Insurrezione politica contro la “tassa sulle disgrazie”
L’Aquila – L’hanno già battezzata “tassa sulle disgrazie”, quella che il governo intenderebbe imporre (secondo Gianfranco Giuliante, in foto) in caso di calamità naturali. Toccherebbe pagare il conto dell’alluvione nel Teramano, come primo esempio, agli abruzzesi, che però non ci stanno proprio. Domani a Teramo Ci sarà, convocata da Giuliante, una riunione di vertice con sindaci, amministratori locali, provincia, parlamentari eletti in zona. Intanto la reazione politica non si fa attendere. L’accusa più leggera nei confronti del presidente Chiodi è di mostrarsi imbarazzato. Dal canto suo, il presidente ricorda che tutti si stanno adoperando perchè i danni li paghi lo Stato.
L’assessore regionale Gianfranco Giuliante ribadisce oggi il concetto che aveva anticipato ieri ad un giornale: in sostanza, rischio di aggravi fiscali sui cittadini per far fronte a calamità naturali, ormai sempre più frequenti e diffuse sul territorio. La tassa sulle disgrazie, appunto, Data la rilevanza dell’argomento, ospitiamo la posizione di Giuliante, benchè in parte già a conoscenza dei cittadini: “Laddove il Governo, dopo istruttoria mirata ed approfondita valutazione, riconosce l’eccezionale gravità di un evento calamitoso e dichiara lo stato d’emergenza, di fatto elevando al rango nazionale un accadimento locale, “logica” vorrebbe assumesse in proprio i costi di ricostruzione e il ristoro dei danni, secondo un principio solidaristico sempre attuato dalla Protezione Civile nella gestione delle emergenze.
Così accadeva fino a ieri.
Il ministro Tremonti ha deciso di cambiare queste regole stabilendo che l’intervento statale si aggiunga (solo se necessario), per differenza mancante, a quello regionale (fondi propri, tasse, accise) e ciò anche in riferimento a danni di conclamata gravità.
Fino a ieri il Dipartimento Nazionale di Protezione Civile e i dipartimenti regionali avevano fondi propri che consentivano immediati interventi. Fino a ieri, perché oggi sono stati azzerati.
Tremonti si riserva, caso per caso, la decisione sulle erogazioni.
Sono due accadimenti apparentemente distinti ma che convergono perché il risanamento necessario del bilancio statale sta diventando sempre più spesso occasione per aggredire e controllare politicamente i più svariati settori.
Uno di quelli che per sua natura si sottraeva ad opzioni “ragionieristiche” era quello della Protezione Civile che da oggi, possiamo dire, è “controllata”.
Le calamità e lo stato d’emergenza, “secondo natura”, non rientrano ne possono sottostare ad equilibri di bilancio.
La somma urgenza è deroga (anche economica) o non è. Che ciò abbia, in passato, potuto causare “degenerazioni” è da censurare, e appalesa, se del caso, la necessità di ritarare con maggiori controlli la macchina, ma non può, ne deve essere, occasione per stravolgere un sistema che ha la mission di risolvere in tempo brevi.
Stabilire che la soluzione dell’emergenza debba passare attraverso una concertazione con il M.E.F. (Ministero dell’economia e delle finanze), significa non collegare alla gravità dell’evento, ma alla discrezionale sensibilità del gestore del bilancio, la soluzione del problema.
Ciò importa che, “astrattamente”, sullo stesso problema e nella medesima situazione si possa dire di no a Bondi e di si a Muti, dire no all’Abruzzo e alle Marche e si al Veneto e alla Liguria.
Questo è il quadro.
Chi ha responsabilità nazionali dovrà affrontare e risolvere il problema della ricostruzione della Protezione Civile e della sua terzietà, un sistema che, in passato, ha globalmente funzionato.
Chi ha responsabilità sotto ordinate deve avere la lucidità per dimostrare l’inapplicabilità delle nuove regole, sia per l’incostituzionalità delle stesse, sia perché l’aumento di tasse e/o delle accise sulla benzina creerebbero all’economia regionale un danno ben maggiore dell’evento calamitoso.
Si sarebbe costretti a cancellare i termini ripresa, competitività, rilancio dal vocabolario del sistema Abruzzo.
Si aggredirebbero le categorie più deboli affossando, e per sempre, le speranze di rilancio per questa terra.
Ciò importa una mobilitazione bipartisan che coinvolga Province, Comuni, categorie sociali, economiche, datoriali e sindacali per ottenere giustizia, ma anche, e soprattutto, per scongiurare, per dirla con il segretario nazionale della CISL, Bonanni, che “una pesante manovra fiscale completi il lavoro sporco iniziato da una conclamata, preesistente emergenza economica e dai danni delle alluvioni”.
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