Politica, il lupo perde il pelo…


L’Aquila – (di G.Col.) – I GRANDI PROBLEMI INCALZANO E SI PENSA AI RIMPASTI – Era nuova, come quella preconizzata dai Maja per il dicembre del 2012, intesa come fine di un’epoca e inizio di quella successiva, allo scadere dei fatidici 5.200 anni circa delle ere umane (secondo quella civiltà centroamericana). Si spera anche un’era migliore. Ma… Restando nella modestia della situazione aquilana, l’evo novello dovrebbe essere iniziato con i chiarimenti sulla ricostruzione, come ha detto anche l’inquieto sindaco Cialente. Che pare più sereno, più determinato, dopo gli scontri culminati con le dimissioni, utilizzate come una leva: puntare, tenere molto avanti il fulcro, sollevare.
Il sindaco ha ragione o si illude, illudendo coloro che gli credono?
Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. La politica aquilana a noi – ma forse siamo maliziosi e pessimisti – sembra poco cambiata, o punto. La maggioranza di centrosinistra, almeno finora, pare finalmente appoggiare il sindaco. Ma una rondine non fa primavera. Anzi, considerando che le rondini in questa primavera calorosa e bislacca ancora non arrivano, una rondine nemmeno c’è. Due o tre sì a Cialente, benchè su argomenti importanti, non garantiscono nulla. Non provano nulla. Inquietano invece altri segnali. Urge un rimpasto, non perchè si vogliano scegliere assessori più bravi, ma perchè bisogna far posto a questo o quello, accontentare i figlioli prodighi, assessorare un monugruppetto. Giochi politici del tutto uguali a quelli di ieri, dell’altro ieri e di sempre. Equilibri, bilancini di precisione, manovrine stomachevoli per chi vede una sola verità: la città sempre distrutta, come lo fu il 6 aprile 2009. Nemmeno una pietra al suo posto, ma tutti giurano che ci siamo, che ora si può, che si deve partire. Come, perpetuando i giochetti di spartizione e i rimpasti di galanteria verso amici e amici ritrovati? Non c’è niente di più serio da pensare, nessun metodo da cambiare, nessuna innovazione da rodare? E allora, cosa c’è di cambiato? C’è un uomo, Pasquale Corriere, che ha trasformato la chiesina del papa sul Gran Sasso in santuario, includendola negli itinerari dei pellegrinaggi. Una fortuna per L’Aquila e per il Gran Sasso, da appaiare all’altro grande patrimonio, Celestino V. Corriere ha fatto tutto da solo. Perchè il sindaco non lo premia, non lo utilizza per le sue capacità sperimentate, non lo insignisce di un incarico che merita? Il Gran Sasso ha fatto – nei decenni – solo passi indietro, grazie alla politica. L’unica svolta gliel’ha data Corriere. E qui stiamo giocherellando con le spartizioni politiche, con gente che “deve” diventare assessore per meriti di appartenenza alla maggioranza o meno. Non si fa quel che converrebbe fare, ma ciò che la politica (di infimo profilo, come quella locale) pretende. Altrimenti, niente sostegno al sindaco. Che melanconia…
Quindi, nulla di nuovo. L’Aquila resta al nastro di partenza, non tradisce se stessa, pur sotto la tremenda batosta del terremoto. C’è da sentirsi sfiduciati, depressi. Stupiscono coloro che, come Enzo Lombardi, ancora hanno la voglia di lavorare per la città, se è vero che c’è in pentola un grosso intervento munifico per Collemaggio. E che lui lo sta curando in gran segreto. Guarda caso, è anche l’unico che più di vent’anni fa, da sindaco, riuscì a rinnovare la funivia. Il Gran Sasso c’entra sempre. Come una muta indicazione.


10 Aprile 2011

Categoria : Politica
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