Dopo il caso Spee, basta sceneggiate

(di Gianfranco Colacito) – Il caso Spee, l’azienda tecnologica aquilana costretta dal Comune ad emigrare a Milano portandosi via 40 posti di lavoro qualificati, è la campana a morto per l’amministrazione. La politica sta dando il peggio di sè, tra sceneggiate e logorrea insensata, dimissioni fasulle e strumentali, alluvione di chiacchiere che hanno stufato la gente. Durante questo siparietto che a molti appare pietoso, esplode come una bomba la notizia – data in esclusiva dal nostro giiornale – dell’imprenditore Luciano Ardingo che, dopo otto mesi di stancante braccio di ferro con il Comune (che non si sa cosa davvero voglia, se non soffocare questa città), molla gli ormeggi: non volete che un’azienda apra in città e assuma ingegneri e diplomati? Bene, ci trasferiamo a Milano. Se è questo il modo per far rinascere il territorio, si è capito che la politica aquilana tutto vuole, meno che ridare linfa alla città. E allora, arrivederci. Ardingo dice: “Mi piange il cuore, ma qui non c’è la volontà di rivitalizzare il territorio”. La Spee è un’azienda sana, altamente qualificata, leader nel suo settore, e voleva crescere a L’Aquila senza un euro di denaro pubblico. Non potrà farlo. In Comune esaminino la possibilità non di dimissioni del sindaco, ma di andare davvero tutti a casa. L’hanno fatta grossa e la dialettica politica (si fa per dire) non potrà nulla. I prossimi a stancarsi di avere a che fare con L’Aquila potrebbero essere quelli di Thales Alenia. Prima che accada, i dormienti e i becchini dell’amministrazione facciano la sola cosa dignitosa che loro rimane: si facciano sparire, come si dice a Roma. Si tolgano dalle scatole, come si dice ovunque. (Nella foto, Luciano Ardingo)