Infiniti problemi


(di Carlo Di Stanislao) – Calato il Maestrale, sono ripresi gli sbarchi a Lampedusa, con un barcone con trenta migranti che è giunto addirittura in Sardegna, a pochi chilometri da Cagliari. Stamattina la nave da sbarco San Marco della Marina Militare italiana è approdata a Napoli, con 471 profughi che raggiungeranno la tendopoli allestita nella caserma di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) e due navi, La Superba e la Clodia, con 1.344 migranti, che ieri avevano lasciato sull’isola poco meno di 1.000 extracomunitari, quasi raddoppiati dopo gli ultimi sbarchi e con condizioni del mare perfette per attenderne altri, nelle prossime ore. Sempre ieri, una settantina di cadaveri, quasi certamente di migranti affogati durante la traversata verso le coste italiane, sono stati recuperati nel mare di Tripoli. La notizia di cui si parla da giorni, è stata confermata da padre Joseph Cassar, responsabile del servizio dei gesuiti per i rifugiati a Malta. Le vittime farebbero parte del gruppo di 68 migranti, in gran parte somali ed eritrei, partito dalle coste libiche e di cui non si avevano più notizie dal 25 marzo. Un altro barcone con 335 persone a bordo risulta disperso da due settimane. Alle prese con forti dissensi interni alla sua stessa maggioranza, il governo punta alla revisione delle norme sull’immigrazione, tra le proteste della Lega. L’ipotesi è quella di concedere ai “Migranti economici”, la maggior parte dei 21 mila sbarcati, un lasciapassare provvisorio motivato dall’emergenza umanitaria. Un decreto del presidente del consiglio dovrebbe fissare limiti e durata del permesso. Effetto immediato, togliere alla Francia, principale meta per i migranti tunisini, l’attuale diritto al respingimento. Oggi Berlusconi e Maroni incontreranno il governo tunisino, per cercare una soluzione a quello che il nostro leader ha definito uno “tsunami umano”. Per Silvio Berlusconi il viaggio a Tunisi servirà a “vedere se il nuovo governo, che non è forte né eletto, potrà trovare il modo per evitare nuove partenze”. Il viaggio è pieno di incognite e un esponente di governo, coinvolto negli incontri che hanno preceduto la missione, riconosce che non c’è grande ottimismo, anche se le offerte al governo tunisino ammontano a ben 300 milioni di euro. Berlusconi e il ministro dell’Interno chiederanno l’applicazione di un accordo già esistente, firmato oltre 10 anni fa tra i governi dei due Paesi e poi rinnovato nel 2009 e anche di applicare la stessa legge tunisina, che considera reato l’espatrio non autorizzato. In cambio il Governo di Roma offrirà motovedette, fuoristrada e quanto necessario per il pattugliamento. Altra richiesta sarà quella di agevolare il riaccoglimento dei tunisini già arrivati in Italia, quasi 20mila migranti, attraverso un rimpatrio a gruppi. La contropartita sarebbe un piano di aiuti allo sviluppo, anche per facilitare il reinserimento nell’economia tunisina dei rimpatriati. In caso di fallimento, nella maggioranza quota Lega, c’è già chi propone un piano B: “Se ci diranno di no pernseremo ai rimpatri forzati e al pattugliamento italiano”. Come ricorda il Corriere il governo continua ad essere spaccato sulla linea da seguire nella gestione dell’emergenza. La Lega, dunque anche Maroni, non vuole l’attivazione di un meccanismo di distribuzione dei clandestini nei Paesi europei che, secondo loro, sarebbe “una sanatoria”. E nelle ultime ore al Viminale si aggiungono riflessioni, provenienti dal ministro, che non sono affatto rassicuranti, del tipo che il problema complessivo “non è più materia di competenza nostra”. Intanto, dopo il grande freddo con Parigi, causa guerra in Libia e protagonismo dell’Eliseo nella gestione delle prime operazioni militari, sembra che un primo e deciso passo di riavvicinamento diplomatico fra i due Paesi sia stato compiuto e che presto sarà organizzato un vertice interministeriale fra i due Stati sul problema, gravosissimo e fuori controllo, immigrati, dimostrazione più che patente che l’emergenza immigrazione non può essere gestita, com’è stato finora, con posizioni diverse fra Paesi, cosa che era già stata detta, in un intervista di tre giorni fa al Corriere, dal primo ministro Fillon. Ieri Berlusconi, con il solito intervento telefonico ad un convegno di simpatizzanti, ha detto: “Ciò che sta avvenendo in questi giorni ripropone la validità dei nostri valori, a cui si ispira il nostro impegno politico, coloro che arrivano sono tutti spinti da un’ansia di libertà e giustizia”; ma di fatto è certamente molto preoccupato per la posizione della Lega e per la scarsa presa sul governo tunisino, fra l’altro non ancora saldamente alla guida di un Paese funestate e ben lungi da un vero riassetto. E’ prudente perchè molto seriamente preoccupato il Cav., che, sempre nell’intervento telefonico di ieri, aveva anche spiegato ato che la missione tunisina non sarà facile in quanto quel “governo non è forte nè eletto dai cittadini”. Un elemento, questo, da considerare per la riuscita del progetto: tant’è che lo stesso premier ne ha sottolineato l’importanza: “vedremo se questo governo potrà trovare il modo o avrà una polizia capace di imporsi e di evitare che ci siano nuove partenze”. Intanto a Lampedusa la situazione si aggrava di ora in ora, rischiando di sfuggire di mano. Ieri 36 minori ricoverati in un locale della parrocchia, hanno dato fuoco alla struttura, bruciando materassi, frantumando i vetri delle finestre e scardinando porte. Il locale ha subito danni considerevoli, qualcuno dei ragazzi si e’ fatto male: uno, per protesta, si e’ ferito con un pezzo di vetro, procurandosi tagli al torace e al braccio. La tensione e’ salita quando 70 minori (su 361) hanno lasciato l’isola con un traghetto di linea: il caso ha premiato alcuni ma ne ha puniti altri, rimasti qui ad aspettare in un ricovero di fortuna, privo di docce e di qualunque confort. Al molo commerciale, nei giorni scorsi teatro di tafferugli, la situazione e’ tornata alla calma: la poca folla ha fatto risaltare ancor piu’ la devastazione di quel luogo, tra la banchina e la “collina della vergogna”, dove sacchetti di plastica e cartacce finiscono contro le tende improvvisate. Da qualunque punto di vista la situazione di questi profughi è difficile e drammatica, cenci umani senza speranza che nessuno si sente di ricevere, forte dei suoi problemi interni e delle sue innumerevoli difficoltà. Gli stati europei che non sono confrontati con questa migrazione via mare, non hanno mai aiutato sul serio a trovare una soluzione, e sono propensi a liquidare la problematica dei confini a sud come una questione interna di quegli stati. A ciò si aggiunge il fatto che i profughi che riescono a raggiungere gli altri paesi attraverso gli stati del sud, secondo la legge europea, a devono essere rispediti al primo paese d’ arrivo in Europa, e ciò naturalmente accresce la pressione sui paesi del sud, in primis l’Italia. Come ebbero modo di scrivere, già nel 2009, Maarten den Heijer e Kees Wouters, ricercatori all’ Istituto per i Diritti dell’Immigrazione dell’Università di Leida, un sano e funzionante modello europeo per combattere l’immigrazione illegale, non può essere basato sul disconoscimento dei diritti dei rifugiati. Deve essere basato sul riconoscimento che i pesi devono essere suddivisi e che l’Europa agisce collettivamente. Ciò non significa affatto che l’Europa debba ammettere tutti i migranti o che tutt’a e neanche che tutti debbano essere accettati e assorbiti da l’Italia. Al contrario, si potrebbero già fare molti progressi mettendo in piedi forme di collaborazione strutturali, che permettano ai paesi che si ritrovano a dover confrontare grandi flussi migratori di usufruire dell’assistenza degli altri stati, sia finanziariamente che con uomini e cognizioni specifiche. Si potrebbero anche fare progressi per esempio aiutando i paesi africani ad accogliere i migranti e a impiantare una buona politica di asilo che realmente offra protezione ai rifugiati. Già dalla metà degli anni ’90 l’Europa è confrontata da un numero sempre crescente di migranti via mare. E già da allora l’Europa cerca di trovare una soluzione al problema. Ma sinora i paesi europei non ci sono ancora riusciti. Gli stati a sud dell’Europa chiedono già da anni un approccio comune europeo, che obblighi gli stati membri del nord ad aiutare quelli del sud nel controllo dei confini, l’accoglienza dei migranti, l’accertamento della necessità di concedere il diritto d’asilo e eventualmente il rimpatrio. Forse su questo e molto presto, si dovrà ragionare per non trasformare una questione già spinosa in una vera e propria bomba deflagrante. Ma i problemi per il governo (e l’Italia), non finiscono qui. Terminata la sospensione dei lavori decisi giovedì per tentare di riordinare i pezzi di una maggioranza ormai sfilacciata con, nel fine settimana, difficoltà, addirittura aumentate, con i Responsabili che rivendicano posti di governo e minacciano di non votare i provvedimenti cari al premier; la fronda interna nel Pdl, guidata da Claudio Scajola contro Ignazio La Russa e uscita allo scoperto e dopo il “vaffa” del ministro della Difesa a Gianfranco Fini, si aggiunge anche il fronte Lega, contraria alla gestione attuale dell’emergenza migratoria. Ai vertici di via Bellerio non è piaciuta l’apertura del Cavaliere sul permesso di soggiorno temporaneo e, ancora meno, l’invito ad accoglierne novemila. Uno sfilacciamento non previsto, che preoccupa il premier perché arriva alla vigilia della giornata cruciale per il futuro giudiziario del Cavaliere: il martedì del voto in aula sul processo breve e sul conflitto di attribuzione del caso Ruby. Ma domani è anche la giornata in cui dovrà annunciare i risultati raggiunti con Roberto Maroni a Tunisi ed è anche il giorno in cui l’ufficio di presidenza della Camera si esprimerà sul caso del ministro La Russa, formulando un parere su eventuali sanzioni. L’ipotesi che prende piede in queste ore, è quella di consentire a La Russa la partecipazione alle sedute come membro del governo, ma senza poter votare. Diritto, quest’ultimo, derivato dallo status di deputato e quindi sospendibile con una sanzione. La decisione arriverà a metà mattina. Poche ore prima dell’apertura delle operazioni di voto a Montecitorio. L’ordine dei lavori prevede il conflitto di attribuzione, il ddl comunitaria, il ddl piccoli comuni e infine il processo breve. L’aula sarà al completo. La maggioranza potrebbe chiedere l’inversione dei lavori, per arrivare subito al voto che più interesse al premier: il processo breve con la prescrizione che cancella automaticamente il procedimento Mills che lo vede imputato per corruzione in atti giudiziari. Ma la strada non è facilmente percorribile. Servirebbe un voto e, soprattutto, chiedere l’inversione dei lavori, così come accaduto già mercoledì scorso, risveglierebbe Giorgio Napolitano, con il quale Berlusconi non vuole innescare alcuna prova di forza. Il viaggio in Tunisia gli offre anche l’occasione di giustificare la sua assenza al tribunale di Milano, dove proprio mercoledì è prevista la prima udienza del processo Ruby, in cui è rinviato a giudizio per concussione e prostituzione minorile. Già stamani avrebbe dovuto presentarsi all’udienza Mediatrade, come aveva assicurato lunedì scorso, ma la missione ora non gli permette di mantenere l’impegno preso. E per passare ad un altro degli infiniti problemi che ci angustiano in questi giorni di lutto rinnovato (fra 48 ore la ricorrenza funesta dei due anni dal sisma), la Tapeco ha oggi dichiarato che intende riversare in mare 11.500 tonnellate di acqua “lievemente radioattiva, ” cioè con una concentrazione di radiazioni stimata in circa 100 volte il limite legale, operazione necessaria per liberare gli spazi di stoccaggio dell’impianto, al fine di utilizzarli per altre quantità di acqua che presentano maggiori livelli di pericolosità nella centrale di Fukushima. La decisione è stata presa dopo il fallimento di due tentativi di bloccare la fuoriuscita di acqua altamente inquinata da una crepa di 20 centimetri del reattore numero 2 . I tecnici giapponesi hanno tentato di immettere del cemento nella fessurazione per otturare la falla dalla quale il liquido continua a riversarsi direttamente nell’oceano, ma le foto dei Droni, hanno mostrato il fallimento del tentativo. Il capo di gabinetto della Tokyo Electric Power (TEPCO) Yukio Edano, ha detto che non c’è alternativa al rilascio dell’acqua nell’oceano e già si temono conseguenze lungo la catena alimentare ittica per l’intera popolazione mondiale. Il rischio maggiore di contaminazione, riguarda soprattutto il pesce proveniente dai mari giapponesi, ma anche le polveri radioattive, trasportate dal vento, possono spargersi in una zona piuttosto vasta e finiscono per depositarsi sul terreno, contaminando il foraggio e, potenzialmente, le carni di ovini, suini e bovini. Circa la radioattività in mare, spiegano gli esperti, ha effetti nell’immediato soprattutto sui molluschi che, come cozze e ostriche, filtrando l’acqua finiscono per accumulare radionuclidi. Nel medio periodo, invece, il problema coinvolge i grandi pesci al vertice della catena alimentare marina: questi sono infatti più esposti perché la contaminazione tende ad aumentare man mano che gli animali più piccoli vengono mangiati dai predatori.


04 Aprile 2011

Categoria : Cronaca
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