macerata, critico d’arte, docente d’Arte sacra alla Pontificia Università Lateranense, nel suo intervento illustra con notevole efficacia l’opera e la personalità artistica di Giuseppe Gentili. “Fare una scultura senza cadere nella retorica del monumentum – sostiene il prof. Benemia – è fatto e cosa di molti. Anzi dei più. Fare un’aquila per la città dell’Aquila superando la pietistica visione della sua caduta è ancor più complicato. Anzi, due volte complicato. Una prima, perché si tratta di una città caduta per mano della natura. Una seconda, perché ri-caduta per mano di uno Stato matrigno. Giuseppe Gentili ha voluto rispondere con un’opera che morde la realtà, metafora del vissuto, e che apre al nuovo. Michelangelo esaltava l’arte del liberare dal marmo la forma che vi era prigioniera, Gentili esalta l’arte del vuoto che lui riempie di metalli spezzati e butterati dal fuoco etneo. La nuova vita prende forma nella sua fucina tra i monti di Camerino. E non si tratta di riproduzione naturalistica di un’aquila, piuttosto di una tensione naturalistica verso l’aquila, incisa nel ferro come una grossa e infinita ragnatela di segni, come se l’artista cercasse sempre un ultimo segno, senza giungere mai a quello ultimo, definitivo. Come definitiva è per logica costitutiva l’idea di scultura. Un volume il più delle volte chiuso e catafratto in se stesso e che occupa più o meno abusivamente uno spazio. L’aquila di Gentili – conclude Benemia – non è volume, e non lo vuole essere per la sua stessa intrinseca causa di crescita. Piuttosto si apre, e prende dallo stesso istante della sua presenza, lo spazio, lo fa proprio in un continuum che entra in esso, come lo spazio entra nelle terre dell’Aquila”.

Antonella Ventura invita quindi chi scrive per l’intervento di “presentazione” dell’esposizione, come annunciano i manifesti affissi in città. Più che una presentazione in senso classico, la mia è una testimonianza dal cratere del terremoto, un grido d’orgoglio e di speranza della comunità aquilana, un ringraziamento dal profondo del cuore per quanto i Marchigiani hanno fatto in aiuto delle popolazioni dell’Aquila e dei borghi colpiti dal sisma. Una vicinanza calorosa, premurosa e sensibile, quella dei Volontari della Protezione Civile delle Marche, visti operare sul campo insieme a migliaia di altri Volontari da ogni angolo d’Italia. L’opera di soccorso dei Volontari, la loro generosa abnegazione, la straordinaria professionalità, l’amicizia e la solidarietà nel dolore – che mai potremo dimenticare! – hanno messo in mostra l’Italia più bella. Insieme alla compostezza e alla dignità degli Aquilani, questa meravigliosa Italia della Solidarietà è stata d’esempio all’intero mondo e ha riempito d’orgoglio tutti gli italiani, dentro e fuori i confini. L’Italia ha dimostrato coi fatti di saper essere una grande Nazione, unita da comuni valori, solidale, fraterna tra tutti i suoi figli. E’ stato lo specchio del Paese che sogniamo tutti i giorni, malgrado nella difficile congiuntura che viviamo sovente capiti che a mortificare il Paese siano proprio taluni che ne reggono le sorti. Ma è questa bella Italia il giusto punto di riferimento, generosa e disinteressata, capace di enormi quanto silenziosi gesti di solidarietà e fratellanza, che riguardano la sua gente dalle Alpi a Lampedusa, in un’unità vera della Nazione che riduce in briciole pregiudizi ed egoismi elettorali di chi predica insensate divisioni. Un’Italia che non ha confini e si completa con l’altra Italia diffusa nei cinque continenti, con i 60 milioni di italiani all’estero che si guadagnano stima e prestigio nel mondo con il talento, la laboriosità e la loro grande umanità. Anche a quest’altra Italia oltre confine la comunità aquilana è profondamente grata, per essere stata vicina nella sofferenza con straordinari gesti di affetto e generosità, in una meravigliosa gara di solidarietà che resterà per sempre impressa nelle nostre coscienze e nei nostri cuori. Ne sono testimone, per le relazioni che giornalmente coltivo con le comunità italiane all’estero, direttamente e attraverso la formidabile rete costituita dalla stampa italiana nel mondo.

Fu proprio attraverso l’input del direttore d’un giornale canadese on line dell’area di Toronto, Massimiliano Galassi, che ebbi qualche anno fa occasione di conoscere Giuseppe Gentili, artista insigne di questa nobile terra marchigiana. Andai per suo incarico all’inaugurazione d’una mostra dell’Artista che si apriva a Teramo. Conobbi Gentili, parlammo. Mi colpì la sobrietà quasi schiva, la sua astrale lontananza da certi snobismi, frequenti nel campo dell’arte, la propensione per i temi etici della sua arte, nella scultura e nella pittura. Certe volte davvero la vita riserva straordinarie sorprese, del tutto casuali, che fanno ricco d’umanità il mondo delle nostre relazioni e rivelano inaspettate affinità elettive. Fu così che incontrai l’Artista, che ne apprezzai il valore, raccontandone poi alla stampa italiana all’estero le fortuite circostanze. Da quel momento la sensibilità umana di Gentili si è espressa in numerose occasioni, ma più di tutte la stessa terribile notte del sisma, quando al telefono volle sapere cosa fosse accaduto. Gli diedi subito qualche contorno. Poi ancor meglio lo seppe dalle immagini che le televisioni cominciarono a diffondere sulla tragedia. Non passò molto tempo che già il suo proposito di fare qualcosa per L’Aquila diventò concreto, mettendosi come un piccolo dio Vulcano nel suo antro a fondere di nuovo ferro, nonostante i postumi d’un intervento chirurgico che lo tenevano ancora in rigorosa degenza. Fu il suo primo pensiero, dopo quel maledetto 6 aprile, quello di far qualcosa per L’Aquila, la città d’arte che l’aveva intrigato, per sempre, da quando l’aveva vista per la prima volta. Venne all’Aquila qualche settimana dopo il sisma. Rimase in silenzio, triste e immobile, davanti a quella terribile devastazione. Poi si chinò, raccolse tra le macerie un pezzo di ferro, lo portò con sé a Camerino. E cominciò a creare l’aquila ferita per L’Aquila, che oggi vediamo nella commovente sua bellezza, esposta nella sala accanto. Ha un’anima la sua opera, l’anima della città in quel pezzo di ferro raccolto nel centro storico dell’Aquila, fuso nella scultura.

Ora, il suo proposito s’avvia a compiersi, con un percorso che unisce le Marche all’Abruzzo, l’Artista con L’Aquila. La sua arte quale contributo alla ricostruzione del patrimonio culturale, non limitato alle stupende architetture ferite e alle preziosità che nel seno conservano, ma ricco anche di prestigiose istituzioni culturali che del capoluogo d’Abruzzo fanno una città d’elezione. Ad una di queste perle, l’Istituto Cinematografico dell’Aquila, egli ha scelto di destinare il frutto della sua opera. La sua arte per l’Arte, un’aquila per L’Aquila, appunto. Voglio dunque ringraziarlo, a nome dell’Istituto e a nome dell’intera comunità aquilana, per questo gesto di generosità che illumina la singolarità della sua arte e quella feconda umanità che è cifra del suo carattere sincero, volitivo e fantasioso: come il grande Charlot, che con stupore ammirò e volle le sue sculture per la sua dimora in Svizzera, mentre consegnava al Gentili un’empatia che ha portato a farlo definire “il Charlie Chaplin della Scultura”.

Porta infine una testimonianza Carla Passacantando, giornalista che da molti anni segue le vicende artistiche dello scultore. “Giuseppe Gentili torna a Macerata – dice Carla Passacantando – e lo fa dopo cinquant’anni. Esporre una sua scultura, l’ultima, nella città dove ha proposto la sua prima mostra, segna un traguardo memorabile per l’Artista. Un modo per ripercorrere mezzo secolo d’attività. E sono numerose le opere di grandi dimensioni, ma non solo, che ha realizzato e diffuso nel mondo, entrando nelle case e in molte collezioni private. Le sue sculture affascinano con il loro carico di sofferenza. L’ultima, “Un’Aquila per L’Aquila”, in ferro, è simbolo della città ferita dal terremoto. Colpita, dominatrice nell’aria, è pronta a risollevarsi, a riprendere il volo con la speranza di uscire dalle macerie. Dall’arte al sociale. C’è un accorato richiamo dello scultore a collaborare in aiuto del prossimo sofferente, per spiccare un volo di fratellanza”.

Si va dunque tutti ad ammirare ancora l’opera. Sembra più decisa quest’aquila, ferita ma indomita, a riprendere il volo. Che sia di buon auspicio per L’Aquila e per gli Aquilani. In fondo è anche questo il messaggio dell’Artista.
Gentili è davvero di poche parole, stavolta, egli che di solito è un vulcano in eruzione, fuori dalle cerimonie ufficiali e dalle convenzioni. La sua riservatezza, in questa serata d’eccezionale intensità emotiva, lo fa quasi apparire un burbero benefico. Basta però che la folla sciami perché, con i pochi che si trattengono, egli riacquisti loquacità e persino un sorriso. I prossimi appuntamenti espositivi sono ancora nelle Marche, poi forse in altre regioni, quindi l’opera sarà in mostra all’Aquila. Infine l’asta e la donazione. Giuseppe Gentili è un artista poliedrico e di grande talento. Scultore e pittore, vive a Camerino, dove ha il suo atelier. Ha tenuto numerose mostre in Italia e all’estero. Nel 1971 conobbe Charlie Chaplin, al quale dedicò una mostra e diverse sue opere. Il celebre “Charlot” acquistò due sue sculture (il Suonatore di tromba e il Direttore d’orchestra) per la sua villa di Vevey, in Svizzera. In quegli anni un’altra sua scultura (Don Chisciotte) venne collocata da Pablo Picasso nel parco della sua villa di Mougins. Recentemente l’Artista ha esposto nella sede dell’Unicef Italia, alla Sala Carino Gambacorta di Teramo e al Museo “Venanzo Crocetti” in Roma.


11 Aprile 2011

Categoria : Cultura
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