Cattolici e Italiani


L’Aquila- (di Giuseppe Molinari, Arcivescovo metropolita di L’Aquila) In questi giorni tutti sentiamo parlare dei centocinquant’anni dell’unità d’Italia. Purtroppo siamo invasi anche dalle polemiche. Ci si divide perfino sull’opportunità o meno di solennizzare questo anniversario con una festa nazionale il prossimo 17 marzo.
E i cattolici da che parte stanno?
O meglio da che parte dovrebbero stare?
Prima di dare una risposta conviene ripercorrere un po’ di storia.
Tutti conoscono il discorso tenuto a Roma il 10 ottobre 1962 (vigilia del Concilio), dopo le celebrazioni dell’unità d’Italia, dal Cardinale Giovanni Battista Montini (che meno di un anno dopo sarebbe diventato Sommo Pontefice, con il nome di Paolo VI). L’allora Cardinale Montini affermò che la Provvidenza in quel famoso 20 settembre 1870 (con la breccia di Porta Pia) aveva ingannato tutti: sia i credenti che nella fine del potere temporale vedevano il crollo dell’istituzione ecclesiastica, sia i non credenti che, dopo la presa di Roma, tanto desideravano e attendevano quel crollo. E, profeticamente, Montini osservò che “perduta l’autorità temporale” e acquistata “la suprema autorità nella Chiesa” il Papato aveva ripreso “con inusitato vigore le sue funzioni di maestro di vita e di testimonio del Vangelo”.
E’ vero, riflettendo sulla storia, si nota come dopo la fine del potere temporale ci fu un arroccamento dei cattolici, che per lunghi anni, a causa del non expedit, si tennero lontano da una partecipazione attiva alla vita politica della Nazione. Ma quella stagione ebbe termine e iniziò una fase nuova, quella del popolarismo.
Un grande storico, Federico Schabod, ha scritto che il popolarismo è “l’avvenimento più notevole della storia italiana del XX secolo”.
E’ un giudizio pronunciato mezzo secolo fa. Ma è ancora valido.
Non dimentichiamo il duro giudizio di un vecchio garibaldino repubblicano che (siamo nel 1880) ebbe a scrivere: “Sussistono più relazioni tra la Luna e la Terra che fra Montecitorio e l’Italia”.
Ebbene questa frattura drammatica fu risanata anche grazie al popolarismo cattolico. E si ricompose così il rapporto tra corpo sociale e rappresentanza politica, tra Paese legale e Paese reale.
Non è un giudizio di parte ma un dovere di equanimità riconoscere che la lunga stagione dei governi a guida democristiana ha sanato molte fratture e ha reso più omogeneo, unito e compatto un Paese che, purtroppo, in precedenza, aveva conosciuto più contrapposizioni e discordie che motivi di unione.
Un altro merito della Democrazia Cristiana è quello di aver dato, finalmente, all’Italia una politica estera lineare e coerente, mettendo da parte sogni di grandezza che avevano, in passato, trascinato l’Italia all’avventura coloniale e alle due guerre mondiali.
Uno storico nel nostro tempo scrive: “Nella complessa storia italiana la questione cattolica è passata attraverso tre fasi. La prima fase è stata quella dello scontro e dell’opposizione, per riprendere una vecchia espressione di Spadolini. La seconda fu quella del popolarismo che pose semi fecondi ma si concluse troppo in fretta, prima che quella seminagione potesse dare risultati. La terza fase, quella del Governo del Paese, composta di luci e di inevitabili ombre, terminò malamente, come sappiamo, in circostanze che hanno enfatizzato solo gli errori e le colpe oscurando tutto il positivo di una storia che si era prolungata per quasi mezzo secolo (…).
Si è dimenticata una stagione di pace, di progresso, e di modernizzazione del nostro Paese che ha definitivamente inserito l’Italia nel campo ristretto delle nazioni più civili e avanzate. Ricordare tutto questo non significa promuovere e difendere una memoria di parte ma ricomporre le tessere sparse di una memoria nazionale che esiste ed è viva e feconda solo se riconosciamo che si compone di diversità storiche, ideologiche, sociali, culturali e politiche (…).
Oggi il cattolicesimo non è più la realtà politica che è stata, non è più un partito (…). Ma una cosa è certa: l’Italia può ancora contare sull’apporto costruttivo e sincero dei cattolici, un apporto non più condizionato da interessi di parte, ma orientato verso un futuro di convivenza e solidarietà” (Gianpaolo Romanato).
Per essere ancora più chiari: chi ha veramente cementato insieme l’Italia, in questi centocinquant’anni, è stato soprattutto il cattolicesimo.
Il cattolicesimo delle mille e mille comunità cristiane sparse in tutta la penisola. Ma anche il cattolicesimo convinto e coerente di protagonisti indimenticabili della nostra storia civile e politica.
Oggi, ai cattolici, di fronte alle nuove sfide, sono richieste forse altre scelte, fatte con la lucidità critica necessaria.
Ma sempre nella direzione della libertà, della condivisione, della vera solidarietà e del vero bene del nostro Paese.
Perciò è giusto che i cattolici celebrino con sincero patriottismo la festa dell’unità d’Italia.


17 Marzo 2011

Categoria : Cronaca
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