Scusaci Italia, ma qui non esultiamo
(di Gianfranco Colacito) – Scusaci Italia, ma non possiamo in coscienza unirci all’esultazione diffusa e ridondante per i tuoi 150 anni. Alle tue cento città , ne manca una, quella del 99, L’Aquila. Non è che volessimo miracoli e magie, cioè rimettere tutto in piedi in due anni. Nessuno ragionevolmente poteva aspettarselo. Volevamo soltanto che, dopo aver messo in circolo tanto denaro pubblico, lo Stato (inteso come istituzioni) avesse almeno cominciato la ricostruzione. Non è così e stiamo assistendo a vicende che fanno piangere e stracciano ogni residuo di dignità . La città del 99 non c’è e quel poco che ne resta, cade a pezzi. Sentiamo ali gelide e vediamo ombre livide di morte allungarsi su di noi, perchè ci stanno lasciando spirare. Volevamo che la parola precario sparisse da queste parti, e invece i precari diventano eserciti di disperati che per un tozzo di pane sono costretti a urlare. Anche a privarsi della loro dignità . Volevamo che commercio e altre attività tornassero a dare segni di vita, e assistiamo a due anni di pantomime vergognose solo per riaprire un mercato di ambulanti. Volevamo che, oltre a baracche e case approssimative (ma comunque almeno quelle ci sono), L’Aquila fosse almeno una parvenza di quello che era. Invece non lo è, mentre infuriano inchieste e sospetti. No, cara Italia, non esultiamo, non possiamo. Vorremmo. Ma è impossibile. Dell’unità di tutti di cui parla partecipe e sincero Napolitano, noi qui non vediamo le tracce. Tutti uniti, qui, si perde, altro che vincere.
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