Due doni dal Giappone e dalla chiesa

(di Gianfranco Colacito) – (Foto: un ciliegio giapponese) – Il 6 aprile, nel pomeriggio, leggerete su InAbruzzo.com una gran bella notizia, che teniamo in serbo – pur conoscendola da qualche giorno – proprio per la ricorrenza del secondo anno dalla data del crollo dell’Aquila. 730 giorni terribili, due doni. Quello che vi racconteremo domani viene dalla chiesa, d’intesa con un aquilano speciale. Non vi diciamo altro, per ora. L’altro viene dal lontano Giappone, l’arcipelago del dolore, della sofferenza, dell’incubo nucleare. Terra martoritata e devastata, con migliaia di vittime, in un abisso di strazio, di pianto e di paura infinitamente più profondo del nostro. Quella gente aveva già deciso di donare a L’Aquila un auditorium, che è quasi finito e sarà inaugurato fra poco. Un dono generoso, delicato, del tutto consono all’emblema di città della musica che L’Aquila ha saputo costruirsi nell’immediato dopoguerra, grazie a uomini – specie Nino Carloni – il cui spessore morale, le cui capacità anche manageriali, la cui cultura come scelta autentica, sono oggi imparagonabili. I giapponesi lo sapevano e scelsero un luogo di musica, uno spazio in cui conservare il blasone, ma speriamo anche i contenuti, di una collettività musicale. Di doni e di generosità in due anni ne abbiamo enumerati tanti, spesso commoventi e generosi. Ma quello della chiesa è geniale e giusto come poche altre cose. Quello del Giappone, oggi, dopo gli avvenimenti in quel paese, è toccante. Speriamo che L’Aquila sappia apprezzare e capire sia la lezione della chiesa, sia quella, nobilissima, di un popolo amico a fatti e non a parole. Se Obama non si offende. Se poi si offende, farà due fatiche: prendersela a male e guastarsi il fegato. Con il costo di un paio di missili o aerei da guerra, sarebbe rinata una chiesa, oppure un’altra opera monumentale.